Il sacerdozio esige senso del dovere e spirito di sacrificio
Articolo tratto da «L’Osservatore Romano», 4 luglio 2009, a cura di Gianluca Biccini.
«Le società moderne sono diventate allergiche ai concetti di dovere e spirito di sacrificio», due nozioni che invece da sempre «appartengono al patrimonio comune di tutte le grandi religioni». Hanno preso spunto da questa premessa le riflessioni che l’arcivescovo Bruguès, segretario della Congregazione per l’educazione cattolica, ha offerto giovedì, 2 luglio, ai partecipanti all’incontro del Servizio Europeo per le Vocazioni, in corso a Roma. All’appuntamento, che culmina sabato 4 con l’udienza di Benedetto XVI, intervengono i responsabili per le vocazioni delle Conferenze Episcopali d’Europa, coordinati dal vescovo polacco Wojciech Polak. L’organismo – che esiste a livello informale da una ventina d’anni e ha la propria Magna Charta nel documento finale del Congresso sulle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, svoltosi a Roma nel 1997 – è stato approvato nel 1999.
Le giornate, scandite da momenti di preghiera e da celebrazioni comuni, hanno per tema “Seminatori del Vangelo della vocazione”: una Parola che chiama e invia. E proprio all’icona biblica del seminatore, che consente di tracciare itinerari concreti di pastorale vocazionale, ha fatto riferimento mons. Bruguès durante la messa a chiusura della prima sessione. Un’omelia incentrata su tre idee-guida: il richiamo, nel contesto generale delle vocazioni del popolo di Dio, al fatto che ogni vocazione è sempre particolare e personalizzata. Ciò significa – ha spiegato – che gli animatori del settore devono sottolineare la dignità personale di ogni vocazione. «Abramo è solo Abramo e nessun altro quando viene chiamato da Dio».
Per il secondo aspetto, il presule francese ha parlato dell’episodio evangelico della guarigione del paralitico: «Cristo gli restituisce un’integrità esteriore, ma anche interiore». Ciò significa che le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sono «chiamate ad essere veramente noi stessi. Il Signore ci conosce meglio di quanto non ci conosciamo noi stessi – ha suggerito il vescovo domenicano – e ci invita a trovare i veri e autentici noi stessi». Infine: «Non si può realizzare il piano di Dio se non attraverso il sacrificio». In un tempo che tende a rimuovere questo termine, se non a considerarlo “sospetto”, il sacrificio diviene «luogo di scambio dove avviene l’incontro tra il divino e l’umano. Il sacrificio è il mezzo particolare per il quale offriamo al Signore la nostra libertà personale e riceviamo in cambio tutta la forza di Dio». Da qui la conclusione: «Non è un caso che il Papa abbia scelto per iniziare l’Anno Sacerdotale la festa più sacrificale che c’è: quella del Sacratissimo Cuore di Gesù. Ora auspichiamo che da questo anno il Popolo di Dio possa riscoprire il gusto, il sapore e anche il posto giusto del sacerdozio». Quindi, richiamando la propria appartenenza all’Ordine dei predicatori, ha confidato ai presenti un sogno: quello che dopo l’Anno Sacerdotale venga indetto un Anno della Vita Consacrata.
Venerdì 3 l’Eucaristia è stata preceduta dal segretario generale della CEI, mons. Mariano Crociata: «L’incontro con la nostra personale chiamata – ha detto il vescovo – non avviene in uno spazio disincarnato e spiritualistico, come di fronte a un Dio solamente interiore». Al contrario «si compie nell’orizzonte di fede delineato dalla vita e dalla esperienza della Chiesa». Per il presule infatti c’è sempre «una mutua implicazione tra vocazione e Chiesa». Per questo «vocazione ed esperienza ecclesiale non si possono confondere e tuttavia si richiedono l’una con l’altra». Relazioni e testimonianze di taglio biblico e pedagogico-pastorale caratterizzano i lavori, apertisi con l’intervento della biblista Rosanna Virgili su Vangelo della vocazione e le dinamiche della chiamata e della risposta. Da questi primi interventi emerge come la nuova situazione culturale dell’Europa richieda un nuovo modo di pensare alle vocazioni: Gesù, per esempio, all’inizio del proprio ministero scelse i suoi discepoli non tra i dottori della legge, ma tra semplici pescatori, che divennero “pescatori di uomini”.