N.01
Gennaio/Febbraio 2025

Il primo passo

L’invito nei Vangeli

Non è un caso che il progetto salvifico voluto da Dio e compiutasi nella persona e nella missione di Gesù di Nazaret sia caratterizzato dalla collaborazione di uomini e di donne. Nei racconti biblici imprevedibilmente Yhwh (o un suo intermediario angelico) si rivela a singoli personaggi e li coinvolge in un compito la cui finalità rientra in un mistero più grande. È la vicenda di Noè, Abramo, Giacobbe, Mosè, Samuele, Rut, Ester, Giuditta. In modo speciale sono i profeti a fare questa esperienza (cf. Elia, Eliseo, Amos, Michea, Osea, Isaia, Geremia, Giona, ecc.). Vanno ricordate anche le figure di sapienti (cf. Giobbe), di cui Salomone è tradizionalmente il simbolo (cf. Sapienza) e altri personaggi «secondari» menzionati nella Scrittura[1]. Dio interviene nella storia facendo il primo passo. Egli invita ad obbedire alla Parola e cerca la collaborazione dei credenti e sostiene la loro missione.

 

Chiamati a collaborare

Il «dinamismo appellativo» che definisce questo stile esordisce sempre con un «invito personale» nel contesto più ampio del dinamismo «vocazionale»[2]. Sentirsi interpellato ed accogliere l’invito significa scegliere di collaborare all’opera di Dio. La rilevanza quantitativa e qualitativa della relazione tra «Dio che invita» e le «persone che rispondono» conferma l’idea secondo cui la «vocazione» non va intesa come un’esperienza secondaria e funzionale nella vita di un credente, ma rappresenta un aspetto «costitutivo» dell’essere stesso dell’uomo (prospettiva antropologica) e della teologia della salvezza (prospettiva soteriologica)[3]. Avendo presente il funzionamento dei «racconti di vocazione», fermiamo la nostra attenzione sul motivo dell’invito, circoscrivendo la nostra analisi a vangeli.

 

Álzati

Spicca in primo piano l’invito di Dio nei cosiddetti «vangeli dell’infanzia» di Gesù. Sia nella sezione matteana (cf. Mt 1-2) che in quella lucana (Lc 1-2) viene inquadrata l’origine del Cristo a partire dai personaggi che costituiscono la «santa famiglia». In Mt 1-2 l’angelo appare a Giuseppe per rivelargli la nascita dell’Emmanuele (Mt 1,18-25). Successivamente, lo stesso angelo lo invita ad «alzarsi» e a fuggire in Egitto per proteggere il bambino e la madre dalla persecuzione erodiana (2,13) e, dopo la morte di Erode, a tornare nella terra di Israele (2,20). L’invito di Dio avviene mediante i sogni e questa forma rivelativa richiama la figura patriarcale di Giuseppe figlio di Giacobbe (cf. Gen 37-50). Anche i magi, seguendo la stella per adorare Gesù a Betlemme, ricevono l’invito a rientrare nei loro paesi «per un’altra strada» senza passare per la città santa (2,12). Nel racconto lucano l’invito a credere al piano divino mediante l’annuncio dell’angelo è rivolto da Zaccaria nel tempio di Gerusalemme (Lc 1,5-25) e alla Vergine Maria nella dimora di Nazaret (1,26-38). L’evangelista sembra porre in antitesi i due inviti: l’anziano sacerdote dubita della nascita di un figlio e per questo resterà muto fino alla circoncisione di Giovanni Battista (1,59-66), mentre la Vergine Maria accoglie l’invito e si abbandona con tutta umiltà («serva del Signore») alla volontà celeste (1,38).

 

Venite e vedrete

Nel corso del suo ministero Gesù non solo rivolge direttamente l’invito a diverse persone, ma anche ribadisce nei suoi insegnamenti ai discepoli e alle folle l’importanza di accogliere l’invito del Padre e di compiere la sua volontà. Sono eloquenti a tale proposito i racconti di chiamata. Passando lungo il mare di Galilea, il Signore rivolge ai primi discepoli l’invito: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini» (Mt 4,19; cf. Mc 1,16-20; Lc 5,1-11). In modo simile l’invito è rivolto a Matteo-Levi, che risponde prontamente alzandosi e mettendosi alla sequela del Signore (Mt 9,9). In altro contesto, l’evangelista Giovanni descrive il primo incontro di Cristo con due discepoli dopo il battesimo al Giordano. L’invito è racchiuso nella preziosa formula: «Venite e vedrete» (Gv 1,39) ripetuta da Filippo a Natanaele (1,46). La formula dell’invito contiene il dinamismo del desiderio, che interpella il cuore di quanti si pongono in ascolto di Cristo e decidono di seguirlo.

