N.05
Settembre/Ottobre 2016

Nessun grado di separazione

di Francesca Michielin

O«Lanciarci nell’avventura di costruire ponti e abbattere muri, recinti e reti; lanciarci nell’avventura di soccorrere il povero, chi si sente solo e abbandonato, chi non trova più un senso per la sua vita.
Vuoi una vita piena? Comincia a lasciarti commuovere! Perché la felicità germoglia e sboccia nella misericordia: questa è la sua risposta, questo è il suo invito, la sua sfida, la sua avventura: la misericordia.
La misericordia ha sempre un volto giovane» (Papa Francesco – GMG, Polonia 2016).
È la commozione l’urto sismico che sgretola i muri divisori!
Un pensiero che ci provoca a rimanere in ascolto di noi per comprendere quanto siamo capaci di muoverci con l’altro, di intenerirci, di aprirci per risvegliare il senso della vita e guardare il mondo da una porta completamente aperta. 

Francesca Michielin
Francesca Michielin nasce a Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, il 25 febbraio del 1995.
A nove anni comincia a studiare pianoforte, mentre a dodici canta in alcuni cori locali, tra cui il coro gospel Bassano Bluespiritual Band Junior della sua città; dopo avere studiato il basso elettrico presso la Filarmonica Bassanese, nel 2011 si iscrive all’Istituto Musicale Bassano. Ad appena sedici anni, prende parte alla quinta edizione di X Factor, talent show musicale in onda su Sky, facendo parte della squadra Donne 16-24, guidata da Simona Ventura.
Vincitrice del programma, registra Distratto, il suo singolo di esordio, scritto da Roberto Casalino ed Elisa, che viene pubblicato il 6 gennaio del 2012 dalla Sony Music e che raggiunge il primo posto in classifica, ottenendo il disco multi-platino dopo avere venduto più di 60mila copie.
Grande riscontro di pubblico ha avuto anche la collaborazione di Francesca con Fedez: il primo duetto è stato con Cigno nero, presente nell’album del rapper Sig. Brainwash, L’arte di accontentare, pubblicato come singolo l’1 marzo 2013; più recente è il bis con Magnifico, presente in Pop-Hoolista.
Nel 2014, Michielin è l’unica artista italiana per la colonna sonora del film The Amazing Spider-Man 2Il potere di Electro.
Il brano, Amazing, è contenuto nella colonna sonora del film e la vede coautrice sia del testo sia della musica del pezzo. Infine, Di20 è il suo ultimo lavoro in studio, rilasciato a ottobre 2015, anticipato da L’amore esiste.
Nice To Meet You Tour è stato la prova delle sue doti di polistrumentista, visto che Francesca si è esibita suonando cinque strumenti diversi tra cui ovviamente il pianoforte, il suo primo amore. Uno spettacolo con cui ha impressionato anche la collega Elisa, che già nel 2012 curò per la supervisione artistica dell’album di debutto Riflessi di me.
All’indomani di uno dei concerti del suo ultimo tour, Elisa ne ha tessuto le lodi su Facebook:
«Mi piace molto sia artisticamente che umanamente, credo che abbia grandi potenzialità, ancora non totalmente espresse data la giovanissima età, ma il talento si riconosce inequivocabilmente. Il breve live ne è stata una dimostrazione: uno “one woman show” molto apprezzabile che l’ha vista impegnata con vari strumenti musicali e con rivisitazioni acustiche dei suoi successi e di alcune cover».

Nessun grado di separazione è un pezzo, in parte autobiografico, che Francesca Michielin porta in gara con tutta la freschezza e la spensieratezza della sua età. Dichiara la giovane: «Il titolo è ispirato alla Teoria del mondo piccolo o dei sei gradi di separazione che sostiene come ognuno di noi è separato da qualunque altra persona al massimo da 6 passaggi relazionali. Ovviamente io ho trasportato la teoria dal piano sociologico a quello emotivo: spesso ci chiudiamo in una scatola per insicurezza e timore anche di noi stessi.
La canzone parla di una ragazza che vive nel cassetto, con tutti i suoi sogni stropicciati lì dentro e che a un certo punto trova il coraggio di uscire da quel rifugio e di affrontare la vita vera.
Il brano, dunque, racconta la voglia di uscire dalla scatola per aprirsi alla vita, per avere un contatto il più diretto possibile, senza filtri, con il mondo».
La protagonista della canzone è una persona molto razionale, abituata a rimanere distante e prevenuta rispetto agli eventi e agli altri, così da evitare qualsiasi coinvolgimento esistenziale.
Ma come sempre capita, sarà l’amore ad abbattere ogni barriera, facendo in modo che tra le persone non vi sia più “alcun grado di separazione”. 

