Film: Divergent
Soggetto: Veronica Roth (romanzo)
Sceneggiatura: Evan Daugherty, Vanessa Taylor
Interpreti: Shailene Woodley, Theo James, Ashley
Judd, Jai Courtney, Ray Stevenson, Zoë Kravitz,
Miles Teller, Tony Goldwyn, Ansel Elgort, Maggie
Q, Mekhi Phifer, Kate Winslet, Ben Lloyd-Hughes,
Christian Madsen
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 139’
Origine: USA, 2014
A seguito di una terribile guerra di cui nulla viene rivelato, la società viene riorganizzata in cinque fazioni, distinte dalle propensioni che i suoi appartenenti possiedono: la sapienza e la scienza appartengono agli Eruditi, il coraggio e la spavalderia agli Intrepidi, la generosità e il servizio agli Abneganti, la gentilezza e l’armonia ai Pacifici e l’onestà e la verità ai Candidi. La giovane Beatrice (Shailene Woodley) scopre di essere una Divergente, ovvero possiede caratteristiche non ancora definite per il loro significato e le loro potenzialità e che ad una prima analisi sembrano richiamare elementi di tutte le fazioni. Mentre gli Eruditi, guidati da Jeanine Matthews (Kate Winslet) danno la caccia a questi “ibridi” che potrebbero ostacolare la loro scalata verso il potere, Tris – “il nuovo nome della protagonista…” – imparerà a fidarsi del suo istruttore Quattro (Theo James).
Valutazione pastorale
C’è un’originalità irriducibile che appartiene perlomeno all’originalità del chiamato, sempre unico e irripetibile come ogni persona umana; e poi, così crediamo, c’è un’originalità altrettanto irriducibile che appartiene alla iniziativa di Dio, e alla sua libertà.”
Nel corso della sua storia, la giovane protagonista vive un percorso interiore di riappropriazione della sua vera e piena identità e trova pienezza di senso nel rispondere a questa originalità donatagli “dall’alto” e che si porta nel cuore trasformandola in servizio per la sua comunità, malgrado il dover andare contro se stessa, il dover uscire da una situazione comoda, il dover mettere a rischio la propria vita. In un cammino graduale – non privo di sofferenze e di aggiustature di tiro! – Tris scopre che combattere contro il marcio che si nasconde dietro a una società controllata e che si appoggia su una menzogna per sopravvivere diventa l’espressione esteriore – la missione – della verità più profonda di sé
Fuor di metafora, il film può farci riflettere sull’intuizione vocazionale e su come tale desiderio interiore nel corso della storia della persona necessiti di chiarificarsi, provarsi, radicarsi a partire da una profonda esperienza di amore e di verità. Infatti, l’esperienza della chiamata – dalle figure bibliche, alla vita dei santi, agli odierni vocati – ha sempre un cuore che è espressione della verità più profonda dell’io, della propria natura creaturale e del legame essenziale che si ha con il Creatore e con l’essere chiamati a fare la sua volontà. Essere chiamati vuol dire sentirsi amati intimamente nella parte più originale di sé e, conseguentemente, imparare a trovare il posto da occupare nel mondo e la relativa missione da portare avanti… Per questo la chiamata non può essere ridotta ad uno schema precostituito ma è primariamente risposta ad una intuizione di fondo che diventa il principio unificatore del proprio essere e delle proprie scelte di vita. Da questo “cuore pulsante” parte l’avventura della vocazione che ha bisogno di imboccare un sentiero specifico per realizzarsi. Si manifestano così dei dinamismi ricorrenti che consentono non solo di discernere ma anche di incarnare e di dare forma a questa originalità.
Alcune linee di tendenza, che sono espressione di una vera e propria fenomenologia della vocazione, ne rappresentano il suo sviluppo: stare bene nella preghiera, dar voce ad un desiderio e ad una passione che diventano impegno attivo nella chiesa, contemplare la bellezza di una famiglia che crede in Dio e fa delle scelte per amore, essere affascinati dalla figura del consacrato/a e/o di chi vive una scelta di vita impostata sulla radicalità evangelica, coltivare l’esigenza e costruire lo stile del dedicare la propria vita al servizio a favore degli ultimi (usando il linguaggio del film, degli emarginati), ecc.: caratteristiche comuni che dicono il dare forma all’intuizione vocazionale e l’orientarsi verso una elezione, ossia verso la definizione del proprio stato di vita. Acquisire una empatia simbolica con tali linee di tendenza, riconoscere i segni e il loro discernimento è la grande sfida che accompagna tutto il cammino di crescita e formazione vocazionale e che consente di orientare in modo definito la propria esistenza strutturandola su scelte che non solo sono espressione di tale originalità ma che rispondono anche alla continua esigenza del “dopo”: custodia, memoria viva, riforma… in una parola: conversione continua che garantisce il tener viva e il purificare l’intuizione vocazionale originaria e originante.
