Dio non salva dominando
Di fronte alla sofferenza, di fronte al male innocente l’uomo si chiede dove sia Dio.
Perché la sua mano potente (Cfr. Dt 7,19; Dt 26,8; Sal 136,12) non interviene con forza per cambiare le sorti della storia? Gesù sulla croce ci mostra un altro volto di Dio. Un volto mite, non contaminato dal male e dalla violenza dell’uomo. Il Figlio di Dio ci mostra la via di chi vince il male con il bene (Cfr. Rm 12,21).
Riportiamo di seguito un breve testo dal libro Oltre la morte di Dio di Robert Cheaib.
La Scrittura insegna che Dio non salva dalla sofferenza, ma nella sofferenza. Dio non manipola la creazione eliminando in anticipo il male, non elimina la zizzania prima del raccolto finale (Cfr. Mt 13,29), ma vince il male con il bene che i suoi eletti operano.
Nella croce il dolore causato dall’odio inconsapevole dell’umano diventa causa di salvezza attraverso cui l’amore consapevole si dona perdonando: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno»[1].
Il male perde, perché Cristo accetta di diventare preda, vittima immacolata, agnello condotto al macello senza aprire bocca (Is 53,3). Quel suo silenzio diventa la parola e la risposta più eloquente dinanzi al male.
Il male lo trafigge, ma non lo contamina. Tenta di giungere con la lancia fino al suo cuore, ma lì trova solo il culmine ostinato della donazione totale di sé, la luminosità del Bene assoluto ed estremo che lo stermina e lo annienta.
Dov’è Dio nel dolore? — è sulla croce. Lì, colui che ha accettato non tanto di morire, quanto di dare la vita (Cfr. Gv 10,18), non ci salva dalla croce, ma nella croce. Non ci salva dal dolore, ma nel dolore. Il suo dolore dona senso al nostro. «Nella Croce di Cristo non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza umana è stata redenta»[2]. Il dolore dell’uomo è assunto in quello dell’«uomo dei dolori» (Is 53,3). Alla luce di Cristo, si legge e si chiarisce il mistero della sofferenza. Si chiarisce, per così dire, il punto di vista di Dio e l’atteggiamento di Dio dinanzi ai vari volti del male e della sofferenza. «Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori» (Is 53,4).
Il dolore dell’uomo diventa il dolore di Dio perché Dio stesso lo assume. Dio non salva dominando, ma patendo. Non si accanisce contro l’infierire altezzoso del male facendone il gioco, ma spezza il circolo vizioso spegnendo il male nella mitezza del suo amore che perdona e si dona amando fino alla fine.
Nell’evento-Cristo si manifesta un volto inedito di Dio: un Dio che non salva con la potenza o la prepotenza, ma con la debolezza.
(Robert Cheaib, Oltre la morte di Dio. La fede alla prova del dubbio, San Paolo, 2017, pp. 62-64)
[1] Lc 23,34; cfr. Giovanni Paolo II, Lettera apostolica “Salvifici doloris” (11 febbraio 1984), nn. 13.18-23.
[2] Giovanni Paolo II, Lettera apostolica “Salvifici doloris”, 19.