Una mistica sacramentale
Mosè chiede a Dio di mostrargli la sua gloria, di mostrargli il suo volto (Es 33,11), ma Dio pare negargli questa richiesta, perché nessun uomo può vedere Dio e restare vivo (Es 33, 20).
Sembra quasi attenderci una delusione di fronte al grido del desiderio più profondo del nostro cuore: vedere Dio. E invece, come sempre, Dio ci precede con una logica altra. E continua a manifestarsi nella realtà che ci circonda. Tutto in tutti (1Cor 15,28).
A questa visione si protende ogni vita religiosa nel desiderio e nella speranza. Vivere faccia a faccia con Dio come il Figlio vive dinanzi al volto del Padre. Faccia a faccia. Non è soltanto intimità dell’amico con l’amico, è il dono totale di sé a Dio e il dono totale di Dio all’anima. Più che una semplice amicizia, è l’unità della vita divina il termine della preghiera. La mistica cristiana deve giungere a questo: ut sit Deus omnia in omnibus (1Cor 15,28). […]
Dio si dà all’uomo e traluce attraverso le cose. Le creature divengono segni, per un intervento di grazia si fanno trasparenti, e attraverso di loro l’uomo percepisce qualche cosa della sovrana bellezza, qualche cosa della divina potenza. […]
L’uomo, quaggiù, non può reggere al peso della gloria di Dio. Nessun uomo può vedermi e restare vivo (Es 33,20). Però, se è impossibile vedere Dio faccia a faccia, non è impossibile all’uomo vederlo attraverso dei segni. La mistica cristiana, come la mistica ebraica, è una mistica sacramentale: tutta la creazione ci parla di Dio, reca un vestigio della sua bellezza, porta il segno, il sigillo della sua potenza.
(Divo Barsotti, Meditazioni sull’Esodo, San Paolo 2008, pp. 228.232.233)