N.01
Gennaio/Febbraio 2024

Di amore, libertà e meraviglia

Tutti quelli che danno fastidio nel mondo di fuori li portano qua, perché sono brutti, perché sono cattivi e perché sono poveri. […] È più comodo tenere tutti i difettosi in un posto nascosto, così nessuno li vede e non esistono più”. 

Viola Ardone, Grande meraviglia, Einaudi

 

È il 1982 e la ragazza che ha il nome di un fiume del Nord Europa vive in un manicomio senza essere matta, lo stesso luogo dove sua madre l’ha messa al mondo. Elba ha 15 anni, la legge Basaglia è di ben quattro anni prima, ma al Fascione, “il mezzomondo”, resiste il pugno di ferro di Colavolpe, primario che gestisce con ferocia e freddezza un ghetto di dolore dove da anni vengono rinchiusi non solo psicotici pericolosi, ma uomini e donne “sgraditi” o “sbagliati” per l’ipocrisia della società. Un accordo tacito e crudele tra istituzioni e famiglie faceva sì che negli ospedali psichiatrici venissero confinati dissidenti, alcolisti, marginalizzati, adultere, ripudiate ante legge sul divorzio. Persone nascoste come scarti imbarazzanti: chiusi in manicomio da sani, abbandonati, non creduti, vessati da “trattamenti sanitari” inumani, si ritrovavano a perdere il senno davvero. Mutti (mamma, in tedesco), la mamma di Elba, è stata portata al Fascione perché straniera, povera, incinta illegittima: una gravidanza voluta e difesa a costo della perdita della libertà. La donna cerca di immunizzare la bambina dalla follia e dalla violenza crescendola con ironia, gusto per il linguaggio, il canto, la memoria, l’invenzione (come non pensare al Benigni papà de La vita è bella?). Quando poi scompare, la figlia non crede alla sua morte e resta rinchiusa per ritrovarla. E descrive la realtà che la circonda, ricca di particolari e di soprannomi, tra rime e un lessico unico, e un diario in cui, arguta e precisa, descrive pazienti e patologie. Fausto Meraviglia, giovane allievo di Basaglia, combattivo, rivoluzionario, idealista, vede Elba e ne intuisce il potenziale. Così si adopera per liberarla, salvarla perfino da sé stessa, darle un’occasione per vivere davvero, per uscire dalle mura anche del cuore. Ma non tutto va come si era immaginato. Dopo Il treno dei bambini e Olivia Denaro, Viola Ardone regala un romanzo a due voci che commuove e colpisce, che restituisce voce a inermi dimenticati, che racconta di integrazione, famiglia, genitorialità, costruzione di sé, perdono. E di come, con amore, si possa prendere la propria vita e farne un’autentica meraviglia.