N.04
Luglio/Agosto 2009

Camminare insieme. Con chi?

Briciole di apprendistato per il direttore del CDV

Condividere il mondo

“Condividere il mondo”. È l’ultima opera di Luce Irigaray[1], la filosofa francese particolarmente affascinante nelle sue riflessioni sulla bellezza e l’impegno dell’alterità. Condividere il mondo non semplicemente come constatazione rassegnata di un qualcosa, di cui non si può fare a meno, perché ci è toccato vi­vere su questo pianeta e in questo universo, ma come un cammino costante e una dinamica incessante di avvicinamento e/o allonta­namento all’altro. È infatti l’altro che offre sempre una nuova pos­sibilità di contribuire all’edificazione di una nuova epoca culturale, perché si rivela come un ponte fra natura e cultura, che ci stimola a dare il meglio di noi stessi per uno scambio di doni vicendevoli, al fine di costruire un mondo condivisibile. Un’arte, certo, oggi diffici­le, perché sembra che siamo entrati anche in Italia nell’era del raz­zismo sostenibile di stampo democratico, all’interno di una cultura tutta esteriorità ed apparenza. Un’arte che non è mai stata facile, perché ha bisogno di poggiare su un’interiorità profonda, l’unica in grado di condurre fino a diventare individui insieme universali e conviviali, capaci di coesistenza con ogni differenza. Condividere il mondo deve diventare parola d’ordine anche nella Chiesa, per la sua stessa natura e identità, in cui l’interazione tra figure, carismi e servizi diversi è fondamentale e condizione per dare senso a tutto. Purtroppo anche nella Chiesa serpeggia un discreto razzismo non solo verso il diverso di razza, cultura e religione, catapultato av­venturosamente e spesso miracolosamente da altri continenti, ma ancora fra parrocchia e parrocchia e soprattutto fra gruppi e gruppi, tra uffici/servizi pastorali a tutti i livelli. C’è insomma ancora poca stima per la sinfonia del servizio per la causa del Regno di Dio. Ep­pure, solo quando si riesce a presentarsi insieme, come operatori pastorali tesi ad operare nella stessa direzione, complementari e non assolutisti, presbiteri, consacrati, famiglie, missionari e contempla­tivi, possiamo comunicare e testimoniare la bellezza della Chiesa, che, per natura sua, è convocazione, comunione di doni e di servizi, per la realizzazione piena dell’esistenza di tutti gli uomini nella sal­vezza. Questa è, essenzialmente, la testimonianza che ci manca.

 

Pastorale integrata o Pastorale solitaria? 

Dunque, anche per te, caro Direttore del CDV, il problema si pone come ulteriore passo di formazione: Pastorale di insieme o Pastorale dell’isola; Pastorale integrata o Pastorale solitaria?

Se passiamo velocemente in rassegna il percorso ecclesiale di questi ultimi quarant’anni postconciliari, occorre dire che il mini­mo comune denominatore dell’impegno di tutti gli uffici e settori pastorali è stato la specializzazione nel proprio ambito. E ci voleva, dopo il tornado del Vaticano II, che obbligava a ripensare tutto: con­tenuti e metodi alla prova del segno dei tempi. Effettivamente, oc­corre ammettere che ogni settore ha fatto un prezioso lavoro di pre­sa di coscienza e di strategie rinnovate e ricche al proprio interno. Ora, alla curva del Convegno Ecclesiale di Verona, i nostri vescovi ci invitano a raccogliere la sfida di una pastorale unitaria ed “integra­ta”, quella dell’interazione pastorale fra i diversi soggetti ecclesiali. Non si tratta di un’operazione teorica di ingegneria ecclesiastica, ma la spinta a mettere in campo tutte le energie di cui il popolo di Dio dispone, valorizzandole nella loro specificità, facendole conflu­ire dentro progetti comuni studiati e realizzati insieme, perché la rigenerazione dell’uomo in Cristo, specie nel nostro tempo, esige di fare convergere l’unità della pastorale nell’unità della persona. Tutto questo, se provoca salutarmente i responsabili dei vari uffici pastorali, deve stare particolarmente a cuore proprio a te, perché la dimensione vocazione non è solo uno dei tanti uffici, ma ha la giusta pretesa, insieme alla dimensione missionaria, di essere tra­sversale a tutti. Missione e vocazione sono infatti il motore di tutta l’organizzazione e la promozione pastorale della Chiesa. Per questo, dovresti sentire in modo molto forte l’urgenza di uno stretto rap­porto con tutti gli altri uffici diocesani, anche se magari qualche uf­ficio continua a considerare il CDV come una specie di francobollo ai margini di tutta la pastorale, da giustapporre ogni tanto a tutti gli altri impegni, che, di sicuro, sono più impellenti e più importanti.

