Il desiderio più alto di Dio
Ogni vocazione è ricerca. Reciproca ricerca.
Ogni vocazione è anche invocazione. Reciproca invocazione.
L’uomo grida a Dio e il suo grido è così intenso da divenire la vocazione, il destino di Dio. Sembra che la prospettiva si ribalti… o forse che si apra a una nuova reciprocità.
Riportiamo qui un interessante testo di Antonio Sicari.
È ingiusto parlare soltanto di Dio che chiama l’uomo così intensamente da divenire per lui una «vocazione», c’è anche un uomo che chiama Dio, e quel grido è, per grazia, così intenso da diventare la vocazione, il destino di Dio.
L’uomo è dunque «il desiderio più alto di Dio», una vocazione che L’attrae irresistibilmente.
L’esperienza umano-divina di Cristo non può che conservare il segreto di questa vocazione radicalmente percepita e realizzata (e poi donata), di questo desiderio, totalmente placato, che Dio ha avuto del destino umano.
C’è innanzitutto un grido lontano, una voce che chiama Dio dall’abisso dell’umanità (abisso della creaturalità, ancor più scavato dell’abisso della colpa): una voce che non ha alcun potere su Dio, se non quello che Egli desideri concedere. Ma più ancora: una voce che l’umanità non ha nemmeno distillato da se stessa, ma ha inconsciamente estratto dal suo essere immagine di un Primogenito (dato che «tutte le cose – e soprattutto l’uomo – sono state create per mezzo di Lui, e in vista di Lui… e tutte sussistono in Lui», Col 1,16-17).
Per questa verità (che Cristo manifesterà nel più pieno splendore), ogni preghiera umana, ogni invocazione che l’uomo ha gridato al cielo è da sempre per Dio una vera vocazione, l’indicazione di una via che Dio «deve» percorrere, di un «destino» che Lo attende.
(Antonio M. Sicari, Chiamati per nome. La vocazione nella Scrittura, Jaca Book, Milano 1990, p. 102)