N.06
Novembre/Dicembre 2016

Io, Daniel Blake

(titolo originale: I, Daniel Blake)

Regia: Ken Loach
Sceneggiatura: Paul Laverty
Fotografia: Robbie Ryan
Interpreti: Dave Johns, Hayley Squires, Briana Shann, Dylan Phillip Mckiernan
Genere: drammatico
Distribuzione: Cinema
Durata: 100’
Origine: Gran Bretagna/Francia, 2016

 

Palma d’oro al Festival di Cannes 2016.

La vicenda È ambientata a Newcastle, ai giorni nostri. Daniel Blake è un carpentiere di circa sessant’anni che, in seguito ad un infarto, non può più lavorare. L’uomo è anche rimasto vedovo ed è senza figli. Riceve dallo Stato l’indennità di malattia, ma, in seguito ad un esame di “valutazione”, questa gli viene tolta. Daniel non ha altri redditi ed è deciso a fare ricorso, ma la burocrazia gli complica enormemente le cose dilatando i tempi della pratica. Daniel allora pensa di rivolgersi all’Ufficio del lavoro per ottenere il sussidio di disoccupazione. Anche qui, lungaggini e complicazioni dovute anche al fatto che ogni pratica per Daniel vanno sempre peggio. È costretto a vendere i mobili di casa per pagare le bollette e reagisce alle vessazioni dell’Ufficio del lavoro imbrattando i muri e ottenendo, per questo, un’ammonizione da parte della polizia. Anche la situazione di Katie è sempre più difficile e costringe la donna a prostituirsi per mantenere i figli. Quando finalmente, con l’aiuto di Katie, Daniel riesce ad ottenere l’appuntamento per fare il suo ricorso, un altro infarto pone fine alla sua vita. Alla cerimonia funebre Katie legge il discorso che Daniel voleva leggere alla Commissione: una rivendicazione della propria dignità e un vero atto di accusa verso uno Stato che «lo ha portato prematuramente alla tomba».

Il racconto
Ken Loach ha fatto numerosi film in cui nel titolo compare il nome del protagonista (La canzone di Carla; Paul, Mick e gli altri; My Name is Joe; Jimmy’s Hall; ecc.). È un chiaro segno che all’autore interessano le persone, con il loro nome, la loro identità, la loro personalità. Non numeri, ma persone con la loro dignità, troppe volte calpestata – come in questo film – da un sistema socio-economico freddo e disumano.
La struttura del film è lineare. Si parte con un’introduzione in cui, sotto i titoli di testa e con lo schermo buio, si sentono le parole di una “professionista della Sanità” che interroga il protagonista, chiaramente Daniel Blake, per valutare se è in possesso dei requisiti per ottenere l’indennità di malattia. Le domande sono di una stupidità e di un formalismo che hanno dell’incredibile («Può camminare per più di cinquanta metri senza l’assistenza di un’altra persona? È in grado di alzare entrambe le braccia come se si mettesse in testa un cappello?…»). A nulla valgono le obiezioni di Daniel che fa presente di aver avuto un grave attacco cardiaco che quasi lo faceva cadere dall’impalcatura. Di fronte alle sue obiezioni («Lei ha una qualifica medica?») e ai suoi sospetti («C’è un tale lì, in sala d’aspetto, che dice che lei lavora per una Compagnia americana»), la voce di donna (non ne viene mai mostrato il volto) risponde di essere una professionista della Sanità e che la sua compagnia è stata incaricata dal Governo.

