Un sogno per vivere e non per sopravvivere
«Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà» (Papa Francesco, Firenze 2015).
Siamo chiamati a vivere nell’orizzonte di un sogno… un sogno di Chiesa che sa liberarsi dalla tentazione della sopravvivenza; un sogno di annuncio vocazionale vissuto con fiducia e coraggio; un sogno di formazione per essere più veri e coerenti; un sogno di testimonianza capace di “sporcarsi le mani” con la vita e con i problemi di ogni giorno.
«L’atteggiamento di sopravvivenza ci fa diventare reazionari, paurosi, ci fa rinchiudere lentamente e silenziosamente nelle nostre case e nei nostri schemi (…); la psicologia della sopravvivenza toglie forza ai nostri carismi, privandoli di quella forza creativa che essi inaugurarono (…); e inaridisce il cuore privandolo della capacità di sognare» (Papa Francesco, omelia, 2 febbraio 2017). Per vivere e non sopravvivere c’è bisogno di ritrovare spazi di contemplazione in cui ricaricare il cuore e imparare a riaffidare le nostre vite a Colui che ben conosce la zizzania che cresce in noi e può donarci lo sguardo del cuore sapienziale, lo sguardo di Dio. Una spiga di buon grano conta più di tutta la zizzania del campo; il bene conta più del male; la luce è sempre più forte del buio; la spiga di domani è più importante della zizzania di ieri.
Lo stagno delle ninfee, armonia verde del pittore francese Claude Monet (cf cover di questo numero), rappresenta quel sogno di vita verso la quale siamo chiamati con forza, con totalità, con passione. È una metafora della nostra esistenza: nella superficie di questo specchio d’acqua dai mille colori, si intravedono isole di ninfee, le cui corolle predominano sulle verdi foglie galleggianti. Monet ci regala uno scorcio di natura con una suggestiva ed unica sinfonia di colori, che evoca negli occhi e nel cuore di chi lo vede un senso di quiete e di riposante contemplazione.
Tornano alla memoria le parole rivolte nell’Apocalisse alla chiesa di Sardi: «Conosco le tue opere: ti si crede vivo, e sei morto. Sii vigilante, rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire» (Ap 3,12).
È un appello caloroso ai cristiani di quella città a svegliarsi, a ritornare vigilanti, a rianimarsi così da non essere intorpiditi quando il Signore verrà.
C’è ancora un seme vivo e fecondo a Sardi: un nucleo fedele e generoso di cristiani. A loro è indirizzata una parola di speranza, che si esprime nel simbolo delle vesti candide, segno di vita, di luce, di gloria.
E alle vesti bianche è associata l’iscrizione dei giusti nel “libro della vita”, in quel grande e misterioso codice in cui Dio segna tutte le vicende dell’umanità, anche le più segrete e oscure, ma soprattutto il bene compiuto dagli uomini e dalle donne di ogni tempo.
Il nostro sogno è di impegnarci a far crescere il buon grano; di amare soprattutto i semi di vita; di custodire con delicatezza ogni germoglio. Così anche le nostre vite fioriranno nella luce.