Ida


Regia: Pawel Pawlikowski
Sceneggiatura: Pawel Pawlikowski, Rebecca Szyszkowski
Fotografia: Lukasz Zal
Montaggio: Jaroslaw Kaminski
Scenografia: Katarzyna Sobanska, Marcel Slawinski
Interpreti: Agata Kulesza, Agata Trzebuchowska, Joanna Kulig, Dawid Ogrodnik, Adam Szyszkowski
Distribuzione: Parthenos
Durata: 80’
Origine: Polonia/Danimarca, 2013

Il regista – Pawel Pawlikowski, regista polacco radicato in In­ghilterra, dove ha fatto studi di letteratura e filosofia (a Oxford) e dove è diventato regista, dopo alcune esperienze di tipo documen­taristico ha realizzato alcuni lungometraggi, tra cui vanno men­zionati My Summer of Love e Last Resort. Ida è il suo quinto film ed è stato presentato al Festival di Torino 2013 nella sezione “Festa mobile”, dopo aver incantato buona parte della critica sia a Londra che a Toronto.

La vicenda – È ambientata nella grigia e soffocante Polonia dei primi anni ‘60, in pieno regime comunista. Anna è una giovane novizia che vive in un convento. Essendo orfana è stata allevata dalle suore e si sta preparando a prendere i voti. Ma prima che la cosa avvenga, la Madre superiora la invita ad andare in città per conoscere l’unica parente che le è rimasta, la zia Wanda, che è sta­ta procuratore nei tribunali di regime. Le due donne sono molto diverse, ma, insieme, decidono di ricostruire la storia della loro famiglia. Anna viene così a sapere di essere figlia di ebrei e di chia­marsi Ida; scopre che i suoi genitori sono stati assassinati; riesce a recuperare i loro poveri resti e li seppellisce in un cimitero ebraico. Nel frattempo Anna/Ida fa la conoscenza di un giovane musicista e viene continuamente provocata dalla zia che non accetta l’idea che si faccia suora. Alla fine di questo periodo di contatto con il mondo, Ida fa ritorno in convento. Mancano pochi giorni ai voti, ma Ida si accorge di non essere pronta a fare il grande passo e decide di aspettare. Nel frattempo Wanda, che è in preda alla disperazione, si suicida buttandosi dalla finestra. Ida allora va ad abitare nell’ap­partamento della zia e inizia una vita mondana imitando le abitu­dini di Wanda (si mette a fumare e a bere) e assaporando le gioie dell’amore con il musicista che aveva conosciuto. Ma, dopo questa esperienza, Ida capisce finalmente qual è la sua vera vocazione e, con grande determinazione, ritorna in convento per consacrare la propria vita a Dio.

Il racconto – La struttura del film è lineare e comprende un’in­troduzione, tre parti (di cui la prima è decisamente la più lunga) e un epilogo. 

INTRODUZIONE
– Viene subito presentata la figura della protagonista, Anna (per il momento chiamiamola così). Le prime immagini mostrano la no­vizia che, con grande cura, sta colorando il volto di una statua del Sacro Cuore, che poi viene portata davanti al convento, in un prato innevato, e posta su un piedistallo. Vengono subito sottolineate la devozione e l’osservanza delle regole di Anna e delle sue con­sorelle: il segno della croce, la preghiera e il canto comunitari, il pranzo consumato nel refettorio in silenzio.
– Anna viene convocata dalla Superiora che le parla di Wanda: «È tua zia. Le abbiamo scritto diverse volte, l’abbiamo pregata di venire a prenderti, ma non l’ha mai fatto». Anna, nel tentativo di giustificarla, obietta: «Forse non aveva ricevuto le lettere». Ma la Superiora ribadisce: «Le ha ricevute. Alla fine ha risposto che non poteva venire. La dovresti conoscere prima di prendere i voti: è la tua unica parente. Andrai da lei; resterai lì il tempo che servirà».
– L’immagine mostra Anna a letto, ripresa dall’alto. Bacia l’im­magine sacra che porta nella catenina che tiene al collo e, subito dopo, viene mostrato il volto della statua del Sacro Cuore.
– Aiutata dalle consorelle, Anna prepara la valigia e parte sotto la neve. Anna si allontana dal convento non per suo volere, ma per disposizione della Superiora. 

