Un disegno di bellezza
All’ombra delle absidi della cattedrale di Palermo, in via dell’Incoronazione, svetta la chiesa di Santa Maria in monte Oliveto, detta anche la “Badia Nuova”. Di origine normanna ed edificato su antiche fabbriche o magazeni della Cattedrale, l’edificio – un tempo era la chiesa del monastero dell’ordine delle Clarisse e anche delle Olivetane – è oggi la cappella del Seminario Arcivescovile. Varcato l’enorme portale marmoreo in grigio di Billiemi, alzando lo sguardo, si è immersi nella suggestiva istallazione barocca del sottocoro, costituita da stucchi, affreschi e marmi. Appena entrati nella Badia, la raffinatezza delle candide sculture realizzate dai fratelli Giuseppe e Giacomo Serpotta, insieme agli affreschi di Pietro dell’Aquila creano una perfetta armonia visiva e cromatica. La realizzazione del sotto coro, negli anni ‘90 del ‘600, avviene nel pieno del Barocco siciliano e della devozione del Regno di Sicilia all’Immacolata. Correva l’anno 1624, e la città di Palermo, messa in ginocchio dalla pestilenza, fece voto di difendere fino all’effusione del sangue l’immacolato concepimento. Da allora, statue, immagini e celebrazioni di questo mistero fiorirono in tutta l’isola. Allo stesso modo, anche il sotto coro fu ispirato dal pensiero immacolatistico che si diffuse in tutta Europa all’indomani della Riforma. In questo senso, la “propaganda” teologica attraverso le arti, diventa l’elemento fondante di tutta l’opera, con quel linguaggio di predicazione muta, teatrale e fatta di immagini, che permette di suggestionare i fedeli e di poterli istruire sulle cose di Dio. Alzando gli occhi verso il sotto coro, appare come segno grandioso la raffigurazione dell’Immacolata Vergine, caratterizzata dagli ormai consolidati attributi iconografici dell’Amicta sole: “Coronata di dodici stelle, la luna sotto i suoi piedi” (cf. Ap 12,1). Ai lati, in basso, sono dipinte le figure dei vegliardi Gioacchino ed Anna, estasiati per ciò che Dio Padre sta compiendo nella loro figlia. Al di sopra della Tota pulcra, la figura dell’Eterno sembra essere quella di un vero direttore d’orchestra che, con scettro e globo, dà avvio all’intero evento. Il progetto divino trova così pieno compimento nella storia di una coppia di sposi che diventano collaboratori dello stesso Creatore. Nel concepimento immacolato, la Chiesa contempla dunque l’importanza della vocazione familiare come canale di grazia per il mistero della redenzione dell’umanità. Continuando ad osservare l’opera, sotto la Madonna, appare la figura dell’apocalittico dragone, con fauci spalancate, pronto a divorare il figlio (cf. Ap 12, 4). Nel sottocoro, con tripudio di angeli, cherubini e putti, il cielo stesso sembra esultare e manifestare la gioia e la letizia per il progetto divino su Maria. Gli angeli, infatti, pare siano intenti ad organizzare una vera e propria festa, tengono in mano decorazioni floreali ed ogni sorta di elemento che possa contribuire a rendere davvero solenne e sontuoso il mistero celebrato. Nella decorazione si vuole evidenziare la partecipazione dell’intero creato: gli esseri visibili e invisibili, le piante, i fiori, il sole, la luna, le stelle; la creazione stessa, dunque, “nutre la speranza di essere liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 8,20). Nel meditare il mistero rappresentato, vediamo che l’umana natura della Vergine, concepita nel cuore e nella mente di Dio priva della colpa antica, è pronta ad accogliere la divina natura del logos. Grazie a questo misterioso scambio tra Creatore e creatura, Dio irrompe nella storia attraverso un bambino, attraverso la fragilità della natura umana. La riflessione che suggerisce il sotto coro è quella di Maria come modello per i credenti; siamo pienamente parte di questo progetto divino, non come spettatori di qualcosa che va al di là delle nostre potenzialità, ma come veri figli del Padre. Infatti, il Signore dal seno materno ci ha chiamati, dal grembo ha pronunziato il nostro nome (cf. Is 49, 1), scegliendoci prima della creazione per essere santi, immacolati, predestinandoci ad essere suoi figli (cf. Ef 1,6). Il principio che guida la creazione è la vita divina in noi, il progetto trinitario sull’umanità è la perfetta comunione con Lui. Da sempre Dio ci ha pensati per sé e con sé, come scrive Agostino: Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te (Confessioni, I,1,1). La vocazione alla santità diventa così per ogni donna e uomo il fine ordinario dell’esistenza e l’essere immacolati nella carità il senso della vita. Guardando Maria, siamo invitati a contemplare ciò che Dio compie in noi e, al pari di Lei, a pronunciare il nostro Fiat, perché si realizzi in noi la sua volontà e il nostro desiderio più profondo. Questa predestinazione non è un incentivo meccanico e nemmeno una costrizione, ma un vero progetto, un disegno di Bellezza che attende la nostra libera adesione per essere anche noi riflesso della sua luce.