Tutto chiede salvezza – Attività laboratoriale
Premessa
“Tutto chiede salvezza” è una serie di sette puntante prodotta per Netflix tratta dal libro omonimo di Daniele Mencarelli. La trama è la storia di Daniele, il giovane protagonista, che una domenica si risveglia in un ospedale psichiatrico senza ricordare nulla di come sia finito lì. Scopre presto di essere stato ricoverato per un TSO – trattamento sanitario obbligatorio – dopo una violenta crisi di rabbia.
La serie di sette puntate racconta giorno per giorno il ricovero da domenica a sabato. Non è mia intenzione spiegare cosa impara di sé e degli altri Daniele in quei giorni, ma per incuriosirvi condivido l’incipit della prima puntata. Daniele a poco a poco vede tornare la memoria e così inizia a ricordare cosa gli è successo la sera precedente il ricovero: è sabato sera; dopo aver passato la serata con gli amici e aver sniffato della cocaina, tornato a casa, è in preda di una fortissima crisi nervosa, durante la quale si scaglia contro i suoi genitori, colpendo con violenza il padre. Una verità molto scomoda e dolorosa da accettare. Quella che agli occhi degli altri, familiari in primis, appare come una bravata di un ragazzo arrogante, è invece il sintomo di un malessere psicologico importante. In ospedale, Daniele incontrerà le storie di altre persone che, come lui, attraversano un momento di grande fragilità e sofferenza. Una fragilità e una sofferenza di cui ancora troppo poco si parla e, se lo si fa, si etichetta con giudizi o diagnosi spesso poco disponibili a riconoscere il disagio psicologico e i disturbi psichici come condizioni di possibilità.
Il laboratorio intende invitare un gruppo di persone giovani (dalle superiori in su) e adulte a vedere in autonomia la miniserie per poi incontrarsi online e/o di persona per confrontarsi sul tema del benessere relazionale, emotivo e psicologico dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze che durante la pandemia hanno attraversato momenti di malessere per molti non ancora rielaborati e integrati nella propria esperienza. Infatti, da due anni a questa parte gli/le esperti/e stanno segnalando con grande preoccupazione un crescente malessere espresso nei più giovani in forme e intensità anche molto diverse. Sono in aumento le diagnosi di ansia, depressione, aggressività, disturbi alimentari e del sonno, dipendenza digitale, ritiro sociale, fino ad atti di autolesionismo.
Serie-forum
La serata in presenza o online richiede ai partecipanti il prerequisito di aver visto la miniserie o letto il libro per dialogare sul tema. Individuo la possibilità sia di organizzare l’incontro online che in presenza perché entrambe le situazioni offrono vantaggi e svantaggi. In breve, il principale vantaggio dell’incontro online è di riuscire a coinvolgere persone che vivono in territori distanti tra loro o di far partecipare i genitori di bambini/e piccoli/e che spesso la sera hanno difficoltà a uscire di casa per non poter lasciare i/le figli/e da soli/e. Il principale vantaggio dell’incontro in presenza è, neanche a dirlo, la possibilità di essere fisicamente presenti tutti insieme in uno stesso spazio fisico. Questo fattore, a determinate condizioni, favorisce lo scambio e il confronto. Scrivo a determinate condizioni perché per lungo tempo i nostri corpi sono stati silenziati e quindi non basta stare insieme per fare esperienza di vicinanza e convivialità. Nel caso si scelga l’opzione online suggerisco di non superare la durata di un’ora e mezza, mentre se si opta per la presenza è fondamentale posizionare le sedie in cerchio in modo da creare un setting dove sia evidente fin da subito che l’attività prevede il confronto alla pari.