 

Gioia, fiducia, riposo

Oltre alla connotazione «vocazionale», nei vangeli troviamo l’invito rivolto alle folle «stanche e oppresse». Dopo il suggestivo «inno di giubilo» (Mt 11,25-27), il Signore invita a prendere il suo giogo e a fare comunione con Lui, «mite ed umile di cuore» (11,28-30). L’intimità dei discepoli con il Maestro si trasforma in familiarità. Sono essi a costituire la nuova famiglia di Gesù, a implorare dal padre gli «operai della messe» (Mt 9,37-38) e a «non temere» (Lc 12,32). Allo stesso tempo il Signore si prende cura dei suoi discepoli invitandoli a andare «in disparte, in un luogo deserto» per riposarsi (Mc 6,31-32).  E ancora risuona l’invito al ristoro dello Spirito nel contesto della festa dei Tabernacoli: «Se qualcuno ha sete venga a me e beva» (Gv 7,37). Diverse sono le parabole e i «detti» che rievocano l’invito. Tra queste va ricordata la parabola del banchetto, in cui il servo è inviato da padrone per invitare «poveri storpi, zoppi e ciechi» alla grande cena (Lc 14,16-24; cf. Mt 22,2-10). Soprattutto l’invito è mettere in pratica la carità si coglie nella parabola del «buon samaritano» (Lc 10,25-37) e nella descrizione scenografica del giudizio finale: «venite, benedetti del Padre mio…» (cf. Mt 25,31-46). Quest’ultima immagine presenta la gioia e la fiducia come «invito ultimo e definitivo» a partecipare alla comunione beatifica.

 

Riconciliazione, guarigione e speranza

La missione del Figlio nelle vesti del «servo sofferente» raggiunge quanti sono segnati dal peccato, dalla sofferenza e dalla povertà. Recando la vita e la luce nel mondo (Gv 1,1-18), il Figlio è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto (Lc 19,10; At 10,38). In tale ottica vanno interpretate le esortazioni alla riconciliazione e al perdono (Lc 6,37), le parabole della misericordia e i gesti di amicizia. In alcuni racconti (il centurione, Giairo, la donna cananea, Bartimeo, il funzionario del re, il cieco nato, Lazzaro) è Cristo stesso ad accogliere l’invito di chi soffre. Allo stesso tempo, il suo donarsi reca speranza e si trasforma in un appello alla vigilanza (Mt 26,41), alla sequela (Mc 10,17-22), al ripensamento (Gv 13,27). Il buon ladrone riceve l’invito ad entrare nel Regno (Lc 23,43) e il discepolo amato ad accogliere la Madre (Gv 19-25-27). Il dinamismo dell’invito non termina con la morte, ma la supera nell’evento della risurrezione. Nel giardino è Maria Maddalena ad essere la prima testimone del Risorto, accogliendo l’invito pasquale: «Va’ dai miei fratelli e dì loro: Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20,17).

 

 

[1] Cf. A. Nepi, Dal fondale alla ribalta. I personaggi secondari nella Bibbia ebraica, EDB, Bologna 2015.

[2] Cf. C. M. Martini, Chiamò quelli che egli volle. Bibbia e vocazione, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2015; P. Stefani (ed.), La voce di Dio. Chiamate e vocazioni dalla Bibbia ad oggi, Morcelliana, Brescia 2015; G. Pulcinelli, Scegliere di rispondere. Racconti di vocazione nel Nuovo Testamento, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2018; G. De Virgilio, Hanno creduto all’amore. Figure Bibliche di vocazione, Rogate, Roma 2022; Id., La vocazione nella Bibbia. Figure e simboli dei racconti di chiamata, Queriniana, Brescia 2022.

[3] Cf. T. Citrini, «Vocazione (teologia della)», in Dizionario di pastorale vocazionale, a cura del Centro Internazionale Vocazionale Rogate, Rogate, Roma 2002, 1283-1295.