I numeri ci dicono tutto?
Le ricerche sulla religiosità in Italia mettono in evidenza una progressiva diminuzione dell’appartenenza alla religione cristiano-cattolica tra le generazioni più giovani. Gli indicatori più spesso usati per studiare questi processi si riferiscono a una parte del più vasto e generale campo della secolarizzazione: nella società cosiddetta tradizionale era la religione a dare forma, regole e tempi anche alle attività economiche, sociali e culturali; dalla nascita alla morte, era la religione che dava contenuto e senso agli stili di vita degli individui. I processi di secolarizzazione hanno privato la religione di gran parte di questa capacità di incidere sulla vita delle persone, con la chiara separatezza delle altre sfere di vita da quella religiosa. Alcune di queste ricerche hanno decretato la nascita di generazioni “incredule” se non addirittura “atee”, principalmente a partire da indicatori relativi all’appartenenza alla Chiesa e alla frequenza ai riti. Nel 2013, l’Osservatorio giovani (OG) dell’Istituto Giuseppe Toniolo iniziò il suo percorso di ricerca sui temi della religiosità e i risultati di quella rilevazione e della successiva nel 2014 su un campione di giovani italiani confermarono la tendenza già nota: l’appartenenza alla religione cristiano cattolica segnava infatti valori discendenti, così come quella della frequenza ai riti religiosi. I dati parlavano di una sostanziale separazione della religione dalla vita delle nuove generazioni, in quel tempo chiamata dei Millennials. Qualche anno più tardi, nel 2018, l’indagine EVS (European Values study) ha mostrato questo fenomeno fornendo una serie storica che parte dalla fine dello scorso millennio: se negli anni ’90 del secolo scorso l’appartenenza alla Chiesa cattolica veniva dichiarata dall’81% dei 18-34enni, nel 2018 scende al 61,7%. Se si analizza poi la generazione Zeta, l’appartenenza dichiarata arriva al 56,4%.
Nel 2023, pochi anni dopo, il panorama religioso del mondo giovanile, in relazione a queste variabili, appare ancora mutato e le percentuali si fanno ancora più basse. Le ultime rilevazioni dell’OG, su una popolazione di 18-34enni, riportano infatti una percentuale di aderenti alla chiesa cristiano-cattolica del 32,7%. Ogni confessione religiosa prescrive la partecipazione regolare a specifici riti religiosi che sono parte integrante dell’adesione alla fede professata. Come si comportano i Millennials e la generazione Zeta? Rispetto a questa pratica, si può notare nella rilevazione EVS la sostanziale coincidenza del comportamento dei Millennials e della GenZ, che mostrano un livello inferiore al 15% relativamente alla frequenza settimanale ai riti, dato confermato anche dalle ultime rilevazioni dell’OG nel 2023.
Come interpretare questi numeri?
Sempre rimanendo nell’ambito delle ricerche quantitative, alcuni indicatori sono in grado di spostare l’attenzione sulla possibilità di letture diverse, che indicano strade di approfondimento che non si fermano alla distanza percepita dall’istituzione religiosa. Per esempio, in EVS sale la quota di coloro che dichiarano di credere a un’entità superiore, ma senza far riferimento a nessuna religione, dal 10.4% del 2013 al 13,4% del 2023. Sempre in EVS spicca un altro dato interessante: la percentuale di aderenza alla credenza sulla re-incarnazione, che proviene, in senso proprio, dalla tradizione religioso-filosofica induista. Tra i giovani supera il 30%, segnando una percentuale decisamente superiore alle altre fasce d’età. Questi dati si possono forse interpretare come un sintomo della ricerca di nuovi modi di rapportarsi alla questione religiosa, o più in generale alla trascendenza, traccia forse di una vissuta commistione di elementi e credenze diverse, elementi sincretici o patchwork dai diversi colori o, comunque, di un’acquisizione di credenze e pratiche a-sistematiche che tentano comunque di condurre a una ricomposizione esistenziale. Inoltre, l’idea di Dio resiste nella vita dei giovani, nonostante alcuni studi ne abbiano decretato la scomparsa. Le ricerche che se ne sono occupate, come la EVS già citata, rileva che alla soglia degli anni Venti del nuovo millennio il 77,8% di chi ha tra i 18 e i 34 anni di età, in Italia, dichiara di credere in Dio, attestando, nel confronto, la distanza dalla fede istituzionalizzata, ma solo un relativo calo della credenza in Dio. Non sembra, dunque, che, in Italia, si possa parlare di fuga da Dio o di incredulità diffusa nelle generazioni più giovani, ma piuttosto si apre la possibilità di indagare le nuove forme della religiosità che si fanno strada nel loro vissuto, e si comincia a riflettere sulla possibilità di parlare di fede, religione, spiritualità, usando categorie d’analisi diverse da quelle del passato, che non si fermino a dimensionare un fenomeno ormai chiaro e possano essere utili per comprendere i grandi mutamenti in atto.