Pazienza
Dio non solo ha fatto il mondo, ma lo tiene e lo porta. Egli non se ne annoia. C’è un mito che può aprirci al riguardo gli occhi, i miti servono a questo. Si cela in essi molta verità, una verità sia pure ambigua, in modo che chi la percepisce corre sempre rischio o di sottovalutarla o di cadere in balìa di essa. Un mito indiano dunque racconta di Shiva cioè di colui che ha plasmato ogni cosa. Egli crea il mondo in una tempesta di entusiasmo; ma poi esso gli viene a noia, lo fa a pezzi e ne fabbrica un altro. Anche questo gli viene a noia, lo distrugge, lo ricrea e avanti di questo passo. Impressiona l’immagine di questo nume dell’impazienza! Ma ci rende coscienti di quanto diverso sia il rapporto del vero Dio verso il mondo. Egli lo crea, il perché è insondabile. Nonostante la sua ricchezza incalcolabile allo spirito umano, esso è in tutto e per tutto finito, circoscritto e delineato. Esso dunque non «basta» veramente a Dio, non può mai soddisfare le esigenze divine. Tuttavia non se ne infastidisce. Questa è la pazienza primordiale, la prima: è il fatto che Dio non si sbarazza del mondo, ma lo mantiene nell’essere, lo tiene in onore; se così si può dire, gli resta fedele, per sempre.
(Romano Guardini, Virtù. Temi e prospettive della vita morale, Editrice Morcelliana 2001, pp. 46-47)