PRIMA PARTE
– Anna va a Varsavia per incontrare la zia. Le immagini sottoli­neano subito il contrasto tra la vita di città, con il traffico, i rumori, la gente e la vita silenziosa del convento. Anna guarda, incuriosita, quel mondo nuovo in cui sta entrando.
– Anna suona il campanello dell’abitazione della zia, che le apre. Appare una donna volgare e disinibita che la accoglie con distacco e un po’ di fastidio. In casa c’è un uomo che si sta vestendo e poi se ne va. Wanda fuma in continuazione e aggredisce la nipote: «Che cosa ti hanno detto di me?». Anna risponde: «Che lei è mia zia». «Solo que­sto? Non ti hanno detto che cosa faccio, chi sono?», continua Wan­da. «No – risponde Anna, e poi chiede – perché non mi sei venuta a prendere in orfanotrofio?». Al che Wanda risponde: «Non potevo; non volevo. Non saresti stata bene con me». Poi, quasi provocato­riamente: «E così tu sei la suora ebrea». E di fronte allo stupore di Anna, continua: «Sei ebrea; non te l’hanno detto in tutti questi anni? Ti chiami Ida Lebenstein». Poi, dopo averle fatto vedere la foto della madre con lei in braccio, la liquida sbrigativamente: «La riunione di famiglia è finita. Adesso mi devo vestire, sono in ritardo. A che ora hai il treno?». Poco dopo vediamo Wanda in tribunale ad esercitare la sua funzione di giudice: il suo volto è duro e impenetrabile. Il pri­mo impatto tra le due donne rivela subito la profonda differenza che esiste tra di loro; il che farebbe pensare alla fine di ogni rapporto.
– Ma più tardi Wanda vede la nipote (d’ora in poi la chiameremo Ida) alla stazione. Nasce in lei un sentimento di tenerezza che le fa cambiare atteggiamento. Riprende la relazione tra le due donne. Wanda incomincia a raccontare la storia della loro famiglia: «Tua madre era un’artista; io amavo l’avventura. Una volta fece una bel­lissima vetrata e la portò nella stalla per rallegrare le mucche. Tuo padre non era un tipo interessante; a me non piaceva…». Poi le fa vedere alcune foto di famiglia, dove appare anche un bambino. Ida domanda se ha avuto un fratello, ma la zia le dice che è figlia unica. Ida esprime il desiderio di andare sulla tomba dei genitori, ma Wan­da osserva: «Non hanno la tomba; né loro né gli altri ebrei. Non si sa dove sono sepolti; forse nel bosco o forse nel lago». Ma di fronte alla determinazione di Ida che vuole informarsi, Wanda si offre di accompagnarla in questa ricerca.
– Le due donne si mettono in viaggio. Ora sono alleate, ma l’au­tore continua a sottolineare anche la loro diversità, il loro diverso modo di reagire, le provocazioni che Wanda esercita nei con­fronti della nipote, di cui evidentemente non condivide la scelta. Wanda le chiede se deve sempre stare con quel “cappuccio” in testa; le domanda se è rossa di capelli; le dice che è carina e che gli uomini impazziranno di lei; le chiede se ha dei pensieri peccaminosi relativi ad un amore carnale. E di fronte al diniego di Ida, osserva: «Peccato. Dovresti provare, altrimenti che sacrificio è il tuo?».
– Si recano nella loro vecchia casa di famiglia, che ora è occupata da alcuni contadini polacchi. Interrogano la donna che vi abita, ma questa dice che devono parlare con suo marito. In attesa che questi faccia ritorno a casa, le due donne si dividono: Ida va in chiesa a pregare (tenendo tra le mani l’immaginetta del Sacro Cuore); Wan­da va al bar, dove beve e fuma e nel frattempo chiede informazioni.
– Poi ritornano nella casa a parlare con l’uomo. Ne nasce una discussione animata. Wanda fa presente che in quella casa viveva la sua famiglia, ma l’uomo afferma che quella è la sua casa. Si vie­ne a sapere che il padre dell’uomo aveva nascosto i Lebenstein nel bosco per proteggerli, ma Wanda vuole sapere come sono morti. Evidentemente sospetta che li abbiano eliminati loro per impos­sessarsi della casa. Vuole anche sapere dove si trova suo padre e arriva a minacciare l’uomo. Nel frattempo Ida va nella stalla a con­templare quella vetrata artistica che sua madre aveva creato: un fascio di luce illumina il suo volto. Poi le donne se ne vanno, anche perché nel frattempo alcuni vicini si sono presentati per dar man forte all’uomo.
– In seguito ad un incidente stradale, dovuto allo stato di eb­brezza di Wanda, le due donne tornano a dividersi. Wanda viene arrestata dalla polizia; Ida chiede ospitalità al prete del villaggio che le offre una brandina per passare la notte.
– Il giorno dopo Wanda viene rilasciata con tanto di scuse (in quanto giudice godeva dell’immunità) e le due donne partono alla ricerca del padre di quell’uomo con cui avevano discusso, un certo Szymon. Attraversano paesaggi squallidi e desolati. Wanda conti­nua ad attaccarsi alla bottiglia. Ad un certo punto Ida le domanda: «Chi sei tu?». La donna risponde: «Ora nessuno. Ma un giorno ero un procuratore di grandi processi. Ho anche mandato a morte alcune persone, nemici del popolo… Wanda la sanguinaria sono io».