1a parte
Daniel se ne torna a casa. L’autore mette in risalto il rapporto che il protagonista ha con i suoi vicini, China e Piper, due giovani che, stufi di lavorare per un tozzo di pane, cercano di arrangiarsi come possono facendosi recapitare clandestinamente scarpe da ginnastica dalla Cina per poi rivenderle a meno della metà del prezzo di negozio. Nonostante un certo atteggiamento burbero, si capisce che tra di loro c’è un buon rapporto, capace di aprirsi alla solidarietà. Lo stesso rapporto che Daniel ha mantenuto con i suoi ex colleghi di lavoro, che si preoccupano per lui. Daniel fa un’ecografia al cuore e la dottoressa gli dice che non è ancora in grado di tornare al lavoro. Mentre si diletta a fare piccoli lavori di intaglio con il legno di scarto della falegnameria con cui lavorava, Daniel riceve una lettera con la quale gli si comunica che non ha più diritto a ricevere l’indennità di malattia. Prova a telefonare per avere chiarimenti: naturalmente si sente una voce che invita a restare in attesa. Poi, una musichetta di sottofondo. Dopo quasi due ore di attesa finalmente qualcuno risponde.
Daniel dice di voler far ricorso, ma la “voce” gli spiega che prima di fare ricorso deve aspettare una telefonata da parte del responsabile; telefonata che avrebbe dovuto arrivare prima della lettera, ma che non è stata fatta e che verrà fatta “appena possibile”. Daniel conclude: «È una cosa ridicola». Rimasto per il momento senza indennità, Daniel si reca all’Ufficio del lavoro per chiedere il sussidio di disoccupazione. Ma la domanda deve essere fatta on line («Noi siamo digitali di default», gli dice il dirigente). Ma Daniel, che non sa usare il computer, risponde: «Io sono matita di default»). Nello stesso ufficio Daniel ha occasione di incontrare Katie e i suoi due bambini. La donna, che sta cercando lavoro, viene respinta perché è arrivata in ritardo rispetto all’appuntamento preso. Lei si giustifica: è appena arrivata a Newcastle da Londra e ha sbagliato a prendere l’autobus. Ma i funzionari sono irremovibili: deve prendere un nuovo appuntamento in data da destinarsi. Daniel interviene in suo favore: «Perché non vi calmate e ascoltate le persone che vi parlano?». Ma non c’è niente da fare, le regole sono regole e sono più importanti delle persone. Vengono entrambi cacciati. Poco alla volta nasce un’amicizia tra Daniel e Katie, due persone senza lavoro e con parecchi problemi da risolvere. Lei gli racconta di essere stata cacciata dall’appartamento dove viveva a Londra, di essere vissuta con i suoi bambini per due anni in un ostello per senzatetto, finché non le è stato assegnato un appartamento a Newcastle. Lui sa ascoltare e si offre di fare delle piccole riparazioni in quell’appartamento dove non c’è neanche la luce, perché Katie non è in grado di pagare le bollette.
Daniel va in un Centro internet e prova a cimentarsi con il computer. Gli danno alcune istruzioni, ma le difficoltà sono per lui insormontabili. Chiede aiuto, ma il computer continua a segnalargli “errore”, finché ad un certo momento si blocca perché il tempo è scaduto. Allora ritorna all’Ufficio del lavoro dove aveva trovato un’impiegata, Ann, che aveva dimostrato sensibilità e attenzione nei suoi confronti. Questa cerca di aiutarlo a compilare il modulo, ma viene subito ripresa da una dirigente: «Ci sono delle regole; non si possono creare dei precedenti». Così sfuma anche questa occasione. Per fortuna, quando ritorna a casa, il suo vicino, China, lo aiuta e riesce a stampare i moduli compilati. Daniel lo ringrazia: «Mi ci sono voluti giorni per venirne a capo. Grazie, figliolo». Ma per la domanda di indennità di malattia deve sempre aspettare che arrivi quella benedetta telefonata. China lo avvisa: «Te la faranno più umiliante possibile. Non è un caso. È una strategia. Sai quanti ne conosco che hanno mollato e basta?». Ma Daniel è deciso ad andare fino in fondo.

2a parte
Mentre aspetta la telefonata, Daniel si prende cura di Katie e dei suoi bambini facendo qualche lavoretto in casa loro. Nasce un rapporto sempre più intimo con questa ragazza che cerca disperatamente lavoro e che ha delle crisi di pianto.
Visto che la telefonata non arriva, Daniel si decide a chiedere il sussidio di disoccupazione. Ma, per ottenerlo, deve impegnarsi a occupare trentacinque ore alla settimana nella ricerca del lavoro e deve sempre “provare” le ore che ha impegnato nella ricerca. La cosa assurda è che lui, per ottenere il sussidio, deve cercare un lavoro che poi, a causa delle sue condizioni di salute, non potrà accettare. D’altronde non può fare diversamente perché non ha altra fonte di reddito.
Quando si decide a firmare, la responsabile lo ammonisce: «Questo è un contratto firmato tra lei e lo Stato. Ha bisogno di un curriculum vitae aggiornato che le dia una mano a cercarselo, quel lavoro. Pertanto deve partecipare obbligatoriamente ad un workshop sul curriculum». Al workshop Daniel impara delle cose “molto interessanti”: «Devi riuscire sempre a distinguerti dalla massa. Devi farti notare, essere furbo. Non basta più di questi tempi limitarsi a far vedere le tue capacità. Devi saper comunicare tutto il tuo entusiasmo, la tua dedizione». Poi Daniel va in giro per la città a distribuire il suo curriculum, ma il lavoro è difficile da trovare.
Nel frattempo Daniel porta Katie e i bambini alla Banca del cibo, dove c’è una lunga fila di persone che aspettano il loro turno. Qui Katie trova delle persone gentili e disponibili che le forniscono vari generi alimentari. Katie, che è allo stremo delle forze e si sente svenire, apre una scatola di cibo, rovesciandone una parte. Poi scoppia in lacrime: «Sento che sto andando a fondo». Daniel cerca di consolarla e di incoraggiarla: «Non è colpa tua. Sei stata bravissima, sballottata quassù da sola con i tuoi due figli. Non hai fatto nulla di cui vergognarti. Vedrai che andrà tutto bene».
Finalmente arriva la fatidica telefonata. Ma solo per ribadire che è stato ritenuto abile al lavoro e che quindi non ha diritto all’indennità di malattia. Ma Daniel deve pagare le bollette e, quando un vivaista gli offre un lavoro, è costretto a rifiutarlo a causa della sua salute.
Katie va al supermercato e ruba alcuni oggetti. Scoperta, viene portata dal direttore che per una volta chiude un occhio e la lascia andare. Ma la ragazza è sempre più demoralizzata e non sa come fare per tirare avanti. Ivan, il guardiano che l’ha vista rubare, si offre di aiutarla, dandogli il suo numero di telefono e offrendole “un lavoro”.


