N.01
Gennaio/Febbraio 2025

I giovani e la Messa: un interrogativo

Che cosa pensano i giovani delle celebrazioni religiose e in particolare della Messa? Come vivono questa pratica e quali sono gli aspetti che mettono in discussione? Queste sono domande rilevanti tanto più se si pensa che tutte le ricerche che si sono svolte negli ultimi anni su questo tema rilevano che la frequenza ai riti della popolazione italiana e ancor più dei giovani è fortemente diminuita nel tempo. l’ISTAT evidenzia che dal 2001 al 2023 la frequenza settimanale ai riti dell’intera popolazione italiana è calata dal 36,4% al 17,9%. Con qualche distinguo territoriale: sempre nel 2023, la frequenza al Nord si ferma al 15,3%, al Centro al 16,3% e sale al Sud fino al 23,1%. Lo stesso Istituto rileva anche che i giovani sono coloro che meno di altre generazioni praticano la Messa domenicale: coloro che la frequentano passano infatti dal 37% del 2001 a meno dell’8% del 2023. In particolare, a un 32,4% di presenza nella fascia della iniziazione cristiana (6-13 anni) si scende velocemente al 13,1% nella fascia 14-17 anni e poi a meno dell’8% tra i 18-34enni. Di fronte a questo calo è interessante anche notare che nei Paesi del Nord Europa la pratica religiosa oscilla tra il 3 e l’8% della popolazione, indicando un percorso che pare essere anche quello seguito dall’Italia.

Un dato decisamente ragguardevole su questo tema riguarda le donne, tradizionalmente considerate più credenti, più praticanti, più disposte a dichiararsi religiose, ad allineare le proprie scelte in materia di etica e morale alle prescrizioni della chiesa, più impegnate nel volontariato in parrocchia e nelle associazioni religiose. Inoltre, come madri, hanno avuto il ruolo di custodi e agenti di socializzazione religiosa e, con le nonne, sono state principalmente responsabili del processo di trasmissione della fede. Le donne hanno però cominciato a lasciare la chiesa, più degli uomini, abbandonando anche il ruolo di trasmissione e allontanando così dalla chiesa i figli; si parla così di «secolarizzazione femminile» o di «fuga delle donne dalla chiesa». Peraltro, le donne che non “fuggono”, in Italia e non solo, stanno modificando i loro modi di appartenenza alla comunità, ridiscutendo il loro ruolo all’interno della chiesa. Dando uno sguardo ai numeri ISTAT, si nota che attualmente il numero delle donne che non frequentano mai la messa (il 27,8% nel 2023, era l’11,8% nel 2001) ha superato il numero delle donne che invece la frequentano almeno una volta la settimana (il 19,7% sempre nel 2023, era il 44,2% nel 2001). Il calo vertiginoso della pratica religiosa delle donne le lascia ancora (ormai di poco, e ci si può chiedere per quanto tempo) a livelli superiori a quelli degli uomini che si fermano, nel 2023, al 13,4% di una frequenza settimanale.

Queste sono gli incontrovertibili numeri del fenomeno. Un calo tanto significativo quanto rilevante dal punto di vista quantitativo. È utile chiedersi allora quali sono le opinioni dei giovani riguardo a questa pratica, che cosa ne pensano, come la vivono, quale influenza ha sul loro possibile allontanamento dalla religione cristiano-cattolica, quali sono gli aspetti del rito che mettono in discussione.

 

Tra le ultime ricerche sulla religiosità dell’Osservatorio giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo c’è l’ascolto dei giovani che hanno partecipato alla vita della comunità cristiana per qualche anno per poi abbandonarla. Tra i temi trattati nei loro racconti c’è anche quello relativo alla Messa e alla sua frequenza settimanale. Che cosa hanno detto i giovani rispetto a questa pratica? Cominciamo qui a esplorare le loro risposte, iniziando da questa, un testo tratto da un’intervista a un giovane di ventidue anni:

 

“Una forzatura, […], proprio perché la Messa mi è sempre stata mostrata come un qualcosa a cui si doveva andare. Lunedì c’era il catechismo, quando si andava via c’era sempre questo ritornello ci vediamo domenica a Messa, venite domenica a Messa, e magari uno le prime volte dice sono contento di andarci, ma con l’andare nel tempo io l’ho vissuta come una forzatura, […] ah, tu c’eri a Messa domenica? No? […] quello ha messo in soggezione sia me che altri, ci sono compagni che ci hanno impiegato un attimo ad allontanarsi, forse per una questione di carattere, o forse non aspettavano altro per allontanarsi. […] La Messa veniva posta come obbligo, se non vieni non sei un buon cristiano, non rispetti la Parola di Dio, non rispetti la comunità e non ne vuoi far parte, ma credo che sia più profondo di così. Penso sia una cosa semplicistica questo tipo di messaggio che viene trasmesso, e dopo è diventata una forzatura”.

L’imposizione: questa una delle caratteristiche spesso messe in evidenza come negative. Non tanto per l’obbligo dichiarato quanto perché questo dovere è stato vissuto da molti come una “forzatura”, una pressione troppo forte, una costrizione esagerata priva di motivazione e che ha condotto a una reazione oppositiva. I giovani chiedono profondità, di andare alle radici, di scoprire la complessità per poter affermare la propria appartenenza.

Quali altre ragioni allontanano i giovani dalla Messa?