– Durante il viaggio danno un passaggio ad un suonatore di sassofono. Wanda continua con le sue provocazioni: «Magnifico strumento; così maschile e sensuale». Ida è imbarazzata. Giunti all’hotel dove le due donne prendono alloggio, il ragazzo le invita a partecipare al ballo che vi si terrà alla sera. Dopo aver cercato inva­no Szymon a casa sua, Wanda e Ida tornano in albergo. Ida si mette in ginocchio a pregare; Wanda, per scherzo, le nasconde l’immagine del Sacro Cuore, ma poi Ida lo ritrova e lo mette dentro alla Bibbia. Wanda la invita a mettersi un abito da sera per andare al ballo, ma Ida risponde seccamente: «Io non ci vado».
– Al ballo ci va invece Wanda che riesce subito a procurarsi una compagnia maschile. Ida è a letto, ancora una volta ripresa dall’alto, e legge la Bibbia, anche se si lascia un po’ distrarre dalla musica che proviene dalla sala da ballo. Quando Wanda fa ritorno in came­ra Ida la rimprovera: «Pensavo che fossimo qui per i miei genitori». Wanda risponde: «È così»; ma poi continua: «Le somigli così tanto. Non buttare la tua vita. Certo io sono una puttana e tu una san­ta… ma questo tuo Gesù adorava la gente come me: pensa a Maria Maddalena». Wanda prende in mano la Bibbia per dimostrare quel­lo che ha appena detto, ma Ida gliela strappa di mano.
– Poi Ida esce dalla camera, scende dalla scala e va nella sala da ballo, dove, appoggiata ad una colonna, ascolta il ragazzo che suo­na. C’è un breve dialogo tra i due: Ida gli spiega le ragioni del loro viaggio; lui dice di avere sangue zingaro nelle vene e commenta: «Strana coppia la vostra». Poi Ida torna in camera da letto, si mette a pregare e guarda Wanda che sta dormendo.
– Venute a sapere che Szymon è ricoverato in ospedale, le due donne vi si recano per interrogarlo. Wanda accusa il vecchio di essersi preso cura dei suoi familiari e poi di averli uccisi. Ma qui emerge una terribile verità: quel bambino che Ida aveva visto in fo­tografia, era il figlio di Wanda, Tadeusz. Wanda l’aveva lasciato alla sorella per andare a combattere e quindi anche lui ha fatto la stessa fine. Wanda aveva cercato di rimuovere questo dolore, ma ora che le cose tornano a galla la donna crolla, distrutta dal dolore e dal rimorso: «Non ho fatto in tempo a conoscerlo». Ida sostiene la zia e le due donne si abbracciano, unite dal comune dolore.
– Wanda piange disperatamente e Ida si prende cura di lei. Im­provvisamente appare il figlio di Szymon e chiede di parlare con Ida. «Non tormentate mio padre; lasciatelo morire in pace. Nessuno può provare niente. Ciò che è accaduto è accaduto», afferma con decisione l’uomo. Ida gli chiede che cosa vuole e lui risponde: «Ri­nunciate alla casa e io vi porterò dove sono sepolti. E ci lascerete in pace». Ida accetta.
– Prima di andare con quell’uomo a cercare i resti dei familia­ri, c’è un altro colloquio tra Ida e il ragazzo del sassofono. Ida gli dice che finalmente hanno trovato la persona che cercavano e che poi tornerà in convento. «Per tanto?», domanda il giovane. «Per sempre; tra quattro giorni prenderò i voti», risponde la novizia. Il giovane le dice che lui per ora fugge dalla vita militare… e dalle pro­messe. Poi le chiede: «Tu non hai l’idea dell’effetto che fai, vero?». Ida lo guarda e accenna ad un sorriso.
– Poco dopo vediamo Ida che si toglie il velo e si scioglie i lunghi capelli. C’è un’ellissi che può lasciare intendere che tra i due ci sia un rapporto. Poi i due si salutano.
– Le due donne seguono l’uomo che le porta nel bosco. L’uomo incomincia a scavare finché emergono delle ossa umane. Wanda ad un certo punto vede il teschio di un bambino: lo prende, lo avvolge nel foulard e se lo stringe al seno. Poi s’allontana divorata dal dolo­re. Ida raccoglie i resti delle altre persone e chiede: «E io? Perché io non ci sono qui?». Ed ecco la verità tutta intera. L’uomo confessa: «Eri molto piccola; nessuno avrebbe capito che eri ebrea. Ti ho por­tata dal prete e ti ho lasciata lì. Il maschio era scuro e circonciso… non è stato mio padre, li ho uccisi io».
– In auto le due donne si recano a Lublino a cercare un cimitero ebraico. Wanda è distrutta e continua a bere e a fumare. Una volta arrivate, fanno una buca e seppelliscono i poveri resti.
– Wanda riporta poi la nipote in convento. «Verrai per i miei voti?», domanda Ida; «No, ma berrò alla tua salute». Poi zia e ni­pote si abbracciano intensamente, accomunate da un dolore con­diviso. 

