N.01
Gennaio/Febbraio 2025

Casimiro Barello

Il viandante che era di Dio

Chi è sapiente e ha il dono della parola può ammaestrare gli altri su Dio attraverso la predicazione e l’apologetica. Chi invece si sente povero e piccolo, chi dispone di poche parole ha bisogno di testimoniare Dio attraverso una semplice “presenza”: dedicandosi a Lui e donandolo in silenzioso amore. È questa la scelta di Casimiro Barello, un giovane piemontese dell’Ottocento – nato nel 1857 non lontano dalla Torino dei “santi sociali” e di tante iniziative di bene – che attraversò l’Italia da Nord a Sud e si spinse in Francia, Spagna e Portogallo nella veste di pellegrino.

Casimiro appartiene a una famiglia di contadini, dove la fede è di casa: quando è bambino sua nonna, con la saggezza della gente umile, gli spiega il significato della Santa Messa; quando la mamma si ammala e poi lo lascia orfano, egli impara a pregare con più fervore, ad allenarsi a intercedere e scopre Maria come la Madre che sempre gli sarebbe stata accanto. Quando egli stesso si ammala gravemente, per due volte, è in entrambe la Madonna a intervenire per indicargli un percorso di guarigione del corpo e di salute dello spirito: attraverso grazie particolari – Casimiro vede la Vergine nel 1872 e nel 1873 (poi ancora nel 1877) –, Ella lo esorta a donarsi tutto a Dio in una vita di preghiera e penitenza.

In quegli anni, il giovane Casimiro (adolescente) promette, ma poi dimentica e inizia così la parte centrale della sua vita, tra slanci nella sequela e ricadute in una logica mondana: particolarmente grave è quella che interviene durante il servizio militare, dopo una prima esperienza di povertà, cammino e preghiera. A contatto con l’ambiente di caserma, si intiepidisce ed è solo a seguito di tale ulteriore, doloroso allontanamento che un richiamo della Madonna – l’ennesimo – lo scuote in modo irreversibile. Al dolore, si aggiunge il fermo proposito di essere questa volta tutto di Dio e per sempre e, più tardi, egli ammonirà gli altri: «Io pregherò per voi; ma ricordatevi che il cuore bisogna darlo tutto al Signore».

Col sì a Dio – divenuto irremovibile – Casimiro si distacca dalla promessa sposa, una giovane che aveva incontrato tornando al paese dopo un primo periodo come pellegrino e della quale era innamoratissimo. Non smette, Casimiro, di amare questa giovane. Ma attraverso una lettera le partecipa l’irruzione del “tutto” di Dio e come la propria strada fosse ormai un’altra: «Vi chiedo scusa, o mia cara promessa sposa, mi dispiace grandemente, ma per l’amore grande che ora porto al mio Dio sono costretto di lasciarvi in abbandono», avendo abbandonato egli stesso «tutte le idee del mondo per non servire più che Dio».

Conclusa la stagione delle promesse e delle smentite, degli impegni e della tiepidezza, Casimiro Barello inizia ora una vita nuova, incentrata sulla rinuncia radicale a tutto – anche ai legami buoni come quello con una futura sposa e la propria famiglia –.

Senza appartenere ad alcuna Istituzione religiosa, senza uno specifico abito, fin quando indossò un saio “alla francescana”, senza calze né cappello, ma a piedi nudi e con due semplici sandali, il Rosario in mano, Casimiro portò a termine entro la fine della vita circa 20.000 chilometri percorsi da semplice laico, con nient’altro che la forza della sua singolare vocazione. In Italia e all’estero, tratteggiando una mappa esteriore e interiore, egli procede lungo la via, povero tra i poveri con cui condivide le elemosine; arrivando a un paese o a una città, anzitutto si dirige in chiesa, dove sosta in adorazione del Santissimo Sacramento di cui poi diviene – ricevuta l’Eucaristia – “Tabernacolo vivente” sulle strade degli uomini; quindi si intrattiene in lunga preghiera, spesso rallegrato dai “tocchi” di Dio, dentro un tempo che passa per gli altri, ma non per lui. Dice di sé: «Se io fossi un sapiente mi servirei della mia lingua, della mia sapienza, per raggiungere i miei desideri; però, siccome sono un ignorante e un rude, non posso che valermi […] del mio corpo perché, vedendo gli uomini come io adoro Dio e lo servo, lo conoscano anche loro, lo amino e lo servano». In chiesa non avverte la fame, non gli vengono meno le forze, non si stanca anzi afferma che più sta in adorazione e più vi resterebbe.

