N.03
Maggio/Giugno 2024

La misura dell’attesa

Tu hai disposto ogni cosa con misura, calcolo e peso (Sap 11, 20).

Originariamente collocata sulla parete orientale della cappella di Santa Maria di Momentana, la Madonna del Parto è da sempre oggetto di devozione. Tra il 1784 e il 1786 il sito venne scelto per la costruzione del cimitero di Monterchi e la chiesa, demolita per due terzi, fu riadattata a cappella funeraria.

L’affresco fu riscoperto e attribuito a Piero della Francesca solo nel 1889 da Vincenzo Funghini. Per la datazione, la critica concorda sull’ipotesi del Longhi che lo vede stilisticamente più vicino alle parti più antiche del ciclo di Arezzo, agli anni 1452-1455. Sopravvissuta a due terremoti e alla Seconda guerra mondiale grazie all’intervento degli abitanti di Monterchi, all’inizio degli anni ’90, in occasione del quinto centenario della morte di Piero della Francesca, l’opera fu restaurata e trasferita nella ex-scuola media dove si trova tuttora, un museo per una sola opera. Due angeli con un gesto solenne sollevano la cortina di una tenda a padiglione. Il tessuto è pesante, damascato all’esterno con motivi floreali e trapuntato all’interno in riquadri regolari di pelliccia di vaio. La tecnica dello spolvero permise la rapida esecuzione dell’affresco, che fu completato in 7 giornate, e per i due angeli speculari, in colori complementari, fu usato lo stesso cartone capovolto. Coppie di angeli reggi-cortina decorano in genere le tombe, di rimando all’esperienza delle mirofore, ma sono anche immagine dei due cherubini sul coperchio dell’Arca dell’Alleanza. L’Arca che custodiva la presenza di Dio. Non c’è però vuoto tra i due, quello in cui il sommo sacerdote sussurrava il nome impronunciabile di Dio, nel giorno dello Yom Kippur, invocando misericordia. Siamo davanti al velo del Tempio che cela il Sancta Sanctorum, e il tabernacolo è una donna in piedi, vestita d’azzurro: una teofania. Tra i precedenti iconografici, la Platytera “la più ampia nei cieli”, mostra Cristo già formato, dentro un cerchio sul ventre di Maria. È solo nel Trecento che iniziano a emergere figure di donna in piedi, con la cintura molto alta in vita che indica la gravidanza. Piero umanizza la Vergine, elimina la cinta, accentua la rotondità del ventre e, come gli angeli scostano la tenda, così Maria scosta il suo abito, sul bianco che contiene in sé tutta la gamma dei colori esistenti, luce pura. L’atmosfera è sospesa, è l’attimo prima che qualcosa accada, tutto è fermo, ma in divenire. Non ci sono ombre nette, la luce è diffusa, viene da sinistra avvolgendo le figure con grazia, anche i colori sono tenui. Maria sussurra con il suo corpo un’unica Parola, in quel vuoto tra i due angeli: Gesù. L’infinito stesso qui prende carne, spazio, misura. L’interno del padiglione è composto di dieci file di rettangoli aurei, in prospettiva. La linea d’orizzonte si colloca in corrispondenza della quarta linea dal basso, ponendo l’osservatore appena sotto il grembo di Maria. Maria è anche per noi Madre, è Chiesa che genera. Lo squarcio sul suo grembo è esattamente a metà della griglia. Sappiamo dal Vasari che Piero della Francesca ha scritto diversi trattati matematici, tra cui uno in particolare sui poliedri, sui solidi regolari. Nella concezione dei pitagorici, il Tetractys (il 10, somma dei primi 4 numeri), tra tutti i numeri, contiene e concentra in sé tutti i misteri del cosmo. E il decagono nel Timeo di Platone è la figura ideale di cui si serve Dio per disporre l’universo. Piero ha ben presente anche la concezione agostiniana di Dio come origine del bello: “Ma tu hai tutto disposto con misura, calcolo e peso” (Sap 11,20). Dal centro del grembo di Maria, possiamo tracciare un cerchio che raccorda tutto al suo interno e vedere un pentagono tracciato dalle braccia e dalle gambe degli angeli. Il 5 era per i pitagorici il numero nuziale, l’archetipo della generazione, perché unisce il primo numero pari, la “matrice”, al primo numero dispari, “maschile” (2+3). In questa tenda cielo e terra si uniscono. Il corpo stesso di Maria è composto su questa metrica: 5 riquadri fino all’ombelico, altri 3 alla testa, in proporzione aurea. L’ovale del volto corrisponde all’altezza di uno dei riquadri. Maria “ascolta” il figlio con la mano destra, l’altra mano posata sul fianco. Quello che indossa è un abito tipico delle donne del tempo, che si adatta allo stato della gravidanza con asole e lacci, sono questi i dettagli che la rendono concreta. La feritoia bianca, questo squarcio nel cielo, ispirerà i tagli di Fontana, le Attese. Lo sguardo di Maria, assorto, custodisce. Tutto ha inizio da questa ferita d’amore che è varco, identità lacerata di un Dio che fa posto all’uomo, dà alla luce. Perciò questa immagine appare così enigmatica, non possiamo contemplare la vita senza le doglie del parto, concepire la chiamata all’esistenza senza la ferita che ci spinge fuori da noi stessi. Quello di Maria è un invito ad accogliere Dio tra le pieghe della nostra esistenza. At-tendere sta per “andare verso”: solo l’attesa è capace di generare l’altro, permette l’incontro. E la misura dell’attesa non è riducibile a numeri razionali, proprio come le figure geometriche individuate. L’amore di Dio rende possibile l’inconcepibile, è oltre la misura della morte. Il Signore ci viene incontro da sempre, sempre ci at-tende. E anche se non possiamo ancora vederla, possiamo sentire il palpito di questa vita nuova che sta per accadere.

 

Piero della Francesca, Madonna del Parto, Musei Civici Madonna del Parto (orig. Cappella di Santa Maria di Momentana), Monterchi (AR), 1452-55, affresco.