SECONDA PARTE
Nella seconda parte viene presentata la diversa reazione delle due donne.
– Ida si prepara a prendere i voti, ma qualcosa è decisamente cambiato dentro di lei. Lo si capisce da diversi particolari: quan­do le novizie si lavano, Ida le guarda con uno sguardo sensuale; du­rante la cena, nel più assolto silenzio, Ida si mette a ridere; quando le altre pregano, Ida resta in silenzio. Questo cambiamento la porta ad una decisione: di fronte alla statua del Sacro Cuore, Ida, sem­pre ripresa dall’alto, pronuncia queste parole: «Non sono pronta. Perdonami». Assiste poi alla cerimonia durante la quale una novi­zia prende i voti e alcune lacrime rigano il suo volto.
– Wanda guarda le foto di famiglia e non riesce a distogliere il pensiero da quel suo bambino barbaramente ucciso. Cerca di di­menticarlo facendo ricorso all’alcol e alle avventure amorose. Ma poi, dopo una sorta di rituale (le fette imburrate, il bagno, la musi­ca ad alto volume) si getta dalla finestra in preda alla disperazione. 

TERZA PARTE
Nella terza parte vediamo Ida che è andata ad abitare nell’appar­tamento della zia e sembra prendere il suo posto, imitandola: si mette le scarpe coi tacchi alti, indossa un abito da sera, si mette a fumare e a bere, s’avvolge in una tenda in una sorta di danza.
– Partecipa poi, vestita in borghese, al funerale di Wanda e in­contra il suonatore di sassofono, col quale intreccia una relazione amorosa.
– Dopo aver fatto l’amore i due sono sdraiati uno accanto all’al­tro. «A cosa stai pensando?», domanda il ragazzo. «Non penso», risponde Ida. Il ragazzo la invita ad andare con lui e il suo grup­po a Danzica: «Ci ascolterai suonare, andremo sulla spiaggia». «E poi?», domanda Ida. «E poi compriamo un cane, ci sposiamo, avremo dei bambini, compriamo una casa», risponde il giovane. «E poi?», ripete Ida. «E poi ci saranno i problemi», conclude il ragazzo.
– Mentre il ragazzo dorme, Ida ha gli occhi aperti e pensa. Poi, con molta calma e senza svegliare il giovane, si riveste da suora, prende la sua valigia ed esce dalla camera.