È un atteggiamento – sobrio fino all’essenziale – che impatta sui contemporanei in modi opposti: da una parte beffe, irrisioni, insulti anche pesanti e talvolta l’impossibilità di entrare in un luogo o l’obbligo di andarsene; attrazione potentissima che la sua persona esercita (spesso sui suoi stessi oppositori d’un tempo) dall’altra. Come affermò un sacerdote di Alberique: «Io non so spiegare cosa passa[sse] dentro di me nel trattare familiarmente con quel ragazzo straordinario e celeste che incantava quanti lo guardavano. Il mio cuore traboccava di giubilo alla sua presenza». Un Nunzio apostolico valutò che il suo “esserci” avesse prodotto «più abbondanti frutti nelle anime che tutte le sante missioni che si sono fatte in Spagna da molto tempo» e, sempre di lui, fu detto come «il pensiero di lui inclinasse alla virtù e al miglioramento dei costumi». Già il guardarlo induceva molti a migliorarsi e rapportandosi a lui ci si sentiva trasformati nel profondo, non si poteva continuare ad essere quelli di prima.

Casimiro Barello, un po’ come Etty Hillesum, ha compreso che c’è in noi un Dio “sepolto”, da “dissotterrare” di nuovo: che ci sono tante cose da togliere, affinché Lui possa risplendere. 

Nel suo passare, semplicemente essendo ed essendo di Dio, Casimiro esercita dunque un’attrazione totale, ha il dono di catturare i cuori, impegnarli nella conversione, orientarli al Cielo. L’anziano sacrestano di una chiesa del Piemonte affermerà di non aver mai assistito a una Santa Comunione come quella fatta un giorno da Casimiro. Gli abitanti di Alcoy, la cittadina che lo ospita e dove muore ventisettenne il 9 marzo 1884, accettano di cambiare vita, in particolare astenendosi dagli affari e dai guadagni nel giorno di domenica.

Casimiro Barello – Venerabile dal 1° luglio 2000 dopo una Causa di canonizzazione complessa, penalizzata dalla distruzione dell’intera documentazione che già si era raccolta, a Valencia, durante la guerra civile spagnola – ha vissuto da pellegrino, sempre indicando il Cielo e attraendo molti alla sequela. Benché il suo abito spoglio, i suoi piedi nudi e la sconvolgente essenzialità d’una vita che strideva con la ricchezza di grandi città come Genova o Valencia gli attirassero talvolta guai e incomprensioni, egli restò fermo nell’indicare Dio con il proprio corpo, i propri passi, la propria visita ai santuari mariani e adorando l’Eucaristia; sempre mite anche con chi lo trattava male, forse consapevole che Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti.

Casimiro non ha vissuto dunque il pellegrinaggio per se stesso, per distinguersi dagli altri, per abbellire la propria anima dimenticandosi dei fratelli: è stato, piuttosto, pellegrino per innalzare una lode a Dio e toccare il cuore di tanta gente, lontana dall’essenziale dell’esistere e sorda alla promessa della vita eterna. Alla fine, quando lasciava un paese dove magari era entrato tra i motteggi dei ragazzi e le mormorazioni degli adulti, lo accompagnava una quantità di gente con gratitudine, tristezza e lacrime per l’addio.

Se – come scrisse Chesterton – ogni generazione è convertita dal santo che più la contraddice, il Venerabile Casimiro Barello ha ricordato a un Ottocento in piena espansione commerciale e industriale che l’uomo non ha stabile dimora su questa terra e – alle soglie del grande Giubileo 2025 – illustra quanto solo Cristo meriti tutto, soprattutto di essere annunciato a chi ancora non lo conosce né lo segue.

 

“Io desidero che tutti conoscano Dio,
lo amino e lo servano”

Parole di Casimiro Barello

Casimiro Barello nasce il 31 gennaio 1857 a Cavagnolo in provincia di Torino, in una famiglia di piccoli contadini dalla fede grande. Orfano di madre a 12 anni, sperimenta nel periodo a seguire gravi malattie, dalle quali lo aiuta a guarire la Madonna, orientandolo sempre più a Dio. Vinte infine le resistenze e incostanze interiori, lascia tutto per il Signore, facendosi pellegrino per amore, risvegliando alla fede chi incontra e coronando la propria vita con numerose grazie di guarigione. Muore il 9 marzo 1884 ad Alcoy in Spagna. È stato dichiarato Venerabile da Giovanni Paolo II nel 2000. Per conoscerlo: Pierluigi Cameroni, Venerabile Casimiro Barello. Pellegrino dell’Assoluto, Velar, Ponteranica (Bergamo) 2018; testi diversi – risalenti anche a fine Ottocento / inizio Novecento – e il ricco sito vinonuovo.org.