A casa di Daniel mangiano tutti e quattro insieme. È un momento di confidenza e di intimità: anche i bambini incominciano ad affezionarsi a Daniel, quest’uomo buono e generoso. Si viene a sapere che è rimasto vedovo della sua Molly, una donna malata di mente che lui ha assistito fino alla fine e che ora gli manca da morire.
Katie gli parla dei padri dei suoi bambini e lui la incoraggia: «Stai facendo un gran lavoro con i tuoi figli. Tutti abbiamo bisogno di un po’ di vento in poppa».
Daniel torna all’Ufficio del lavoro. Qui gli viene detto che la documentazione per dimostrare che ha contattato i datori di lavoro non è sufficiente. L’impiegata infierisce su di lui, minaccia una sanzione di quattro settimane con la sospensione del sussidio. Poi continua: «Se verrà sanzionato, dovrà comunque continuare a cercare lavoro e a registrarsi. E se non lo farà potrà essere sanzionato ancora». Infine, quasi con cinismo, gli chiede: «Scrivo una referenza per la Banca del cibo?». Daniel, umiliato, non dice una parola e se ne va.

3a parte
Le cose precipitano sia per Daniel che per Katie. L’uomo è costretto a vendere i mobili di casa. Katie, dopo che Daisy si è lamentata perché a scuola i suoi compagni la prendono in giro, decide di telefonare ad Ivan. Naturalmente si tratta di prostituirsi. Ma Daniel, che ha scoperto la cosa, si reca da lei come se fosse un cliente. Ne segue una scena straziante. L’uomo cerca di dissuaderla, l’abbraccia, cerca di convincerla: «Questo mi spezza il cuore». Ma Katie, disperata, è decisa: «Se non l’accetti non possiamo vederci più. Io non voglio più parlare con te. E non manifestarmi più affetto, perché mi manda in frantumi».
Daniel si reca da Ann per rinunciare a registrarsi come disoccupato. Le parole dell’uomo sono particolarmente significative ai fini tematici: «È una gigantesca farsa, vero? Lei è seduta lì, di fronte a un uomo malato che cerca lavori inesistenti che non può fare comunque. Io spreco il mio tempo, il tempo degli altri, il suo tempo. E il risultato è umiliarmi, è sfinirmi. Forse l’obiettivo è togliere il mio nome da quel computer. Io però non ci sto più. Ne ho abbastanza. Voglio la data del mio appuntamento per il ricorso per l’indennità di malattia». Ann lo invita a ripensarci: «Potrebbero volerci settimane prima che arrivi il suo ricorso. La verità è che non c’è limite di tempo per la riconsiderazione obbligatoria… e potrebbe anche non vincere. Per favore, continui a registrarsi. Trovi qualcuno che l’aiuti nella ricerca di lavoro on line, altrimenti rischia di perdere ogni cosa». Ma Daniel risponde: «Grazie, Ann. Ma se perdi il rispetto per te stesso sei finito».
Poi reagisce. Esce dall’edificio e, con una bomboletta spray scrive in grande sul muro: «Io, Daniel Blake esigo un appuntamento per il mio ricorso prima di morire di fame. E cambiate quella musica di merda al telefono». Escono i dirigenti indignati. Lui li apostrofa: «Se aveste fatto bene il vostro lavoro, io non sarei dovuto arrivare a questo». Molta gente che passa plaude al suo gesto di ribellione. Ma poi arriva la polizia. Daniel viene rilasciato con un’ammonizione per il reato di danneggiamento. Daniel è disperato e si chiude in se stesso. Per fortuna arriva Daisy che lo implora di aprirle la porta: «Mamma è tanto triste. Perché non parli con lei? Sappiamo che cosa è successo al tuo cuore.
Mamma ha parlato con uno dei tuoi vicini: prima noi non lo sapevamo». L’uomo cerca di mandarla via, ma poi, di fronte alla domanda: «Tu ci hai aiutati. Perché io non posso aiutare te?», si scioglie e accoglie la bambina tra le sue braccia, scusandosi.
Accompagnato da Katie, che nel frattempo ha raggranellato un po’ di soldi prostituendosi, Daniel si reca a fare ricorso, con l’aiuto di un consulente che gli promette buoni risultati. Ma poco prima di andare davanti alla Commissione per il ricorso, Daniel si sente male e va in bagno. Qui un nuovo infarto lo stronca. A Katie non resta che urlare tutta la sua disperazione.