La teoria dei sei gradi di separazione
L’idea dei sei gradi di separazione è nata nel 1967 grazie ad un esperimento del sociologo Stanley Milgram, che verificò come un gruppo di volontari nel Nebraska e nel Kansas fossero in grado di venire a contratto con sconosciuti nel Massachusetts, impiegando solo la loro rete di amici e conoscenze. Un esperimento condotto da ricercatori della Columbia University conferma la teoria dei sei gradi di separazione. Agli utenti della Rete è stato chiesto di andare alla ricerca di diciotto persone sconosciute di tredici nazioni, utilizzando solo le loro connessioni online; l’esperimento ha dimostrato che in media sono bastati dai cinque ai sette passaggi per arrivare a destinazione, chiedendo ad amici.  I risultati dell’esperimento, a cui hanno partecipato 61.168 internauti di 166 Paesi, sono stati pubblicati sulla rivista «Science». Agli utenti è stato chiesto di riuscire a rintracciare una delle 18 persone scelte tra cui un ispettore in Estonia, un consulente tecnologico in India, un poliziotto in Australia e un veterinario in Norvegia.
La dimensione e la penetrazione di Facebook hanno permesso, nel 2011, a un gruppo di informatici della Statale di Milano, in collaborazione con due informatici di Facebook, di effettuare per la prima volta un esperimento simile su scala planetaria. Il grado di separazione tra due persone misura quanto sono vicine a conoscersi. Tra due amici il grado di separazione è zero. Tra due persone che non si conoscono ma hanno un amico in comune il grado di separazione è uno, così via.
Usando algoritmi sviluppati dal Laboratorio di Algoritmica per il Web dell’Università degli Studi di Milano, si sono potuti per la prima volta calcolare i gradi di separazione tra tutte le coppie di individui su Facebook. In media, i gradi sono 3,74, molto meno di quanto l’esperimento di Milgram facesse pensare. In effetti, ben il 92% delle coppie è separato da non più di 4 gradi. La misurazione compiuta dai ricercatori della Statale in collaborazione con Facebook è il più grande esperimento di questo tipo mai eseguito per ordine di grandezza: Milgram aveva utilizzato un centinaio di coppie possibili, mentre i ricercatori della Statale 65 miliardi (il numero corrente di rapporti di amicizia su Facebook). 

L’obiettivo: grado di separazione zero!

Chiusi in una scatola, distanti dalle cose della vita
È un senso di malessere diffuso nei ragazzi, ma anche negli adulti, ed è ritenuto una caratteristica dell’uomo del nostro tempo. Di fatto si tratta della difficoltà a rimanere nella relazione: si sanno tante cose, ma spesso non si sa come raggiungere l’altro, e prima ancora non si sa come decifrare se stessi. Il nodo che fa inceppare il movimento della vita spesso prende forma quando domina il “io ci sono per te, se tu ci sei come io ti voglio!”.
L’altro assolve a una funzione, è utilizzato, serve per. Il modello dell’economia del profitto sembra aver plasmato a propria immagine anche le relazioni sociali, a volte anche nei contesti più intimi, come quello della famiglia.
Si determina un corto circuito distruttivo e lo scollamento tra il detto e il fatto, tra il pensato e l’annunciato. Difficile costruire legami di bene quando manca la coerenza, quando si compromette il dire diritto e diretto, l’esserci chiaro. Difficile il movimento di reciproco adattamento tra persone e contesti di vita quando manca lo sguardo sincero verso sé e verso il di fronte a sé. Sfuma l’appartenenza significativa e il vissuto si fa precario, marginalizzato, disintegrato.
Il comportamento finisce per orientarsi in senso predatorio, verso una competitività esasperata, verso un’ostentazione della propria immagine, verso una copertura narcisistica ed istrionica che cela la fragilità profonda e il dolore muto sotto la cinica esasperazione della facciata.
Il disagio diviene paura, angoscia davanti al futuro, senso di impotenza e vuoto. Sembra essere questo il colore prevalente di vite accartocciate su se stesse, sconfitte prima ancora d’essersi aperte all’esistenza, intimorite davanti a un mondo che si preferisce chiudere fuori, oltre la propria porta, o che si preferisce estromettere dalla propria storia.