Devi privilegiare in particolar modo quattro settori pastorali, per­ché sono naturalmente interfacciati con il CDV: l’ufficio di Pastora­le Giovanile, l’ufficio di Pastorale Familiare, l’ufficio Catechistico e l’ufficio Missionario (cf fig. 1). Del rapporto stretto con questi non puoi proprio fare a meno, altrimenti si riduce pressoché al nulla il risultato di tante iniziative che metti in cantiere.

 

  

Pastorale integrata, ma … intelligente

Ma, allora, pastorale integrata, pastorale di insieme e collabo­rare insieme: che cosa significa? Mettere tutto in unico pentolone, per ricavarne alla fine un minestrone senza gusto e senza incisivi­tà, col rischio di non concludere ed approfondire nulla, ma, anzi, di disperdere tutto o di disturbarsi a vicenda e, in pratica, distrug­gere ciò che ognuno ha faticosamente costruito? Non può essere! Quale dunque? Quella della collaborazione intelligente, cioè quella del quadrilatero fortunato, nel quale si interfacciano i seguenti elementi strategici: la solidarietà pastorale (= prendere atto della vicinanza territoriale, che richiede da parte di tutti impegno nello stesso campo e conseguente integrazione vicendevole); la condivi­sione pastorale (= chiarezza degli obiettivi di ognuno e condivisione di idee e progetti, in vista di una formazione vicendevole e di una fattiva collaborazione); la programmazione pastorale (= program­mare delle esperienze insieme e dare sostegno alle iniziative speci­fiche degli altri quattro uffici); la rete pastorale (= assicurarsi che non solo al centro della diocesi, ma anche negli altri punti focali – vicarie, decanati… – si formino e ci siano gli stessi intendimenti fra questi stessi settori pastorali, in modo tale da formare una rete robusta di mentalizzazione e di intervento) (cf fig. 2).

Non ti sembra interessante e, quel che più conta, anche possibi­le? «Sì – mi dirai – ma non dipende solo da me!». È vero, tuttavia credo che ciò sia possibile, almeno in buona percentuale, se proce­derai a “passi felpati”, ma senza demordere davanti alle difficoltà. Te ne propongo alcuni, messi in un certo ordine e proprio in base al discorso precedente:

– fa’ in modo di incontrare informalmente ognuno dei re­sponsabili degli altri quattro uffici (forse davanti ad una pizza o in gelateria si ragiona meglio e l’incontro risulterà più redditizio), per dire che ti piacerebbe molto fare qualcosa insieme e aiutarsi, visto che le forze sono poche e le urgenze traboccano;

– parlane al vescovo e, se è possibile, anche in sede di Consi­glio Presbiterale e Pastorale Diocesano; sono certo che tutti saranno d’accordo, anche perché altrimenti andrebbero contro le linee pa­storali indicate dalla nota pastorale del dopo Verona. Il risultato do­vrebbe essere, se non un’approvazione entusiasta, almeno un’am­pia benedizione episcopale e presbiterale con l’invito a provare;

– da questi primi due passi scatta naturalmente il terzo: ac­cordarsi tra i responsabili dei cinque uffici per una prima riunione di sensibilizzazione sull’urgenza del lancio in Diocesi della pastorale integrata e del camminare insieme;

– il frutto della riunione precedente postula necessariamente la voglia di un secondo incontro delle équipe direttive dei 5 uffici, per condividere insieme quello che ognuno sta facendo, ma anche obiettivi, progetti e programmi, in modo da sentirli parte del pro­prio ambito;

 

– nel progetto pastorale dell’anno programmare almeno 1 o 2 attività insieme;

– al termine dell’anno pastorale non dimenticare di ritrovarsi per un incontro di revisione e di bilancio di questo primo cammi­nare insieme.

 

Se in Diocesi riuscirete a compiere almeno 4/5 di questi passi, vuol dire che siete già a buon punto nel camminare insieme, grazie anche alla tua animazione molto soft, ma molto convinta e perse­verante.

E, di qui in avanti, basterà continuare: la strada del camminare insieme è ormai aperta. E, allora, avanti!

 

Per riflettere ed approfondire: compito a casa. Leggi attentamente:

Piano Pastorale per le Vocazioni in Italia (1985), nn. 22-28; 54. «Vocazioni» 4 (2008).

CEI, Rigenerati per una speranza viva, (2007), nn. 20-28.

C. Caffarra, Piccolo direttorio per la pastorale integrata, EDB, Bolo­gna 2006, n. 137.

 

Note

[1] L. Irigaray, Condividere il mondo, Milano, Bollati Boringhieri, 2009.