Icona della Pentecoste
Scuola di Novgorod (Russia), XVI sec.
Il mistero del dono dello Spirito era stato annunciato da Gesù durante la sua vita terrena: «Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: “Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me. Come dice la scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno”. Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui» (Gv 7,37-39); e ancora: «È bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato ve lo manderò» (Gv 16,7).
Con la Pentecoste questa promessa si compie. È attraverso il dono dello Spirito che la forza della Pasqua diventa operante nella vita del cristiano e si compie la sua partecipazione alla vita di Dio. Lo Spirito fa comprendere il mistero della Pasqua, illumina il senso delle parole di Gesù, rende i discepoli testimoni, fa di pochi uomini dispersi una comunità radunata.
L’icona propone figurativamente gli elementi presenti nel racconto degli Atti. Il fatto accade a Gerusalemme. È visibile il “paesaggio” dei palazzi della città: è il segno che la scena si colloca nella camera alta, “al piano superiore dove abitavano” (At 1,13). I personaggi sono riuniti in un luogo raccolto e delimitato da due linee curve, due archi, che sono speculari all’arco disegnato dai raggi dello Spirito Santo. In realtà proprio lo Spirito è il personaggio più importante, anche se il meno evidente, perché appare in modo molto discreto attraverso i
Tutto avviene partendo dall’alto. Lo Spirito è un dono che viene da Dio. È il «dono nel quale tutti gli altri doni sono donati» (S. Bonaventura). Così nella vita del credente la presenza dello Spirito afferma il primato della grazia. Nulla appare nell’icona dello sconvolgimento descritto negli Atti (il rombo come di vento); quello che è rappresentato è piuttosto l’effetto della discesa dello Spirito, l’armonia dell’assemblea riunita, l’ordine e la comunione. Per questo nel Credo si afferma la fede nello Spirito come colui che «è il Signore e dà la vita».
Al centro dell’icona è la Vergine. Il racconto della Pentecoste riportato negli Atti non menziona esplicitamente la presenza di Maria (infatti, in alcune icone di Pentecoste della Chiesa orientale Maria è assente); si deduce però da At 1,14. Di per sé è anche un’evidenza logica: non poteva non essere presente al momento della venuta dello Spirito Colei che aveva generato il Figlio di Dio mediante lo Spirito. C’è poi un’altra motivazione teologica che spiega l’introduzione della figura di Maria nell’icona: la necessità di affermare l’autenticità dell’Incarnazione. La presenza della Madre ne è una prova indiscutibile: «L’incarnazione non fu solamente l’opera del Padre, della sua potenza e del suo Spirito, ma anche l’opera della volontà e della fede della Vergine… È solo dopo averla informata e persuasa che Dio la prende per Madre e prende da lei la carne che ella gli dà volentieri» (N. Cabasilas). Per questo in tutte le icone a destra e a sinistra del capo della Vergine è evidenziato il suo “titolo” più importante: Madre di Dio, mentre le tre stelle che appaiono sul suo manto (sul capo e sulle spalle) è il segno della sua verginità prima, durante e dopo il parto.
Maria è in preghiera: le mani alzate esprimono il suo umile atteggiamento di accoglienza e partecipazione a questa manifestazione divina. Lei è dunque la Vergine-Madre che è costituita tale per la potenza dello Spirito e che insieme alla Chiesa tutta riceve la pienezza dello Spirito. I Dodici sono seduti su una panca semicircolare, trasposizione di una struttura architettonica liturgica di origine siriaca, il “bema”: è il luogo della proclamazione della Parola. In questo modo è rilevato il legame tra effusione dello Spirito e annuncio della Parola, come emerge con chiarezza dal racconto degli Atti. Per questo motivo tutti gli Apostoli hanno in mano i rotoli e i libri (Vangeli) della Parola, anche se di per sé a Pentecoste non erano ancora stati scritti. È il segno del compimento della promessa di Gesù: «Lo Spirito vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto» (Gv 14,26). Anche per un altro particolare l’icona non tiene conto del dato storico: nel gruppo dei Dodici Mattia, Giacomo di Alfeo e Giuda sono sostituiti da Paolo, Marco e Luca. Questo permette di esprimere visivamente un altro dato teologico di notevole importanza. È vero che i Dodici (nel gruppo che si è ricomposto dopo l’Ascensione) costituiscono la pienezza del circolo apostolico; tuttavia a Pentecoste non soltanto loro ricevono lo Spirito, ma anche i Settantadue, cioè tutti gli altri discepoli del Signore (At 1,15 parla di circa 120 persone radunate). A tutti è concesso lo stesso dono, senza distinzione (i raggi sono tanti quanti i personaggi raffigurati: lo Spirito si posa “su ciascuno di loro”, in modo unico e personale).
A questo proposito è interessante notare come i Dodici nell’icona si trovano tutti su uno stesso piano ed hanno tutti un’uguale grandezza. Questo esprime parità e comunione tra i membri del collegio apostolico riuniti attorno a Maria.
L’icona è aperta verso l’alto: c’è un arco nella parte superiore che simboleggia la sorgente paterna da cui partono le “energie trinitarie” concentrate nello Spirito Santo (raffigurate sotto forma di raggi), ma è aperta anche verso il basso su un arco nero, dove si trova un uomo vestito con abiti regali: rappresenta il Cosmo, il mondo prigioniero del principe delle tenebre e che attende di essere liberato dall’oscurità del caos e del peccato. Tra le mani tiene un panno su cui sono posati dodici rotoli, che rappresentano la predicazione degli Apostoli: è l’annuncio della Parola che salva, come aveva proclamato Gesù: «La verità vi farà liberi» (Gv 8,32). La linea concava disegnata dal panno forma una perfetta struttura di accoglienza del fuoco che si diffonde dall’alto (linea convessa disegnata dai raggi dello Spirito) e manifesta come l’atteggiamento da assumere per ricevere il dono di Dio è proprio quello dell’accoglienza, come Maria. icone della Pentecoste sono presenti anche le lingue di fuoco sul capo dei Dodici).
L’icona presenta una composizione aperta (con i palazzi laterali): è la Chiesa che si apre alle genti. Lo Spirito rende i Dodici annunziatori: gli Apostoli sono mandati ad annunciare il Cristo Risorto presente e vivo. «Lo Spirito fa scaturire i profeti come da una sorgente… muta i pescatori in teologi… per mezzo di loro prende l’universo nella rete” (dalla Liturgia Orientale). A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune» (1Cor 12,7), perché tutti possano incontrare il mistero della salvezza compiutosi nella Pasqua di Cristo. Gli Apostoli diventano annunciatori di una novità (in questo senso, anche, parlano “lingue nuove”): la Pentecoste è la rivelazione definitiva del mistero trinitario (per questo nella Chiesa ortodossa è una festa teofanica, come il Battesimo e la Trasfigurazione, perché in essa Dio si manifesta). «In virtù della teofania di Pentecoste ci si rende conto che tale congiunzione a Cristo e alla sua Pasqua non è qualcosa di puramente soggettivo e intenzionale: è immessa nel profondo dell’essere ed è anzi ontologicamente costituita dall’effusione dello Spirito, realtà divina misteriosa che diventa principio di ogni redenzione e si rivela come la sorgente dell’intera vita ecclesiale» (G. Biffi).
Icona della Pentecoste
Scuola di Novgorod (Russia), XVI sec.