Districarsi nell’intuizione vocazionale.
Uno strumento privilegiato: la Parola di Dio
Jeanine – “Io voglio che tu scelga chi sei veramente e qual è il posto a cui appartieni e non per il desiderio di essere qualcuno che non sei ma perché arrivi a conoscere profondamente te stessa.”
Quattro – “La paura non ti paralizza, ti accende. A volte vorrei solo rivederlo. Vedere come ti accendi.”
Queste due battute, dette all’inizio della pellicola e a termine di uno sviluppo narrativo ormai compiuto, sono entrambe rivolte a Tris e risultano essere evocative della maturazione interiore – a livello di consapevolezze e di scelte – che vive il personaggio.
Il riferimento iniziale ad una parola guida che la provoca ad essere se stessa – anche se “proclamata” dall’antagonista! -, il coinvolgimento emotivo ed una capacità acquisita di orientare le energie interiori (emozioni positive e negative) a dare corpo ai desideri qualificanti il proprio essere, il trasformare le debolezze in punti di forza dicono un coinvolgimento esistenziale totale attorno ad un principio unificatore che è l’essere divergente e che diventa scelta di vita per una missione, per un servizio che ha a cuore il bene di una intera comunità (tutte le fazioni compresi gli emarginati).
“La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto” (Eb 4, 12-13).
La citazione della Lettera agli Ebrei consente di leggere in modo comparato frasi del film citate e messaggio rilevato, offrendo un linguaggio efficace proprio per descrivere come si sviluppa la chiamata e come determinati dinamismi umani siano parimenti dinamismi vocazionali.
All’origine della chiamata c’è l’ascolto della Parola, di una parola, di una frase, di una immagine che genera un’illuminazione interiore da cui tutto parte. Nella quotidianità del cammino di crescita e purificazione del proprio essere vocato, ancora una volta, c’è l’ascolto della Parola che dà solidità ad un sentire e ad una scelta di vita non lasciandola in balia di eventi e stati emotivi.
La Parola è come una spada tagliente che arriva fino al punto di difficile distinzione tra ciò che è movimento di pensiero e ciò che invece è movimento di spirito, tra quelli che sono i dinamismi emotivi/razionali e quelle che sono le mozioni spirituali che ogni persona che si pone in ascolto della Parola stessa vive.
Imparare l’arte del discernimento è frutto della meditazione della Parola ed è imparare a riconoscere, distinguere e leggere in maniera integrata pensieri umani e movimenti dello Spirito: è lo Spirito che suscita sentimenti di gioia profonda illuminando la persona sul legame intrinseco tra propensioni, limiti, storia, eventi vissuti, persone incontrate ed esperienza dell’amore del Dio di Gesù Cristo; è lo Spirito che orienta la persona attraverso la luce e guida il suo spirito (cf Rm 8,16) ad incamminarsi lungo una strada…
Gli schemi che seguono offrono una chiave di lettura sintetica e comparata tra l’essere divergente e l’essere vocato: un linguaggio alternativo per parlare dell’origine e dello sviluppo della vocazione.
Essere divergenti è… trovare il proprio nome
Divergent | |
Fazioni – Gruppi di appartenenza per ruolo, idea, fascino narcisista, approvazione e consuetudine sociale | Divergenti – Originalità che risponde alla verità più profonda dell’io |
Modello – Conformazione e controllo | Stile – Tale originalità permette di scoprire la verità di sé e di vivere una riappropriazione creativa e affettiva dell’appartenenza ad un gruppo: la protagonista trae piena vitalità, forza e prospettiva nuova nel vivere il proprio e il nuovo gruppo di appartenenza grazie allo scoprire e allo scendere in profondità in questo nucleo interiore |
Nome… Quattro | Nome… Tris – Quattro |
Nello sviluppo narrativo del film Beatrice scopre di essere una Divergente e comprende come questo suo essere originale mette in crisi il sistema delle fazioni e il modello della conformazione e controllo su cui si struttura la società in cui vive.
