Reciproca carità
Riportiamo qui un testo di Baldovino di Ford, tratto dall’opera La vita comune, nel quale si raccontano il senso, la bellezza e le esigenze della vita comune.
“Vi è un altro tipo di comunione, quella di quanti vivono in comunità. Di essi è detto: La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune (At 4,32). Perché l’essere un cuore solo e un’anima sola, così come la comunione di ogni cosa, fanno la vita comune. E questa riproduce in terra la vita degli angeli, per quanto lo permette l’umana fragilità. Infatti coloro che hanno un cuore solo e un’anima sola e ogni cosa in comune, che dunque sono in ogni cosa concordi e unanimi anteponendo sempre la generale utilità e il bene comune ai vantaggi personali, rinunziano totalmente a se stessi e alle proprie cose […]. Fra di essi lo Spirito di Dio è amore, legame e comunione: più è grande l’amore, più forte è il legame e più piena la comunione, e viceversa: più è grande la comunione, più forte è il legame e più pieno l’amore. […]
Quanto a noi, fratelli amatissimi, non siamo pigri per ciò che riguarda il nostro impegno nella vita comune. Conserviamo l’unità dello spirito nel vincolo della pace, mediante la grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito santo. Dall’amore di Dio procede l’unità dello spirito; dalla grazia del Signore nostro Gesù Cristo procede il vincolo della pace; dalla comunione dello Spirito santo procede quel comunicare che è necessario a quanti fanno vita comune perché possano far vita comune. L’amore di Dio opera l’unità dello spirito. […]
Quest’unità che l’amore di Dio costruisce in noi viene poi conservata nel vincolo della pace attraverso la grazia del Signore nostro Gesù Cristo. […] Che è mai questa pace che da Cristo ci vien data e nel cui vincolo è conservata l’unità dello spirito? È la reciproca carità della quale cerchiamo di amarci l’un altro. […] Che significa reciproca carità, se non «ciò che è mio è anche tuo»? […] La reciproca carità è comune, non può esser privata della comunione d’amore. E oltre a essere reciproca deve anche essere ininterrotta, altrimenti non vi sarà né vincolo di pace né legame d’amore. È ininterrotta quella carità che è fondata sulla verità, che non viene spezzata da rancori o da sospetti, che anzi viene costantemente coltivata e nutrita da una reciproca accettazione e una reciproca sottomissione; che viene custodita con delicatezza e prudenza perché non venga meno; che non è adombrata da alcuna finzione.
Questa carità è di quanti veramente accettano di amarsi in Cristo non a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. Questa carità Cristo la imprime, la fissa, la incide nei nostri cuori profondamente con la parola e con l’esempio quando dice: Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati (Gv 15,12). In questa carità, vincolo della pace, viene conservata l’unità dello spirito. Questa è la legge della vita comune: l’unità dello spirito nell’amore di Dio, il vincolo della pace in una reciproca e ininterrotta carità di tutti i fratelli, la comunione che viene dal mettere in comune ogni bene allontanando decisamente ogni occasione di proprietà personale come estranea all’idea stessa di vita religiosa.
A proposito della concordia che viene dalla reciproca carità esaminiamo la nostra stessa natura, quella del nostro corpo. Essa ci esorta a conservare la pace, dato che anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo, membra gli uni degli altri. Un solo spirito vivifica l’intero nostro corpo attraverso tutte le membra e le loro giunture e articolazioni; e suscita la reciproca pace, nella quale è serbata l’unità dello spirito. La suscita attraverso una reciproca accettazione e una reciproca sottomissione delle membra. […]
Se unanimi e concordi, nella purezza del nostro impegno monastico noi cerchiamo di amare Dio, senz’alcun dubbio l’amore di Dio viene riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo, e l’unico Spirito di Dio vivifica quest’unico corpo che noi siamo. Così nessuno di noi vive per se stesso ma per Dio, e noi tutti, grazie all’unico Spirito che abita in noi, viviamo nell’unità dello spirito. Quest’unità di spirito che è presente in noi grazie all’amore di Dio è in noi conservata in virtù del nostro voler bene al prossimo, che ci consente al tempo stesso di rimanere saldi nel voler bene a Dio, e rimanendo in questo di rimanere in Dio e Dio in noi. Nel voler bene al prossimo si rivela, si dilata e si fortifica il voler bene a Dio.
[…] Dunque nel voler bene al prossimo, come attraverso un legame d’amore e un vincolo di pace, l’amore di Dio e l’unità dello spirito vengono da noi trattenuti e in noi serbati. Chi non vuol bene al fratello si scosta dall’unità dello spirito, non ama Dio e non vive dello Spirito di Dio, ma del suo proprio spirito: vive ormai di se stesso, non di Dio.
[…] Chi dunque riceve da Dio un dono suo proprio dev’essere cosciente di averlo non per sé soltanto, ma per Dio e per il prossimo. Per Dio, cercando quindi nel dono di Dio non la gloria personale ma la gloria di Dio; per il prossimo, fissando sempre lo sguardo sull’utilità comune e non sulla propria. La carità infatti non cerca il suo interesse, ma quello di Gesù Cristo; ama la comunione …
[…] Una grazia è in qualche modo vissuta in comune da chi la possiede e da chi non la possiede quando chi la possiede la possiede per l’altro poiché la comunica, e chi non la possiede la possiede nell’altro poiché l’ama. La comunione dello Spirito santo porta a mettere in comune anche le sofferenze e le debolezze dell’uno e dell’altro. Se infatti la carità è paziente, capace di patire, essa è anche capace di compatire; e chi compatisce con colui che patisce fa sua la sofferenza di un altro, sì che quell’unica sofferenza divenga comune a entrambi: per l’uno sarà un piangere nei patimenti, per l’altro sarà un compiangere nell’affetto. E se le sofferenze dei giusti sono comuni, di conseguenza anche le loro consolazioni saranno comuni: chi per l’affetto che viene dalla carità sa piangere con chi piange sa anche rallegrarsi con chi si rallegra.
Che sovrabbondanza d’affetto, che viscere di carità sono rivelate dalle parole dell’apostolo! Ascoltiamolo: Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema? (2 Cor 11,29). Ciò ch’egli fa, anche gli altri devono farlo: Portate i pesi gli uni degli altri (Gal 6,2).
[…] O spaziosa carità, dilatatrice di spazi, quanto è grande la tua casa, quanto è vasto il luogo del tuo dominio! Non costringiamoci a stare allo stretto nei nostri cuori, non lasciamoci imprigionare entro i confini ristretti della nostra infima giustizia. La carità fa spaziare la nostra speranza fino alla comunione dei santi […] quando Dio tergerà ogni lacrima dagli occhi dei santi. Allora tutti i santi avranno come un cuore solo e un’anima sola; ogni cosa sarà fra loro comune, quando Dio sarà tutto in tutti. Perché possiamo giungere tutti a questa comunione e ci raduniamo in unità, la grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito santo siano con tutti noi. Amen.”
(Baldovino di Ford, La vita comune, 31)