La disputa di Gesù tra i dottori
Luca Giordano, 1656-1660, olio su tela, Roma, Galleria nazionale di arte antica di Palazzo Corsini
Descrizione storico-analitica
Questo dipinto è opera del pittore partenopeo Luca Giordano nei suoi anni giovanili: quando lo realizzò (fra il 1656 e il 1660) era infatti poco più che ventenne; citata negli inventari dei Corsini al termine del XVIII secolo, l’opera fu successivamente donata dal principe Tommaso (nel 1883) allo Stato Italiano. La scena rappresentata – tratta dal Vangelo di Luca (Lc 2,41-52) – mostra due eventi, tra loro fortemente correlati: la disputa di Gesù con i dottori, cui fece seguito il suo ritrovamento nel Tempio da parte di Maria e Giuseppe (appena accennati sullo sfondo del quadro) dopo tre giorni di affannosa ricerca. Premetto che, in questa sede, l’analisi iconografica si concentrerà sul primo evento, mentre il messaggio vocazionale verterà piuttosto sul secondo.
Analisi iconografica
La scena è ambientata nel Tempio, al quale allude la colonna classica bene in vista, mentre la sontuosità dell’architettura dietro le figure è traccia del dipinto al quale l’artista deve essersi probabilmente ispirato: la Disputa tra i dottori del Veronese, esposto a Madrid presso il Museo del Prado. A colpire lo spettatore sono soprattutto le contrastanti reazioni ed espressioni dei personaggi raffigurati dopo aver ascoltato gli insegnamenti di Cristo: infatti, se in alcuni – la minoranza – è preponderante un senso di fastidio e dissenso, per altri è prevalente lo «stupore per la sua intelligenza e le sue risposte» (v. 47). L’autorevolezza di Gesù e delle sue parole sembra inoltre essere supportata da numerosi particolari presenti nel dipinto: in primo luogo, il comportamento di numerosi robusti personaggi intenti a trovarne convalida nella Torah, i cui rotoli sono sparpagliati a terra; in secondo luogo, la sua stessa postura (è seduto in trono); da ultimo, un interessante parallelismo fra la colonna nel mezzo della composizione e Cristo che si eleva fieramente: si tratta di una rilettura simbolica per la quale Cristo è il pilastro del “nuovo tempio del Signore”, oggetto della sua predicazione.
Messaggio vocazionale
La scena evangelica del ritrovamento di Gesù nel Tempio, mentre stava disputando con i dottori, parrebbe in superficie un fatto ordinario, non particolarmente significativo sotto l’aspetto dottrinale: una semplice incomprensione fra genitori e figlio – episodio piuttosto comune ad ogni famiglia – con conseguente rimprovero dei primi nei confronti del secondo. In realtà, dietro l’apparente banalità dell’evento, si cela la straordinarietà dell’insegnamento del Signore, al quale possiamo accedere soffermandoci sul suo dialogo con la madre (vv. 48-49). Il contenuto è noto: ad una Vergine chiaramente risentita – «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo» – Gesù replica con queste parole: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». La risposta sorprende e spiazza, tant’è che entrambi i genitori (e con loro, forse, anche noi) faticano a coglierne il senso.
Il messaggio, dunque, va interpretato. Forse Gesù desiderava allontanarsi dal ceppo famigliare, con lo scopo di rivendicare, fin da giovanissimo, la superiorità della propria missione ai suoi stessi legami di sangue? Probabilmente sì: tuttavia, il “cuore” del racconto deve essere colto a mio avviso altrove e, più precisamente, nel fraintendimento interno al dialogo fra madre e figlio. Difatti, quando Maria usa il termine “padre” intende parlare di Giuseppe; quando invece è Gesù ad utilizzare il medesimo vocabolo, si riferisce a Dio. Per Gesù occuparsi delle cose del Padre significa obbedire totalmente ed incondizionatamente alla sua volontà. “Cose” infatti è un termine generico ed “occuparsi delle cose del Padre”, per Gesù, vuol dire dedicare tutto se stesso – affetti, energie, tempo ed attività – a quanto amorevolmente il Padre gli suggerisce.
In nuce, nell’incomprensione di Maria e Giuseppe per il duro messaggio di Gesù s’intravede la difficoltà ad assimilare la durezza del messaggio della croce, sulla quale molti anni più tardi lo stesso Gesù offrirà la sua vita per la salvezza del mondo. Maria sarà presente sotto la croce perché in tutta la sua esistenza non smise mai di conservare nel cuore la Parola di quel suo figlio così speciale e di obbedirvi.
Meditare questa scena – e contemplarla, grazie anche a questo dipinto – può aiutare ogni vocazione (in particolare al sacerdozio e alla vita consacrata) a fissare sempre lo sguardo sul Padre e sulla sua volontà, alla quale si giunge, come Maria, perseverando nell’obbedienza a Gesù così come lui stesso, per primo, si è dimostrato obbediente al Padre. Si tratta di un cammino molto arduo, costellato da un’infinità di prove e lotte spirituali: ciononostante, è l’unico percorribile perché non ci può essere totale dedizione di sé a Dio e al prossimo se non si mette da parte il proprio “io”, i propri desideri e la propria volontà. E, con l’ausilio dello Spirito santo, qualsiasi nostra resistenza può essere vinta per sempre.
Luca Giordano
La disputa di Gesù tra i dottori
1656-1660, olio su tela, Roma, Galleria nazionale di arte antica di Palazzo Corsini