Scendi e va’ con loro (At 10,20)
L’ordine del Risorto delinea il percorso geografico e teologico del libro degli Atti: «Di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (1,8). Il secondo tomo di Luca, tuttavia, narra la corsa della Parola prima nella città santa, poi nella regione intorno, quindi in Samaria, per arrestarsi a Roma, la capitale dell’impero. V’è cioè una differenza fra l’intenzione universale del Risorto e la sua limitata esecuzione nel racconto degli Atti, quasi a voler dire che la Parola non smette di correre ancora oggi e si diffonde, oltrepassando barriere di spazio e di tempo.
La Parola corre per mezzo di persone concrete: Pietro, Stefano, Filippo, Barnaba e poi Paolo. È per mezzo della loro obbedienza, ma pure vincendo le loro resistenze, che l’annuncio pasquale raggiunge i cuori.
Negli Atti, il grande salto nell’opera evangelizzatrice è l’annuncio ai gentili. Per i discepoli, tutti Israeliti, tutti cresciuti nella tradizione ebraica, anche solo l’idea di andare presso persone non appartenenti al popolo eletto creava non pochi problemi. Luca ci narra questo delicato, ma fondamentale passaggio per mezzo di una doppia visione. Un angelo di Dio si presenta a Cornelio, un centurione romano di stanza a Cesarea, ordinandogli di mandare a prendere a Giaffa un tale Simone, soprannominato Pietro (cfr. 10,1-8). Il giorno dopo Pietro, salito sulla terrazza per pregare, ha una visione strana: una tovaglia scende dal cielo e al suo interno ogni tipo di animali. L’ordine è perentorio: «Coraggio, Pietro, uccidi e mangia» (10,13). All’insistenza reiterata della voce, Pietro oppone resistenza, in nome delle regole alimentari della kashrut, le quali proibiscono ad un ebreo di cibarsi di animali impuri. Per Pietro è un momento di impasse: egli riflette, cercando di penetrare nell’enigma della visione, il cui significato gli è oscuro.
A questo punto si profila una sorpresa, narrativa e teologica. Lo Spirito stesso si rivolge a Pietro. È cosa rara nel racconto di Luca che lo Spirito parli ai personaggi. Lo Spirito si era rivolto a Filippo, ordinandogli di raggiungere il carro dell’eunuco (cfr. 8,29); poi chiederà alla comunità di Antiochia di mettere a parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ha chiamati (cfr. 13,2). Paolo, parlando agli anziani di Efeso, afferma che lo Spirito gli attesta che «lo attendono catene e tribolazioni» (20,23), cosa pure confermata dal profeta Agabo, il quale con una cintura lega i piedi e le mani dell’apostolo per indicare la sua futura persecuzione (cfr. 21,11). Ogni volta che lo Spirito interviene suscita una sorpresa, ma insieme fa compiere un balzo in avanti all’evangelizzazione, la quale passa anche attraverso le sofferenze.
Qui l’ordine è molto preciso, ma pure straniante: «Ecco, tre uomini ti cercano; àlzati, scendi e va’ con loro senza esitare, perché sono io che li ho mandati» (10,19-20). Partire con tre sconosciuti, tutti gentili, inviati da Cornelio non era cosa semplice per Pietro, la cui resistenza interiore è pari alla sua perplessità a mangiare cibi proibiti. Lo Spirito, però, non tentenna: accompagna l’ordine sia precisando la modalità dell’obbedienza di Pietro («senza esitare»), sia ribadendo la propria autorità praticamente indiscutibile («sono io che li ho mandati»).
L’intervento dello Spirito è esplicito, l’ordine divino perentorio, ma esso chiede l’obbedienza di colui che è chiamato. Senza il suo assenso non si realizzerebbe il grande salto dell’evangelizzazione, ovverosia l’annuncio ai gentili, uscendo per la prima volta dai confini del popolo eletto. L’ordine, tuttavia, si declina nell’accoglienza di persone precise, meglio, nella disponibilità a percorrere insieme a loro un cammino. Chi saranno mai quei non ebrei? E come è possibile che lo Spirito abbia inviato proprio dei gentili a Pietro?
La sorpresa dell’Apostolo è la stessa del lettore, quasi imbarazzato dal comando divino, ma pure curioso di capire che cosa il Signore stia preparando per Pietro e per la Chiesa. Proprio così Dio si fa conoscere.