N.03
Maggio/Giugno 2021

Perdonati e poi mandati

Il Santuario

 

La chiesa dei frati francescani Cappuccini, dedicata alla Trasfigurazione di Nostro Signore, oggi conosciuta come santuario di San Leopoldo Mandić (1899-1942), è un edificio religioso di origine cinquecentesca sito nel borgo Santa Croce a Padova. Fu fondata come chiesa conventuale da una comunità di frati francescani Cappuccini giunti in quel luogo già nel 1554. L’edificio sacro fu quasi distrutto nella Seconda guerra mondiale. Il 14 maggio 1944, infatti, un bombardamento aereo alleato la colpì con diverse bombe. La chiesa fu riedificata e consacrata nel 1950. Al centro dell’abside campeggia un grande crocifisso ligneo di Luigi Strazzabosco. Nel primo altare laterale di sinistra, si venera una statua dell’Immacolata, rimasta prodigiosamente intatta nel bombardamento del 1944. Davanti ad essa, padre Leopoldo celebrava ogni giorno la Santa Messa. Sulla parete di fondo, sopra il portale bronzeo con santi e beati cappuccini veneti, si possono ammirare tre tele. La pala d’altare originaria della chiesa: Trasfigurazione di Gesù (Dario Varotari, XVII sec.), inoltre Gloria di san Leopoldo, con la B.V. Maria e Angeli (G.B. Tiozzo, XX sec.) e Incoronazione della Vergine (XVI sec.). 

Di fronte alla celletta-confessionale di san Leopoldo, si trova la cappella dove, dal 1963, riposano le spoglie del santo. La tomba del santo (che dal 2016 rimane in ostensione pubblica) è meta di un continuo pellegrinaggio. In una nicchia, è esposto il reliquiario contenente la mano destra del santo: per ricordare le innumerevoli volte che essa si è alzata e protesa per assolvere, benedire e consolare. La pala dell’altare della cappella, realizzata da Lino Dinetto, interpreta la missione di san Leopoldo: condurre le anime alla Santissima Trinità, per la mediazione di Gesù Redentore. È l’unico locale della chiesa sopravvissuto alle bombe del 1944. Tutto è rimasto come ai tempi del santo: una poltroncina e l’inginocchiatoio del penitente, uniti da un crocifisso appeso alla parete. Qui, per circa 33 anni, san Leopoldo ha trascorso gran parte della giornata nell’ascolto dei fedeli, nell’amministrazione del sacramento della Riconciliazione, nella preghiera silenziosa. Qui sostò in preghiera anche san Giovanni Paolo II il 12 settembre 1982. Singoli e gruppi sono invitati a percorrere un “percorso spirituale” che – snodandosi attraverso sette luoghi significativi riguardanti la vita e l’opera di san Leopoldo – si propone come momento di riflessione, preghiera ed esperienza della misericordia di Dio (anche online www.leopoldomandic.it/index.php/home/percorso-spirituale). 

 

Segni che chiamano 

 

Stare al centro dell’attenzione in quell’esperienza, in cui il tuo nome sembra riecheggiare in ogni dove e ti sembra per un attimo di essere al centro della storia del mondo, porta con sé l’inevitabile riecheggiare delle miserie di ciascuno che sembrano quasi far alzare polvere e non far più vedere chiaro il domani. Eppure, è un passaggio fondamentale di ogni storia! La Luce che ti raggiungere e la polvere che si alza… a raccontare il mistero che c’è dietro ad ogni vocazione, quell’incontro sproporzionato tra Dio e l’umanità di ciascuno. 

Polvere da raccogliere e da non buttare. È la miseria di ogni persona che accoglie l’invito a scommettere la propria vita sull’Amore, da non voler far sparire, ma da raccogliere perché racconta che da quel momento in poi tutto è grazia: il bene che si riesce a fare e le vite che si riescono a cambiare, le parole attraenti che si generano e i progetti che pian piano si realizzano. E quella polvere è lì, custodita da te, a raccontarti che non è del tutto merito tuo, perché se fosse solo per te… rimarrebbe solo polvere… e invece Qualcuno fa fermentare le possibilità di bene che porti con te e le fa diventare testimonianze di Luce. 

È questo il senso della misericordia, di quella misericordia raccontata da san Leopoldo Mandić nel suo piccolo confessionale, in quei momenti di profonda intimità spirituale in cui la sua parola era essenziale. Diceva: «nel confessionale non dobbiamo fare sfoggio di cultura, non dobbiamo parlare di cose superiori alle singole anime, altrimenti roviniamo quello che il Signore va in esse operando. È Dio, Dio solo che opera nelle anime. Noi dobbiamo scomparire». Una misericordia che, lì dov’è sperimentata diviene inevitabilmente compassione e la vita si fa casa per tutti, si fa scelta di sollevare pesi e croci. San Leopoldo, ai penitenti preoccupati per la penitenza da compiere, diceva: «Stia tranquillo, metta tutto sulle mie spalle: ci penso io». Solo chi si sente perdonato si sente poi mandato a fare della propria vita un capolavoro di carità. Dove tutto passa in secondo piano di fronte all’urgenza di coinvolgere quante più vite nella storia della salvezza operata da Dio. Fino a dire, con san Leopoldo: «È la mia vita! Tutto io devo fare per le anime, tutto, tutto! Io devo morire sulla breccia».