Luce plasmata
«Sia la luce!». E la luce fu. (Gen 1,3)
“Di questa sola opera io sento qualche particolar compiacenza nel fondo del mio cuore, e spesso per sollievo delle mie fatiche io qui mi porto a consolarmi col mio lavoro”. Con queste parole Gian Lorenzo Bernini parlava di S. Andrea al Quirinale, da lui realizzata di fronte al monumentale palazzo, allora residenza pontificia. Il progetto della chiesa del Noviziato della Compagnia di Gesù venne approvato da papa Alessandro VII nel 1658 e la costruzione completata dodici anni dopo, grazie alle sovvenzioni del cardinale Camillo Pamphili.
La chiesa è arretrata rispetto alla via del Quirinale: uno slargo delimitato da bracci curvilinei definisce il sagrato, ampliando illusionisticamente lo spazio e creando una piazza davanti alla stretta facciata in travertino. Un piccolo portico semicircolare su colonne ioniche, con i suoi gradini, si staglia al centro di essa ed invita ad entrare.
L’edificio ha una pianta ellittica posta, in maniera innovativa, in senso trasversale: lo spazio relativamente piccolo è quindi dilatato, ma allo stesso tempo non disgregato. Lungo il perimetro trovano posto una serie di cappelle laterali, che culminano nell’abside posto di fronte all’ingresso. Bernini articola l’interno in modo da far coincidere i punti estremi ai due lati della chiesa con due pilastri, anziché con cappelle, evitando di definire così un’asse trasversale significativo e mantenendo l’interno in una stringente unità. Tutto il perimetro dell’aula, con il suo liscio rivestimento marmoreo, è immagine del mondo sensibile, nel pieno di una tradizione che si può ricondurre indietro fino all’architettura bizantina, mentre la superficie cesellata, interamente rivestita d’oro, della cupola appartiene già ad una realtà divina.
Una coppia di colonne introduce al santuario, nel quale la tela opera del Borgognone, idealmente sospesa in un fondale azzurro che richiama il cielo, rappresenta la scena del martirio di S. Andrea, inchiodato ad una croce decussata. La luce divina illumina il suo volto, ed è una luce che Bernini mette fisicamente in scena, aprendo con una lanterna l’area sopra l’altare e accompagnando, quasi guidando, i raggi verso il basso attraverso la decorazione, in cui si inseriscono gli angeli pronti ad accogliere l’anima del santo.
Bernini, grande scultore, plasma infatti nelle sue opere la luce stessa. Con essa, immagine ed espressione sensibile del Dio invisibile, guida il fedele come guida la storia del santo, che ad essa rivolge lo sguardo nel momento della morte e che da essa è attratto. Il timpano che sovrasta l’abside è incurvato, ad ospitare di nuovo la raffigurazione dell’apostolo, questa volta una scultura, che ascende verso la cupola: la luce scende dalla lanterna, come scendono gli angeli in stucco che compongono una corona intorno ad essa, attira a sé S. Andrea e si riflette sull’oro che copre tutte le superfici, immagine di un cielo che non è più semplicemente circolare ma ellittico, come ellittica è l’orbita dei pianeti.
Bernini costruisce l’intero progetto attorno ad un unico tema. Profondamente legato alla spiritualità ignaziana, l’architetto propone una composizione che fonde armonicamente pittura, scultura e architettura, in modo da offrire a chi entra una visione.
Il tema attorno a cui tutto ruota è chiaramente il martirio di S. Andrea.
Tutta la ‘macchina’ dell’altare, con la lanterna, le schiere angeliche pronte ad accogliere il santo, e poi la statua che lo raffigura nella sua ascesa al cielo, che infrange il confine tra l’immagine e lo spazio in cui il fedele vive, è un invito a immergersi nella scena, con la mente, la volontà ed i sensi.
Il martirio dell’apostolo parla di testimonianza: egli è alter Christus, ma è anche il testimone oculare, colui che ha vissuto e fatto esperienza diretta e tangibile del Gesù uomo. Da lui e dagli altri apostoli parte quella linea ininterrotta di trasmissione della fede che giunge fino a noi.
La contemplazione che viene offerta nella chiesa di S. Andrea non è semplice narrazione o messa in scena di eventi legati da un rapporto di causa ed effetto, la storia dell’accettazione eroica di una morte atroce che ha come conseguenza l’accoglienza in paradiso, ma piuttosto un evento unitario: nell’abbracciare la sofferenza per amore incondizionato verso Cristo, nel dono completo di se stessi, è già insito quell’accesso al cielo.
Un altro elemento fondamentale dell’opera che Bernini mette in scena è la vicenda umana, personale, dell’apostolo, che viene portata a pienezza dell’accoglienza della chiamata. Le reti da pesca che decorano le finestre, come anche la stessa tessitura reticolare della cupola parlano infatti di un pescatore, uomo ‘comune’. Ed è in questa ordinarietà che entra la chiamata di Cristo. La chiesa di S. Andrea ci parla di vocazione, della chiamata di Dio che non stravolge l’identità dell’uomo, non la annulla né la cancella, ma, la porta a compimento; conduce alla pienezza il seme che è dentro ognuno.