Di me ha cura (Sal 40,18)
Ogni vocazione disegna una storia unica ed irripetibile. Nell’originalità di ogni chiamata ci sono tuttavia alcuni aspetti che ritornano come costanti dell’incontro con Dio e della sua presenza. Di solito si scomodano le grandi figure bibliche per tratteggiare la narrativa dell’incontro che cambia la vita, la grammatica della promessa, la sintassi dell’invio: Abramo, Mosè, Gedeone, Eliseo, Maria, Pietro… Meno facile, ma non meno interessante, è ascoltare il cuore di un chiamato attraverso la sua preghiera: quali sono i suoi sentimenti, le paure e le convinzioni? Quale il suo sguardo sulla sua vita e su Dio? Osserviamo il Sal 40 attribuito a Davide. È un inno di ringraziamento, di lamento e di fiducia, sentimenti tra loro inestricabilmente combinati. Tra le affermazioni più caratterizzanti troviamo: “Ecco io vengo” al v. 8 e “Il Signore ha cura di me” al v. 18, che sono al cuore di ogni vocazione.
Il Salmo presenta anzitutto la “narrazione di una grazia ricevuta: l’orante riconosce che la speranza ha un suo compimento, che il grido viene accolto e riconosce le opere che il Signore ha fatto per lui: Dio si è chinato, lo ha fatto risalire, lo ha innalzato, lo ha reso stabile… ha messo sulla bocca un canto nuovo (vv. 2-4). La cosa non rimane inosservata, molti vedranno e avranno fiducia nel Signore (vv. 4b-5), per questo il salmista celebra la bontà del Signore e racconta la sua personale vicenda in cui ha sperimentato una chiamata più intima, ossia “l’orecchio forato” secondo il rito degli schiavi volontari (vv. 7-9). L’orante non ha tenuto per lui questa esperienza e nella grande assemblea ha annunziato la salvezza ricevuta (vv. 10-11). Ma una nuova prova sta travolgendo il salmista (vv. 12-13) che chiede aiuto al Signore (v. 14) affinché siano confusi quanti lo vogliono rovinare (vv. 15-16). L’orante è sicuro che la sua preghiera è efficace, pur essendo misero e povero il Signore ha cura di lui, è suo aiuto e suo scampo (vv. 17-18).
L’espressione “Il Signore ha cura di me” del v. 18 riprende il senso di tutto il Salmo, rivela lo sguardo di Dio sull’orante e, allo stesso tempo, lo sguardo dell’orante su se stesso e sulla sua vita. Una constatazione amara: “Io sono povero e misero” (v. 18a) dice il senso del limite e delle ferite di una vita esposta, vulnerabile. Ma la forza dell’orante riposa nel verbo Hášäb che ha Dio come soggetto e lo scrivente come oggetto. Il verbo, costruito come nel nostro salmo, significa: “Occuparsi di, assistere, servire”.
Prende sempre più colore l’autocoscienza dell’orante: Dio c’era nel suo passato, si è occupato di lui quando gli ha donato un corpo, lo ha assistito quando lo ha tratto dalla fossa e lo ha servito quando gli ha “forato l’orecchio”, come segno di una predilezione particolare. Questo l’orante professa e testimonia lodando Dio nella grande assemblea.
L’autore è cosciente di questa cura speciale anche ora che invoca il soccorso nella tribolazione. Nel momento in cui l’orizzonte si richiude mostrando malanni, colpe e nemici, segno di una storia che di nuovo ha bisogno di salvezza, lui è sicuro: “Dio ha cura di me”. Una certezza nel cuore: “Dio è fedele e se ha reso sicuri i miei passi lo farà ancora”.
Il Salterio attribuisce a Davide il Salmo 40, ma chi si nasconde dietro al nome Davide del primo versetto? Il re pastore? Alcuni hanno intravisto il Servo di Jhwh, facendo riferimento ai quattro carmi di Isaia e in particolare a Is 50,4-5. Altri hanno scorto la comunità intera d’Israele, oggetto di aiuto e di cura particolare da parte di Dio. La Lettera agli Ebrei e la prima comunità cristiana hanno riconosciuto nell’orante del Salmo Gesù in dialogo con il Padre. In Eb 10,5-7, il Cristo rivela il dono del suo corpo ricevuto da Dio nel mistero dell’incarnazione e l’offerta di quel corpo come sacrificio unico ed efficace. Segno della sua totale disponibilità a fare la volontà del Padre. Questi due passaggi sono gli stessi che ritroviamo nel Sal 40: “Un corpo mi hai dato”, “ecco io vengo”. A tale offerta di sé, viene la risposta certa di Dio che l’orante, il Cristo e ogni chiamato, sperimenta: “Il Signore ha cura di me”.