Epilogo – Nell’epilogo vediamo Ida che avanza con passo svelto e deciso per tornare al convento. Più che andare, sembra venire o tornare (cammina verso la cinepresa, che segue il suo movimento con una carrellata, e controcorrente rispetto a due automobili e a un motorino che si vedono passare), verso quel Sacro Cuore di cui all’inizio si era presa cura e al quale aveva chiesto perdono per non sentirsi pronta. Il punto di vista, infatti, sembra essere quello del Cristo che accoglie la decisione libera e radicale della protagonista. Suggellata dalla musica extradiegetica che, in crescendo, accompa­gna il suo cammino.

Significazione – L’introduzione mette in evidenza l’amore di Anna nei confronti di Dio e la sua decisione di prendere i voti. Ma tale scelta è condizionata dall’essere stata allevata in convento e dal non conoscere la propria identità.
– Nella prima parte Anna diventa Ida, cioè scopre le proprie ori­gini e la terribile verità della sua vita e di quella dei suoi familiari. È alleata con Wanda nella ricerca della verità, ma è anche tentata da lei a rinunciare alla propria “vocazione”. Inoltre scopre il mondo esterno («Non sono mai stata da nessuna parte», dirà al suo ragaz­zo) e ciò che esso offre. Ciononostante, terminato il suo viaggio, ritorna quasi automaticamente in convento per prendere i voti.
– Nella seconda parte si capisce che l’esperienza fatta le fa pren­dere coscienza di non essere pronta e decide pertanto di aspettare.
– Nella terza parte la morte della zia diventa per lei occasione per cambiare vita e vivere nel mondo, assaporando tutto ciò che questo può offrire.
– L’epilogo mostra l’insoddisfazione di Ida di fronte alle cose del mondo e la sua decisione di compiere una scelta radicale di fede e di vita, ritornando in convento per consacrarsi a Dio.
Ci sono pertanto quattro “movimenti” nella vita della protagoni­sta: un’uscita (non per sua scelta); un ritorno (quasi automatico) che sfocia in una crisi; un’altra uscita, questa volta frutto di una sua libera scelta; un altro ritorno, questa volta definitivo, frutto della sua insoddisfazione e della decisione libera e responsabile di donarsi completamente a Dio.
All’interno di questi movimenti acquistano particolare impor­tanza la scoperta della propria identità, senza la quale ogni scelta risulterebbe inautentica; la conoscenza delle altre strade/possibilità, senza la quale non ci può essere vera scelta; la crisi e l’insoddisfazio­ne che rendono la scelta finale una scelta vera e autentica, cioè una libera risposta alla chiamata di Dio.
È particolarmente significativa quella domanda reiterata che Ida rivolge al suo ragazzo. Quell’«e poi?» rivela l’aspirazione a qualcosa di definitivo, la sete di assoluto che Ida non trova nelle risposte del giovane e che invece è convinta di trovare nelle braccia di quel Sa­cro Cuore che sembra essere rimasto lì ad aspettarla.

 Idea centrale – Una scelta radicale di fede, come quella di con­sacrare la propria vita a Dio, deve passare attraverso la conoscenza di sé e della propria storia; la conoscenza del mondo, che può por­tare ad una crisi; la sperimentazione di altre strade, che permette di operare un confronto. Solo così può diventare una scelta libera e responsabile, convinta e definitiva. Una scelta “per sempre”.
Girato in uno splendido bianco e nero, che ricorda le opere di grandi maestri come Dreyer e Bresson, e in un formato particolare, un 4:3 che ormai non usa più, il film è pregevole dal punto di vista cinematografico e offre una splendida occasione di riflettere sulla propria vocazione e sulle proprie scelte.