Non perdersi la vita
“– Le persone. Penso sia questa la cosa più importante che vi perderete, – sentenzia l’uomo. – Sono le persone a rendere il futuro imprevedibile e affascinante, e lungo la vostra strada ce ne sono un sacco che vi aspettano”.
Paolo Genovese, Il primo giorno della mia vita, Einaudi
In punti diversi della città, un motivatore, una poliziotta, una ginnasta e un bambino vogliono togliersi la vita, ma l’irruzione di uno strano personaggio li blocca con una proposta impensabile, da accettare sulla fiducia: sette giorni per scoprire cosa succederebbe se completassero il passo inesorabile. I quattro acconsentono e, giorno dopo giorno, la vita precedente e quella futura si svolgono e si disvelano, nel bene e nel male. Se l’idea di Genovese non è originale, basti pensare alla dolcezza di “La vita è meravigliosa” di Frank Capra, all’ironia di “Non buttiamoci giù” di Nick Hornby, all’irriverenza di “Due come loro” di Marco Masullo, la forza del messaggio resta la stessa: la disperazione si fa strada nella solitudine, anche interiore, mentre la vita (ri)fiorisce nel capire che si è interconnessi e che nessuno si salva da solo. L’esistenza di ciascuno dei protagonisti, estenuati dal proprio dolore, è giunta a un punto di svolta che pare di non ritorno, dove la parola fine sembra essere l’unica soluzione. Eppure, c’è qualcuno che non vuole spezzare quel filo e conduce una resistenza tenace e di poche parole, insinua dubbi, propone alternative, accenna possibilità, tenta di ricucire gli strappi dell’anima. Non per tutti la ferita sarà sanata, ma nei sette giorni insieme, tra confessioni e introspezioni, molta musica (una colonna sonora che scandisce i capitoli) e pasti condivisi, l’uomo misterioso aiuta gli aspiranti suicidi a guardarsi dentro e, soprattutto, “dal di fuori”. Dall’io tragico al noi solidale, l’incontro di vite diventa incrocio e si fa trama di tessuto nuovo. I pezzi del puzzle trovano il loro posto, fino a mostrare a chi aveva perso la speranza che c’è un disegno più grande che non conosciamo e non è nelle nostre mani: possiamo scoprirlo solo vivendo.