Nel corso della storia, la protagonista arriva a maturare l’idea che il suo modo di essere non è sbagliato e che non è una minaccia. È, invece, chiamata alla giustizia, alla libertà e alla missione del ridare piena dignità alle persone della sua comunità.
Per Beatrice la scelta del nuovo nome diventa evocativa di questa acquisizione interiore: iniziare a farsi chiamare Tris è simbolo del prendere contatto vivo col proprio essere divergente, del prendere le distanze da un modello sbagliato del vivere l’impegno civico e le relazioni sociali, del giocarsi in un impegno attivo per la propria comunità.
Nel modello della conformità e delle fazioni scegliere un nome equivale a scegliere un numero; e questo vale anche per una persona equilibrata e capace di combattere per la giustizia e aprirsi all’amore quale è Quattro!
Beatrice invece sceglie un nome che è espressione del suo essere divergente: Tris.
Tris che è la forma contratta del suo nome “di battesimo” dice: A) Un legame alla sua storia e alla sua originalità più profonda che non rinnega e che vive in modo “redento”. B) Una volontà implicita di essere il segno di un cambiamento di una struttura sociale profondamente ingiusta; un cambiamento dall’interno che diventa farsi carico e non vivere in modo disincarnato e infruttuoso – Tris = Tre vuol dire che anche lei non disdegna di scegliere un numero ma che dà valore a tale numero usando la propria creatività! C) Il dar voce all’amore che sin dal primo incontro abita e guida il suo cuore: Tris evoca un legame naturale con l’amato Quattro.
Vocazione è… custodire il cuore
Vocato | |
Stato di vita (consacrato, sposato, laico impegnato) – Ruolo; fascino per un gruppo di appartenenza; approvazione sociale… | • Intuizione vocazionale
• Imparare a discernere le mozioni interiori dello Spirito • Centralità della volontà di Dio |
Livello esteriore – Ruolo psico-sociale; sicurezza derivante da un modello comportamentale; identità “liquida” (cf il pensiero di Z. Bauman) | Livello interiore – Sentirsi pienamente se stessi in un coinvolgimento totale della persona a livello affettivo, psichico e spirituale; identità “solida” |
Fare | Essere |
“L’emergere di una risonanza emozionale dice che, in qualche modo, potrebbe essere stata “toccata” la grammatica fondamentale della persona.
[…] L’assenza dell’elemento emozionale, invece, sembra più frequente in quelle esperienze in cui la vocazione si presenta in maggiore continuità con gli aspetti dinamici e strutturali della personalità. Questo si verifica soprattutto in quei casi in cui è forte l’istanza legata ad un ruolo psicosociale più o meno definito, che si specifica, ad esempio, nella scelta per il ministero sacerdotale. In tali casi (nei quali perciò il linguaggio dell’innamoramento è meno in evidenza) il riassestamento della personalità in una sintesi nuova e magari inedita può essere meno significativo.” Il prendere contatto vivo con la propria interiorità – con il proprio cuore – e condizione necessaria per dare corpo ad una vocazione. Necessaria perché è solo il piano affettivo che dice un coinvolgimento totale e unificato della persona attorno alla originalità che Dio le ha donato e per cui la chiama: è l’essere pienamente se stessi che dà senso, passione e vitalità allo giocarsi nell’avventura della vocazione.
È l’interiorità che da la forma dell’esteriorità e non viceversa (cf Lc 11,37-41). È l’interiorità che permette una riappropriazione sana della propria esteriorità. La vocazione potrebbe “partire da” ma non può radicarsi e strutturarsi semplicemente sul fascino di un gruppo di appartenenza, né mettere radici sul solo appagamento di bisogni estetici, di approvazione e/o di autorealizzazione. Una vocazione matura necessita di scendere in profondità: si rende solida grazie all’imparare a riconoscere le gioie vere e le mozioni dello Spirito, a consolidare l’intimità con Cristo, a porre sempre come prioritaria la volontà del Padre, ad avere il coraggio di fare verità su se stessi, a maturare nell’amore e nel coraggio del dono di sé… A custodire il cuore, ossia a tenere vivo il contatto con l’intuizione originaria che dice la verità più profonda dell’io e della missione a cui si è chiamati per la chiesa, nella chiesa e nel mondo.