Epilogo
Durante la cerimonia funebre, Katie, dopo aver esaltato la figura di quest’uomo generoso, legge un foglio che Daniel aveva addosso e che avrebbe voluto leggere davanti alla Commissione: «Non sono un cliente, né un consumatore, né un utente. Non sono un lavativo, un parassita, un mendicante, né un ladro. Non sono un numero di previdenza sociale o un puntino sullo schermo. Ho pagato il dovuto, non un centesimo di meno, orgoglioso di farlo. Non chino mai la testa, ma guardo il prossimo negli occhi e lo aiuto quando posso. Non accetto e non chiedo l’elemosina. Mi chiamo Daniel Blake. Sono un uomo, non un cane. Come tale esigo i miei diritti. Esigo di essere trattato con rispetto. Io, Daniel Blake, sono un cittadino. Niente di più e niente di meno. Grazie».

Significazione
All’interno di tutto il materiale narrativo che si è brevemente analizzato, emergono due grossi filoni strutturali che concorrono ad esprimere la tematica del film.
Il primo, strettamente legato al titolo dell’opera, è in funzione della figura del protagonista. Daniel è un uomo semplice, un lavoratore che non può più lavorare perché malato. Ha vissuto esperienze dolorose, come la mancanza di figli che avrebbe desiderato e la malattia e la morte della moglie. Ciononostante ha mantenuto la sua dignità. Ha buoni rapporti con i suoi vicini e una particolare sensibilità nei confronti di chi, come lui, si trova nel disagio. Ciò lo porta a difendere Katie e i suoi bambini in tutti i modi, diventando per loro uno di famiglia. Soffre enormemente di fronte alla scelta della donna di darsi alla prostituzione e fa di tutto per convincerla a cambiare strada. Alla fine ha anche l’umiltà di chiedere aiuto a Katie per risolvere il problema dell’indennità. Un uomo vero al quale viene riservato un funerale povero (quello delle nove del mattino, il meno caro), ma che, secondo le parole di Katie, non era povero per loro: «Ci ha dato cose che il denaro non può comprare».
Il secondo filone si riferisce all’odissea che l’uomo deve vivere a contatto con istituzioni talmente burocratizzate da diventare cieche, ottuse, disumane. A parte il personaggio di Ann (che troviamo nel finale presente alla cerimonia funebre) che dimostra un po’ di umanità, tutti gli altri sono automi, forti solo di un regolamento tanto rigido da diventare un assoluto, incurante del vero bene delle persone. E tutto questo fa parte di un sistema socio-economico-politico che schiaccia chi è più debole e bisognoso, chi non sa fare uso delle nuove tecnologie, chi non ha i mezzi per pagarsi un consulente o un avvocato.
È un’esperienza kafkiana quella di Daniel, costretto a cercare un lavoro che non può fare, perché una “professionista della Sanità”, che fa parte di una compagnia americana incaricata dal Governo, con le sue assurde domande, gli ha tolto l’indennità di malattia. «Vorrei tanto togliermi qualche peso dallo stomaco», aveva detto Daniel mentre aspettava di essere ricevuto dalla Commissione per il ricorso. Ciò che Daniel ha scritto su quel foglio che verrà letto da Katie è una rivendicazione della propria dignità e un chiaro atto di accusa nei confronti di un sistema degenerato («Guarda, è buffo. Hanno la mia vita nelle loro mani», aveva detto Daniel a Katie durante l’attesa).
Alla fine Daniel muore, prima di aver ricevuto giustizia. E Katie è una donna sconfitta che, per allevare i suoi figli, deve fare la prostituta.

Idea centrale
Il sistema capitalistico del mondo occidentale, con il gigantismo della sua burocrazia, dimostra di essere disumano perché non sa ascoltare le ragioni dei più deboli, degli ultimi, dei bisognosi, ai quali non riconosce la dignità di esseri umani e che pertanto destina al fallimento e alla sconfitta.