Giuseppina Catanea
Il “Fiat!” è un cuore squarciato
Al Carmelo detto “dei Ponti Rossi” per la vicina presenza di un acquedotto romano, nel Napoletano presso il bosco di Capodimonte, una giovane sta agonizzando, ridotta a letto da terribili dolori, completamente bloccata, quasi ripiegata su di sé e impossibilitata a muoversi (tubercolosi alla spina dorsale con lesioni alle vertebre, paralisi completa e meningismo spinale).
Era arrivata per trovare la sorella maggiore suor Teresa e fare, ancora una volta, esperienza di vita monastica. Faticava al pensiero di lasciare la mamma, così i passaggi al Carmelo erano divenuti degli “avanti e indietro” in cui non si decideva a consegnarsi tutta al Signore: aveva infine provveduto la guerra a farvela restare, perché luogo più sicuro rispetto a Napoli colpita dalle bombe, mentre quel male – in modo particolarissimo – la legherà fisicamente a un luogo da cui era ormai impossibilitata ad allontanarsi.
Dal 1920 la vita di Giuseppina Catanea (questo il nome della giovane) è bloccata dentro il Carmelo da una stabilitas del corpo accompagnata da quella – crescente – del cuore. Resta paralizzata fino al 26 giugno 1923, quando la reliquia del braccio di san Francesco Saverio, accostata con fede alla sua persona malata, la guarisce completamente e le ridona vita, mobilità, futuro. Giuseppina ha 29 anni, diviene la “miracolata” e la gente comincia ad accorrere per vederla: allora ai “Ponti Rossi” – erigendo monastero – non era stata ancora posta la clausura così lei, che aspira a vita eremitica, si trova circondata da nugoli di gente e accoglie, conforta, parla dell’amore di Dio anche ai piedi di una statua della Madonna del Carmelo.
Spesso, quando può, avvolge l’anima in ricerca o disperata dentro il manto di quella Madonna, la mette come in un grembo di intercessione e mentre essa sta avvolta nel manto, accanto a Maria, Giuseppina prega. Ma non solo prega. Di lei – che si considera un nulla e piangerà quando qualcuno la riterrà santa, perché convinta di non esserlo – Dio si serve per lavorare a fondo in tante vite e scalpellarle con i tocchi del Suo richiamo: soprattutto quelle chiuse alla misericordia e alla speranza, prive di luce, bloccate da situazioni di peccato o prostrate dalla malattia. Giuseppina riceve tanti doni, anche quello della scrutazione dei cuori: ‘indovina’ sempre, perché attraverso di lei parla Dio. Le grazie – di conversione e guarigione – non si contano e Giuseppina comprende che il suo Carmelo sarà diverso: per più di vent’anni, provando una forte ripulsa a quel genere di vita ma sapendo che è volontà del Cielo, mediata dall’obbedienza, si dona a tutti e scopre di essere una vera mamma: mamma di anime.
Non è una monaca distaccata che prega da lontano: è la donna che si prende i bimbi in braccio, regala i gesti dell’affetto e tratta i poveri come Re. Per lei tutto è in funzione delle anime e la carità la rende creativa: cura con acqua sciroppata e panettone, con mentine…; cura un bambino piccolo ricorrendo anche al latte di capra che avrebbe dovuto danneggiarlo. Importante non è il mezzo, ma che qualcosa sia strumento di guarigione. Si serve persino dell’olio della Lampada Eucaristica.
Sono tutti segni che alimentano la fede della gente e la rimettono sulla via di Dio, indicazioni semplici che non inducono timore e aprono i cuori: un po’ di acqua sciroppata e il panettone non sono, dopotutto, troppo cattivi da assaggiare!
Giuseppina chiede anche di pregare e, se qualcuno è lontano da Dio, non esita a vincere il rispetto umano, prende carta e penna e gli scrive: tutto, pur di salvare qualcuno.
Di sé dirà: «Ho passato alcuni giorni in un lavoro assillante attorno alle anime». Legge talmente a fondo nella persona umana che «può dire con tutto candore di non accorgersi se si trovi davanti a una donna o a un uomo: vede solo l’anima».
Di lei fu testimoniato: «Mi comprende a pieno, mi vuole bene».
