Decise nello Spirito di attraversare (At 19,21)
Che lo Spirito sia uno dei protagonisti indiscussi della cosiddetta “doppia opera lucana” è ben noto. Dall’inizio del vangelo, in cui l’empowerment profetico di due donne gravide suggella la continuità tra Antico e Nuovo (Lc 1,39-56), alla fine del libro degli Atti, in cui Paolo nell’ultimo discorso dai suoi arresti domiciliari a Roma riprende le parole suggerite dallo Spirito santo al profeta Isaia sulla salvezza inviata alle nazioni (At 28,25-28), la pneumatologia è certamente uno dei fili portanti della tessitura teologica che accomuna il terzo vangelo e il libro degli Atti. Più in particolare, poi, il riferimento allo Spirito diviene stringente per il fatto che Luca è molto attento alla dinamica storica che fa da imprescindibile condizione per l’economia dello Spirito. L’itineranza evangelizzatrice di Gesù o l’impegno missionario di Pietro e di Paolo sono espressione privilegiata di questa dinamica. Per questo, entrambe sono messe in moto e condotte dallo Spirito.
Il testo di At 19,21, che a prima vista ha un carattere del tutto descrittivo, ci permette in realtà un affondo problematico di un certo interesse.
«Dopo questi fatti, Paolo decise nello Spirito di attraversare la Macedonia e l’Acaia e di recarsi a Gerusalemme, dicendo: “Dopo essere stato là, devo vedere anche Roma”»: lo Spirito presiede alla strategia missionaria di Paolo. E si tratta – val la pena di notarlo – di vera e propria strategia, non soltanto di scelta, di un itinerario missionario conveniente. Dall’intestazione stessa del Libro degli Atti sappiamo infatti che l’autore mira a una ricostruzione storica della genesi della missione cristiana che intende presentare e accreditare una precisa visione teologica della storia. Punteggiata passo dopo passo dal riferimento allo Spirito che ne garantisce il filo conduttore, la missione cristiana parte da Gerusalemme, trova in Antiochia il suo centro propulsore e approda a Roma, cuore dell’Impero.
Quale dunque il ruolo attribuito allo Spirito in questa visione teologico-provvidenziale della storia della missione protocristiana? Il nostro testo veicola una domanda tutt’altro che banale, una domanda che, di fatto, ha a che fare con la nostra comprensione del rapporto tra libertà individuale e obbedienza allo Spirito. Stando al testo, cosa significa che Paolo prende una decisione «nello Spirito»? Poco dopo, ancora una volta ci viene detto che Paolo deve prendere una decisione riguardo al suo percorso di viaggio, ma questa volta non si fa alcun riferimento allo Spirito: «Mentre si apprestava a salpare per la Siria, decise di fare ritorno attraverso la Macedonia» (20,3).
Si dirà che proprio il confronto tra questi due testi lascia supporre che allo Spirito deve essere riferita non qualsiasi decisione, ma l’intenzionalità di una decisione. Nel primo caso, infatti, Paolo sembra obbedire al senso teologico più profondo della sua strategia missionaria, quello che la collega alle due chiese madri di Gerusalemme e di Roma, mentre nel secondo caso la sua decisione è forzata dagli eventi dato che, dopo tre mesi di permanenza ad Efeso, ci fu un «un complotto dei Giudei contro di lui mentre si apprestava a salpare per la Siria» (20,3). Non è una differenza da poco.
Il nostro testo, poi, induce un’altra questione, non meno importante anche se destinata a rimanere aperta: ex ante o ex post? Intestare allo Spirito una decisione umana significa attribuire la genesi dei fatti alla sua spinta anticipatrice o piuttosto è frutto di una rilettura teologica a posteriori di quanto accaduto? In altri termini: Paolo va in Macedonia in forza di una visione che lo guida oppure l’autore di Atti rilegge teologicamente le sue scelte missionarie e le presenta come risultato della potenza dello Spirito? Profezia o apologia? Non è una questione secondaria, anche perché vale sia per la vita individuale che per quella collettiva, nel micro e nel macro. Soprattutto, è una questione che ci spinge ad andare più in fondo. Conosciamo il significato del termine “decidere” come sappiamo quale sia la funzione da attribuire allo Spirito. Cosa significa, però, quella preposizione articolata “nello”?