Siamo una sola direzione in questo universo che si muove
C’è oggi la necessità di ridefinire nelle relazioni il rapporto tra la parte e il tutto, tra la figura e lo sfondo. Nessuno è indipendente dall’ambiente in cui si trova e ognuno vive del e nel movimento ricorsivo tra sé e gli altri. Non c’è nulla di individuale se non in relazione all’esserci reciproco. È questo il principale nutrimento, la sicurezza di fondo, l’equilibrio individuale di ogni esistenza. La costruzione della nostra vita è sostenuta e nutrita dagli intrecci delle relazioni. Le relazioni affettive e sociali, i legami di prossimità, la rete degli scambi di cui siamo parte, gli attaccamenti e i distacchi, le appartenenze sono il tessuto vivo della nostra vita perché la storia di ogni vita è una trama fatta di relazioni. Quali strumenti e quali atteggiamenti possiamo immaginare per rispondere a questa domanda vitale? 

Pensiero globale
Ciò che pensiamo di conoscere è spesso qualcosa che implica un livello più ampio di cui è importante tenere conto; basta pensare alla storia di ciascuno di noi e a quella della persona che abbiamo di fronte. Ogni relazione, ogni azione e ogni modo di essere presenti dentro ciascuna relazione, sono inevitabilmente parte di un insieme più vasto, generano echi e producono onde che si propagano molto al di là di quanto possiamo singolarmente osservare. 

Relazione e limite
Come tutte le cose, la relazione anzitutto si confronta con il limite del tempo, dunque cambia nel tempo. Limite della relazione è anche la possibilità di lasciare all’altro lo spazio per non doversi definire solo nel mio contesto e con i miei parametri, è necessario lasciargli lo spazio per riconoscere i suoi ed i miei bisogni senza assimilazioni forzate.  Limite della relazione è anche accettare il necessario movimento tra contatto e ritiro, così che l’io e il tu non si annullino l’uno nell’altro, cerchino l’incontro e vivano dell’incontro, ma amando anche la pausa, quella interruzione necessaria per non perdersi come soggetti, per rimanere liberi dall’obbligo di restare connessi per forza, per mantenersi capaci di filtro e di presa di distanza. 

Diversità
È il salvagente e la pietra angolare della coesistenza. È lo spazio per l’esperienza del nuovo, per la sorpresa e il cambiamento, la via per non morire. Attuare una tutela della biodiversità dentro il nostro mondo di relazioni comporta l’apertura al confronto con realtà anche distanti dai nostri schemi percettivi e valoriali. È la possibilità di andare oltre il noto, di navigare in acque sconosciute, di ritracciare nuove mappe rispetto a se stessi. È il passaggio di livello superiore rispetto al bisogno di sicurezza. Se accetto di sviluppare questa intelligenza della diversità posso trovare soluzioni meno ovvie e darmi l’occasione per allargare i confini e rompere le costrizioni in cui chiudo il mio orizzonte. 

Cura estetica
Per stare bene e sentirsi bene si perde tempo nella relazione ad osservarsi, guardarsi, si dà spazio al non verbale, ma anche al non finalizzato. È la base per aprire nelle reti dei rapporti il tema del gratuito, di quel superfluo che è necessario per alzare lo sguardo e vivere la dinamica vitalizzante del dono. Si riumanizza il tessuto delle relazioni quando si ha cura del senso estetico, infatti il garbo e la gentilezza generano benessere. Bisogna che diamo valore alla buona forma: non lasciare faccende in sospeso, per esempio, niente discorsi ambigui, niente prevaricazioni inutili, niente esternazioni gratuite. Avere cura esteticamente delle relazioni significa non lasciare residui tossici in giro, non usare gli altri come zerbini o come contenitori dei nostri impulsi. Significa cura e rispetto dello spazio della relazione: non lo soffoco, non lo inquino, lo tengo in ordine, ci porto dentro cose belle e mi do e do agli altri il tempo e l’occasione per goderne.

Respons-abili
Avere cura di quel che è il mio con-te-sto è il senso profondo dell’essere responsabili. Il campo delle relazioni è affidato a me, non devo lasciarlo seccare né infestare dai parassiti. Ogni giorno va dissodato e seminato, perché dia frutto. L’altruismo nasce da qui, dal considerare l’altro come la rosa di cui io sono responsabile.

«…e bastava una inutile carezza
a capovolgere il mondo»
(Alda Merini).