Negramaro
I Negramaro tornano con un nuovo ed emozionante video per il singolo Lo sai da qui, brano tratto dall’ultimo e fortunato album “La rivoluzione sta arrivando”.
La canzone sarà parte integrante della colonna sonora di Non è un paese per giovani, film di Giovanni Veronesi in uscita a marzo 2017.
Il video, diretto dallo stesso regista, è stato girato tra Cuba e Salento, luoghi in cui sarà ambientato lo stesso film.
Lo sai da qui è senza dubbio uno dei brani più emozionanti dell’ultimo disco dei Negramaro. Una canzone scritta e dedicata da Giuliano Sangiorgi a suo padre, venuto a mancare tre anni fa.
Nel video sono rievocati i pescherecci che sono segno di un forte legame con il papà e con la Sicilia, terra di origine dell’autore. È il padre che scrive una lettera aperta al figlio: «Ti mostrerò com’è speciale il mondo; anche se fa male, non è quel posto da lasciare, è ancora presto per partire».
Di fatto, come lo stesso frontman dei Negramaro ammette, lui questa canzone non l’ha realmente scritta, ma trascritta, quasi come se, in una tranquilla mattina di domenica, l’anima di suo padre si fosse fatta prestare le sue mani, guidandole sulla carta per dar forma al brano. Dall’alto, il padre racconta al figlio come si vedono la vita, la storia, le vicende, le scelte:
«Il brano Lo sai da qui, dedicato a mio papà, mi ha portato una rivoluzione dentro totale e mi ha aiutato a comprendere che la vita è un dono incredibile; mio padre mi ha lasciato proprio questo insegnamento: ora so quanto è importante vivere e non sopravvivere».
Lo sai da qui è la ricerca di una relazione, di un rapporto che vada oltre la morte e sia duraturo, conosca il sapore del per sempre e dell’eternità. La morte, in questo testo, consegna l’esperienza del vuoto e diviene occasione di riflessione. È punto di partenza di domande essenziali ed esistenziali che danno l’energia e spronano a ripartire. Servono la forza e il coraggio, il recupero della vitalità, la tensione della memoria. Sono gli argomenti che hanno dato il via alla “Rivoluzione” che caratterizza l’album.
Con Lo sai da qui la voce di Sangiorgi ci accompagna in un viaggio nel mondo trascendente, ci porta dove non potremmo mai arrivare se non con la forza della fede e della vita; della fede nella Vita
Un diario di bordo nel quale viene descritta la natura e la pace di quelle persone care che finalmente hanno raggiunto la capacità di ascoltarsi senza interrompere, che dal silenzio e nel silenzio riescono a sentire i pensieri di chi, con noi e in mezzo a noi, fa fatica semplicemente a far emergere i propri pensieri.
Il papà dell’autore ha trovato il suo spazio, si confonde tra gli angeli e da un luogo dove non esistono i colpevoli continua a parlare a suo figlio. Lo vuole vedere tenace e determinato, consolato nella comunione con la sua presenza spirituale percepita pienamente.
Lo accompagnerà così nel viaggio tortuoso, tanto difficile quanto affascinante, che è la vita.
Fede nella vita
Il testo della canzone è un annuncio di vita, un invito alla fede.
È una chiamata ad accogliere la possibilità di essere attenti a sé e protesi verso l’altro; è occasione reale di essere sempre insieme, di essere felici, di fare dell’incontro una festa qui, nella storia e oltre, dove il tempo si consegna all’eternità.
La prima parola che apre il Vangelo dell’Annunciazione è «Chaîre!», «Rallegrati. Sii felice» (Lc 1,28). La fede fa felici: «Beata perché hai creduto» (Lc 1,45).
La fede salva: «La tua fede ti ha salvato» (Mc 10,52). Coraggio, non temere, abbi fiducia! È l’atteggiamento necessario davanti alla vita: occorre uscire dal timore, dalla sfiducia, dalla mancanza di attesa, dalla visione di se stessi come non degni di essere amati. Così si impara a camminare nella vita, ad avere accesso alla ricchezza della vita, a quella che l’altro ci vuole consegnare e a Dio.
