Decidere di se stessi per andare decisi verso il Signore
Una prospettiva dagli Esercizi Spirituali
Mi sia permesso di giocare in casa e di partire da una citazione di sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti, essendo pure io un presbitero della suo ordine religioso. Egli intitola così il libretto degli Esercizi Spirituali: «Esercizi spirituali per vincere se stesso e per mettere ordine nella propria vita senza prendere decisioni in base ad alcuna affezione che sia disordinata» (n. 21).
Utilizzando questo titolo come mappa di riferimento, propongo quattro punti che mi sembrano importanti al fine di decidere di se stessi per andare decisi verso il Signore.
1. Prima di tutto è necessario «Vincere se stesso e mettere ordine». Mi tornano alla mente i racconti della creazione e del peccato delle origini nel libro della Genesi (cf. 1-3). L’ordine che Dio creatore ha pazientemente costituto, plasmando tutto e ponendo al vertice di tutto l’uomo e la donna, necessita di essere riconosciuto e abitato. L’alternativa è di generare disordine. È l’alternativa realizzata dal e nel peccato.
Al kosmos (ordine, nella lingua greca) che Dio ha creato e disposto il peccato contrappone il chaos (disordine) di cui i primi 11 capitoli della Genesi danno ampia narrazione. In quel racconto il peccato originario, che dà vita ai singoli peccati, consiste nella sfiducia verso l’ordine che Dio ha pensato e donato perché l’uomo e la donna lo onorassero e ne godessero. Il peccato è disobbedienza, cioè mancata volontà di obbedire, nel senso etimologico di ascoltare stando di fronte. Solo stando di fronte a Dio che rivolge a noi suoi figli la Parola di salvezza, sarà possibile riconoscere l’autorevolezza di quella stessa Parola e il compito della libertà di decidere di se stessi secondo quella Parola, mai contro di essa.
Occorre vincere se stessi, in primo luogo, nel senso di mettere da parte il desiderio di essere autori dell’ordine della vita, che invece va riconosciuto come un dono di Dio e coltivato come un impegno quotidiano. Vincere se stessi significa lasciare che il vincitore sia colui che ci desidera vincitori, Dio che ci ha creati per amore e perché possiamo così vivere profondamente.
Che il “se stessi” sia l’ambito di una battaglia, che si vince solo lasciando vincere Colui che ci ha donato noi stessi, lo ricorda molto bene Gesù nel Vangelo: «Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: “Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro”. […] E diceva: “Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo”» (Mt 7,14-15.20-23).
Come dal cuore, dal “se stessi”, può uscire ciò che sporca la vita, così vincendo quella predisposizione da “se stessi” ci si può riempire della presenza vivificante di Dio.
2. In seconda battuta è necessario comprendere quale ordine effettivamente regola una vita buona e bella. Per un cristiano quest’ordine non può che essere Gesù Cristo morto e risorto. Mi piace proporre una citazione consistente, come ampiezza e qualità, di papa Francesco. «Tutta la vita di Gesù, il suo modo di trattare i poveri, i suoi gesti, la sua coerenza, la sua generosità quotidiana e semplice, e infine la sua dedizione totale, tutto è prezioso e parla alla nostra vita personale. Ogni volta che si torna a scoprirlo, ci si convince che proprio questo è ciò di cui gli altri hanno bisogno, anche se non lo riconoscono: “Colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio” (At 17,23) […] L’entusiasmo nell’evangelizzazione si fonda su questa convinzione. Abbiamo a disposizione un tesoro di vita e di amore che non può ingannare, il messaggio che non può manipolare né illudere. È una risposta che scende nel più profondo dell’essere umano e che può sostenerlo ed elevarlo. È la verità che non passa di moda perché è in grado di penetrare là dove nient’altro può arrivare. La nostra tristezza infinita si cura soltanto con un infinito amore» (Gaudete et exsultate, 265).
Gesù Cristo è il Logos, cioè (sempre dalla lingua greca) la ragione, il motivo per cui, a partire da cui e verso cui regolare se stessi e la propria vita. La lettura attenta e in clima di preghiera dei Vangeli ci permetterà di cogliere tutta la vita di Gesù, il suo stile, le sue parole, i suoi gesti, la sua dedizione totale alla vita dell’umanità. Mettere ordine nella propria vita significa lasciarsi ordinare dalla Parola del Vangelo, che attesta la vita di Gesù Cristo in tutti i suoi aspetti, da quelli più piccoli e apparentemente insignificanti al dono di se stesso che avviene nella Passione e che riceve conferma dalla Risurrezione, la vittoria definitiva sul peccato e sulla morte. La ragione di mettere ordine nella vita è che quella vita, l’esistenza di Gesù Cristo, è affidabile a motivo della vittoria finale. È la vita indiscutibilmente giusta.
3. Il terzo passaggio, seguendo il titolo assegnato da Ignazio di Loyola ai suoi Esercizi Spirituali, è la necessità di prendere decisioni. La vita di ogni uomo e donna si gioca quotidianamente nell’esercizio della libertà, che fondamentalmente decide verso quale direzione orientare i pensieri e le scelte. Le decisioni vanno prese con lo scopo e il fine di donare se stessi secondo lo stile della donazione totale di Gesù Cristo.
La Preghiera Eucaristica della Riconciliazione II del Messale si esprime così: «Tu stesso, o Dio nostro Padre, ti sei fatto vicino ad ogni uomo; con il sacrificio del tuo Cristo, consegnato alla morte per noi, ci riconduci al tuo amore, perché anche noi ci doniamo ai nostri fratelli». Siamo ricondotti all’amore di Dio Padre per poter a nostra volta con amore donare non qualcosa, ma noi stessi, ai nostri fratelli e alle nostre sorelle. Il criterio discriminante delle decisione, ovvero il criterio discriminante della libertà, è il dono nell’amore di noi stessi. La decisione di sé è quanto di più intimo un uomo e una donna possano vivere. È felicemente paradossale notare che questo atto intimo è rivolto non al ripiegamento su se stessi, ma al dono di se stessi, all’uscita da se stessi.
Mi permetto di citare ancora un passo di papa Francesco che orienta alla dimensione “missionaria” del prendere decisioni, cioè del bene che si desidera realizzare. «Il bene tende sempre a comunicarsi. Ogni esperienza autentica di verità e di bellezza cerca per se stessa la sua espansione, e ogni persona che viva una profonda liberazione acquisisce maggiore sensibilità davanti alle necessità degli altri» (Evangelii gaudium, 9).
4. Infine mi pare importante spendere qualche parola sugli affetti che ci ordinano. Il rischio è di lasciarsi guidare da affetti disordinati. L’opportunità è di avere in noi «gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5).
I sentimenti, gli affetti, sono quelle realtà che si muovono dentro di noi e ci muovono fuori di noi. Proprio per la forza di movimento che manifestano è necessario imparare pazientemente a dare loro un nome, a riconoscerli, in modo tale da poter mettere a tacere e disinnescare ciò che vi è di disordinato, così come da poter dare valore e alimento a ciò che vi è di ordinato al fine. Il fine è lo stile di vita di Gesù Cristo morto e risorto. Decidiamo di noi stessi per andare decisi verso il Signore.