Materiali interessanti
Per promuovere il dialogo ci sono due piste di riflessione da tenere intrecciate: la prima è chiedere ai/alle partecipanti di condividere le riflessioni a partire da sé, ovvero dalla propria esperienza personale. La fragilità e la vulnerabilità sono dimensioni costitutive della vita degli esseri umani (e di tutto il Pianeta!), per questo motivo tanti tra noi hanno attraversato (o stanno attraversando!) momenti di difficoltà e malessere oppure vivono accanto a un membro della propria famiglia, o a un/una amico/a che sta male. Io stessa ho sofferto per un lungo periodo della mia vita di anoressia e questa esperienza ha segnato anche la vita della mia famiglia. Ho visto sui loro volti paura, impotenza, ma anche un senso di vergogna nel pensare di condividere l’esperienza fuori della cerchia familiare. Ritengo che questa mia esperienza sia assimilabile a quella di altri e per questo è importante iniziare a riflettere collettivamente sul tema del benessere relazionale, emotivo e psicologico.
Quando si condivide e si parla a partire da sé, si corre il rischio di ripiegarsi sulla propria storia personale senza capire che è possibile raccontare la stessa storia con altre parole (e questo che potrebbe addirittura cambiare il significato stesso che abbiamo attribuito a quello che ci capita); inoltre possiamo utilizzare la nostra biografia per leggere processi collettivi. In una società individualista come la nostra, quello che serve è uscire dalla dimensione individuale e cercare quali sono le analogie e quali le differenze rispetto alle storie degli altri.
Per facilitare questo processo di uscita dall’individuale e per pensare collettivamente, suggerisco, dopo un passaggio iniziale di riflessioni libere, di guardare insieme un video estratto da un intervento al Festival della Mente di Sarzana dello scorso autunno 2022.
L’intervento intitolato “La salute mentale dei nostri figli in un mondo imprevedibile” è del neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta milanese dott. Stefano Benzoni.
Online è possibile vedere il video o ascoltare l’audio dell’intervento.
Benzoni racconta in modo accattivante la sua tesi provando a rispondere ad alcune domande che stanno a cuore agli adulti, specie se genitori. Secondo lui, pandemie e catastrofi hanno portato all’attenzione di tutti il tema sempre più urgente della salute mentale dei figli e delle figlie. In realtà, la sofferenza psichica di bambini/e o adolescenti è in aumento costante da molti anni, ma la questione è stata ignorata, spesso relegata all’ultimo posto dei dibattiti pubblici. Isolamento sociale, dipendenza dalla tecnologia, auto-lesività, suicidi, comportamenti antisociali, esasperazione. A leggere le statistiche il panorama si fa sconfortante, sostiene provocatoriamente all’inizio del suo intervento. Poi prova a rispondere alle seguenti domande:
quale è la consistenza di questo problema, al di là degli allarmismi pubblici? Quali dilemmi ci attendono in una realtà che sembra essere sempre più folle? Quali movimenti e strategie possono nutrire la speranza di figli e genitori? Quali sfide dovremmo raccogliere come individui e come comunità?
Queste domande e le sue risposte possono essere la base per continuare la discussione.
Pensare a nuove attività
È bello vedere una miniserie, incontrarci a parlare…ma a che cosa serve? Alla fine, poi, si va avanti con il solito tran-tran. Se è vero che da un incontro non è utile aspettarsi soluzioni miracolistiche ai problemi della nostra società, allo stesso tempo è sempre fondamentale, in ogni laboratorio, dedicare il momento finale a quella che la pedagogista e psicoterapeuta sistemica Laura Formenti chiama “l’azione deliberata”. La finalità primaria di un laboratorio non è risolvere i problemi né dare risposte, ma interrogare il mondo per saperne di più a aprire nuove possibilità (Formenti, Formazione e trasformazione, 2017, p. 57). In questa fase conclusiva che è l’azione deliberata è importante chiedere a ciascuno dei partecipanti che cosa ne farà di quel che si è condiviso nella sua vita quotidiana. Quale piccola nuova azione concreta pensa di poter introdurre? Non tanto per aiutare gli altri, ma per offrire spazi di riflessione inediti. E poi, più in generale, come gruppo, c’è il desiderio di incontrarsi un’altra volta? E per fare che cosa? Quali i temi emergenti (non nel senso di emergenza/allarme, ma nel significato di emersi dalla condivisione)? Quali le azioni possibili per piantare piccoli semi di speranza?
Se ti è piaciuta questa attività, leggi anche l’articolo Tutto chiede salvezza, a cura della stessa autrice.