La fede non è un percorso di ragionamenti, ma di domande e di piccole chiarezze che impegnano a non costruire mura spesse e sicure entro le quali trincerarsi in difesa e protezione; la fede obbliga ad uscire verso noi stessi, costringe a non dispensarci dal pensare ai grandi temi della vita e della morte. È un aiuto, la fede, a costruire per noi, in noi, quelle responsabilità che possono diventare orizzonti di pienezza e di futuro.
Perciò è bello parlare della gioia di credere, di una fede felice.
Perché credere fa bene e fa felici.
Aver fede, porre fiducia in qualcuno, è generativo di umanità, raddoppia la vita, porta esultanza negli incontri, afferma una esistenza consistente, con una direzione, con un obiettivo, con un approdo.
L’atto di fede in Dio e nell’uomo, salva dal disorientamento e fa sì che il cuore si senta a casa. Quando si sta bene a casa, si fa esperienza di eternità; è quel per sempre che è stato promesso a tutto ciò che di più bello portiamo nel cuore.
Una promessa di eternità per i nostri amori, per quegli incontri che abbiamo voluto e coltivato con amore, per le scelte che abbiamo cercato e compiuto, non sempre senza fatica.
Allora la fede è passione per ciò che esiste, è una forza che cambia la vita, che fa bene alla vita, che moltiplica il cuore nella vita.
Fa ritrovare la fiducia scomparsa, fa scoprire dentro le qualità positive, fa dare fiducia agli altri, senza averne paura, fa tornare a credere nella solitudine, nella riflessione, nel silenzio come virtù.
Se nei solchi del quotidiano, nelle ore di lavoro o negli incontri del giorno, costruiamo legami di fiducia, se siamo affidabili e credibili, se mettiamo in rete fedeltà e generosità, se allarghiamo il numero dei fiduciosi e dei generosi, allora per la nostra città e per la gente che ci è affidata noi diventiamo spazio per l’ingresso di Dio nel mondo, spazio di eternità.
Ma bisogna imparare di nuovo l’incanto. Bisogna salvare lo stupore perché la capacità di felicità è direttamente proporzionale alla capacità di meravigliarsi. È vero quel che afferma Gilbert Keith Chesterton «Il mondo perirà non per mancanza di meraviglie, ma per mancanza di meraviglia».
Vita oltre la vita
Sappiamo bene cosa è la vita e ne facciamo esperienza. La vita è fatta di semi e di miracoli, è fatta di argilla e di amore, di attese e di compimenti.
Vita è respirare, ridere, amare, gioire, lottare, vincere, perdere; vita è l’infinita pazienza di ricominciare. Questa è la vita che quando ti prende, ti trasforma: «Per me vivere è Cristo» (Fil 1,21). Una storia che si è lasciata prendere dalla pietà, dall’amore per la pace e la giustizia, dal bene limpido e intero; è una quotidianità riempita di consistenza, che sa andare oltre ciò che è così limitato eppure così limitante: la morte
È una vita di Risurrezione! Mostrata con tutto se stessi e fiorita nella gioia.
Perché i verbi della fede si coniugano in una vita umanissima in cui siamo viventi, desideranti, in divenire. Dove si diventa capaci di vedere con occhi e consapevolezza nuovi, con uno sguardo diverso che coglie sempre un di più di vita, un di più di amore, anche quando si insinuano tra le pieghe della storia il dolore e la morte.
«Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto» (Gv 11,21).
La fede generosa di Marta, sopraffatta dell’emozione, si sbaglia.
Anche noi pensiamo come lei: in questo mio dolore, dov’è Dio?
Se Tu ci fossi stato, se la tua Provvidenza non si fosse distratta… E invece Dio è qui, sempre, ma non come esenzione dalla morte, dalla perdita e dal dolore.
Gesù non ha mai promesso che i suoi non sarebbero morti. Per lui il bene più grande non è un infinito sopravvivere. Per Gesù l’essenziale è il vivere una vita risorta, da persone appassionate, compromesse con il bello e il buono! Così l’eternità è già in noi, entra in noi con i gesti del quotidiano amore.