Riconosce intanto il mistero della predilezione di Dio sulla propria vita – «Io sento fortemente che Gesù mi predilige» – e non se ne dà ragione, perché si ritrova povera. Così, «si meraviglia e si confonde che Gesù buono nientemeno si sia innamorato di lei e l’abbia voluta sua», «ma è ben felice – scrive una sua biografa – di questo sbaglio divino». Vive così, unita a Maria che ama tantissimo, una vera spiritualità dell’Annunciazione: quella del “Sì” alla volontà di Dio e non solo a Nazareth ma fino al Calvario, per dire ancora “sì” ai piedi della Croce. Suor Giuseppina non vuole capire: deve anzitutto obbedire.
Intanto i suoi mali fisici, morali e spirituali non si contano: tra essi, incomprensioni in comunità; il quotidiano assillo della gente che – nobile o povera, umilissima o della Casa Reale – accorre, la disturba, non la lascia alla pace del chiostro; e prove interiori che paragona alla tempesta dopo cui l’aria è più pura.
Al Carmelo dei Ponti Rossi, Giuseppina (suor Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso) attende 15 anni prima di poter emettere la professione solenne, il 6 agosto 1933, giorno della Trasfigurazione: vi aveva concorso soprattutto l’estenuante attesa dell’approvazione ufficiale di quel nuovo monastero che l’Arcivescovo di Napoli in persona, il Card. Ascalesi, aveva infine preso personalmente a cuore, affrettando i tempi rispetto a quelli dell’Ordine degli Scalzi. Sottopriora nel 1934, viene eletta priora nel 1945.
Muore il 14 marzo 1948, colpita da sclerosi a placche e con un’estesa cancrena che aveva fatto del suo corpo luogo di profonde piaghe. Resta esposta alla venerazione di clero e popolo per quasi due settimane, fino alla sepoltura il 27 marzo, Sabato Santo: senza alcun segno della corruzione della morte, ma come una persona che semplicemente stia dormendo e non abbia sofferto dei gravi mali per cui era morta. I medici devono constatare il carattere miracoloso dell’evento. Quella Croce di cui aveva portato in vita le insegne ora, dopo la morte, passa il testimone quasi a un anticipo della gloria della Risurrezione.
Di lei che aveva letto per dono di Dio in tante anime, non si possono però che gustare alcuni ‘capitoli’: l’esistenza di suor Giuseppina resta anzitutto un segreto tra lei e Dio. Ammette: «Molte pagine della mia vita non saranno mai lette». Dagli scritti e dal Diario si viene così restituiti agli incontri: a quel suo accorrere incessante, durato decenni, attraverso il quale accettava di rinunciare alla vocazione che sentiva in cuore (Carmelitana ritirata al mondo e riservata a Dio) per accogliere la vocazione che Dio stesso, senza toglierla dal Carmelo, le donava: essere raggiunta, pressata, inseguita da tante e tanti assetati, affamati, malati, soli nel corpo e nell’anima. Per Giuseppina, «vocazione» aveva comportato rinunciare alla ‘vocazione’, non seguire il proprio gusto, rinnegarsi in tutto ma solo così ritrovarsi davvero sé stessa e di tutti. Ha lascito scritto: «Questa è la mia vita, o Gesù: attività di obbedienza, di fede, di zelo senza stancarmi, per portarti anime, per condurle a te, o Gesù. Ciò vuol dire dar loro la pace, la serenità, il conforto nella vita. Che importa mi costi sacrificio? Non mi hai tu reso mamma delle anime?».
Se noi fossimo quali dovremmo essere
saremmo veramente felici.
La vita guardata con amore diventa bella.
Parole della beata Giuseppina
Giuseppina Catanea nasce a Napoli, da una famiglia della buona borghesia, il 18 febbraio 1854. Dopo un’infanzia segnata da problemi di salute e contraddistinta da bontà e grande rettitudine, non senza lotte interiori entra nel nascente Carmelo detto “dei Ponti Rossi” ove, in attesa delle autorizzazioni ufficiali, alcune donne cominciano a vivere donate a Dio. Segnata da travagli sarà la sua intera esistenza, ritmata da un grande amore per il Signore e dall’accoglienza di centinaia di persone che accorrono a lei per colloqui, conforto, consigli. Suor Giuseppina muore, circondata da fama di santità, il 14 marzo 1948. È stata beatificata il 1° giugno 2008. Per conoscerla: Maria Gabriella della Natività, … Ciò che fa l’Amore. Beata M. Giuseppina di Gesù Crocifisso carmelitana scalza, OCD, Roma 2019 (20102) e Maria Chiara Farina, L’umanità nel cuore. L’esperienza ecclesiale della Beata Giuseppina Catanea, Rogiosi Editore, Napoli 2020.