Perciò il Signore ci insegna non ad aver paura della morte, ma ad aver paura di una vita vuota e inutile, disadorna e disabitata.
Siamo custodi di una promessa già realizzata: la risurrezione! È il nostro roveto ardente: un amore mai separato, ogni istante di bene mai perduto, il tutto di noi vivo per sempre nella luce del suo Volto. L’abbandono fiducioso a questo annuncio è allenamento al momento in cui ci verrà chiesta la vita. Si tratta di allenarsi alla qualità dell’amore, alla consapevolezza che l’Amore è sempre il compagno dei nostri passi.
Una preghiera per i defunti, forse la più bella, invoca: «Ammettili a godere la luce del tuo Volto». I verbi della fede cedono il passo ad un verbo umile e forte, umanissimo: godere. La ragione cede alla gioia. La stessa fede cede al godimento. Perché Dio, nella sua più intima essenza, non risponde al nostro bisogno di spiegazioni, ma al nostro bisogno di felicità.
Dalla pagina Facebook di Giuliano Sangiorgi:
«Finestrino di un aereo, quello solito, che mi riporta a casa, dai miei cari.
Domani, andrò a trovare mio padre, nel suo giorno, quello che mai avrei pensato lo sarebbe diventato: il 2 Novembre.
Con lui troverò tutte le persone che non ci sono più.
Da buon siciliano qual era e ancora è, mi ha insegnato a non temere la morte e addirittura a celebrarla come una vera e propria festa.
Non ho mai conosciuto suo padre, ma, in un giorno come questo, più volte l’ho incontrato: nei regali, che, come per tradizione, ogni anno, lui, insieme a tutti gli altri nonni volati in cielo, mi faceva trovare al risveglio di un giorno, che per tutti gli altri bambini era fatto solo di tristezze e cimiteri.
Per me e i miei fratelli era davvero una festa vera e propria. Mio padre era riuscito a farmi pensare al suo di padre nell’unico modo possibile: con la gioia del ritorno.
Oggi è lui diventato a sua volta nonno e, a mia volta, dovrò farlo diventare soltanto un pensiero felice per i suoi nipoti, i miei nipoti.
Il compito che morendo mi ha assegnato. Lo dovrò fare, con la morte nel cuore e la vita nelle parole, ma dovrò farlo, costi quel che costi.
La vita, che ancora è e sarà mio padre, la ritroverò negli occhi di Maria Sole, Francesco e Filippo. Sarà solo un riflesso luccicante di uno dei tanti giochi che troveranno al loro risveglio, ma sarà abbastanza per rubarne un po’ per me, per distribuirlo bene nei prossimi giorni e così ogni anno a venire.
L’ultimo regalo che mi ha fatto è stata una canzone, trovata nei miei pensieri appena svegli dopo una di quelle notti difficili e piene di dolore per la sua prematura dipartita. Lo sai da qui… ripetevo a memoria, come fosse qualcosa di già scritto e mai pensato, costruito.
Era il suo ultimo regalo per lasciarmi quella felicità che avrei dovuto concedere al pensiero del suo ricordo.
Mi ha ricordato come ricordarlo e farlo ricordare.
Una canzone per la vita che verrà.
In questi giorni, sarà il mio regalo per tutti quelli che vorranno solo poter tornare a vivere intensamente, perché, credetemi, è l’unico modo che abbiamo per non lasciarli andare via, mai: vivere e mai sopravvivere.
Casualmente è l’ultimo singolo della nostra rivoluzione.
Casualmente, il video è stato girato a Cuba, patria delle rivoluzioni.
Casualmente, mio padre amava Cuba e le rivoluzioni.
Casualmente, è il suo mese.
Casualmente, c’è ancora lui nei miei giorni.
Casualmente, lo amo ancora.
Ma non è un caso che lui resti, nei gesti inconsapevoli e in quelli meditati di tutto il tempo che mi resta».