N.02
Marzo/Aprile 2025

Camille Costa de Beauregard

Il «Bel Cavaliere» ritornato al suo Re

All’inizio degli Anni Sessanta dell’Ottocento, un giovane nobile in piena crisi di fede ha abbandonato le pratiche di pietà e nemmeno più entra in chiesa. Si chiama Camille Costa de Beauregard, quinto figlio del marchese Pantaleone Camillo e di Marthe de Saint-George de Véroc, ed è nato a Chambéry, allora sotto la casata sabauda al cui servizio il padre milita come gentiluomo di re Carlo Alberto. La madre appartiene a una famiglia illustre di cui tre membri sono stati giustiziati sul patibolo nei torbidi della storia di Francia: cresciuta perciò in un clima di angoscia e di forte percezione della labile finitudine d’ogni cosa umana, cresce i figli incentrati sull’essenziale e nella convinzione che della felicità si possa godere solo in Cielo. Al bambino Camille che un giorno le disse: mi annoio… non sono felice, mamma, Marthe rispose chi mai gli avesse detto che «siamo a questo mondo per essere felici». Che dunque la fede fosse stata a un certo punto associata dal giovane Camille Costa a qualcosa di triste – anche a causa di un perdurante retaggio giansenista nella Savoia del tempo – o che egli semplicemente avesse tentato altre strade e coltivato altri pensieri, si allontanò per tre anni dalla pratica di fede: mantenne, come unico vincolo ad essa, l’abitudine di recitare ogni giorno una breve preghiera mariana. Per il resto, superata una grave malattia, si distingueva come esponente di spicco dell’aristocrazia e faceva vita di corte, dove era particolarmente ammirato e considerato brillante sotto ogni punto di vista, sino ad essere chiamato il “bel cavaliere”.

Un giorno tuttavia, d’un tratto, come sospinto da un forte richiamo, il «bel cavaliere» tornò a varcare la porta d’una chiesa: nella cattedrale di Chambéry, in momenti irripetibili, riscoprì il legame con Dio e si decise quindi per il sacerdozio. Superato un esame di Filosofia davanti all’arcivescovo, poté entrare al Seminario francese di Roma, sino all’ordinazione nella basilica papale di San Giovanni in Laterano il 26 maggio 1866.

Visse quegli anni all’insegna della modestia, rifiutando il servitore personale che gli si sarebbe voluto affiancare e – in seguito all’ordinazione – declinando la proposta di entrare nella «Accademia dei Nobili ecclesiastici» per intraprendere la carriera diplomatica. Scelse, piuttosto, di tornare nella sua città: non da figlio di nobili, ma da semplice prete, e chiese egli stesso un incarico come quarto vicario della cattedrale. Ciò significava – al di là della terminologia – che sarebbe stato privo di qualsivoglia forma di prebenda o mezzo di sussistenza e che era totalmente povero.

Nella direzione di una povertà gioiosamente accolta si mosse infine la sua decisione quando, con lo scoppio di un’epidemia di colera nel 1867, egli cominciò ad accogliere piccoli orfani, dapprima soccorrendoli nelle urgenze più immediate, infine «consacrandosi interamente alla loro educazione». Dopo gli umili inizi, l’opera si espande in fretta sia per l’incrementarsi del numero di orfani da assistere, sia per l’intraprendenza di Camille Costa che attiva una vera e propria rete di bene, chiedendo a tutti e anche alla famiglia, agli amici che contano, ad altri nobili. Uno di essi dona la proprietà su cui sorgerà Le Bocage, semplice orfanotrofio che si trasforma in relativamente poco tempo in una tenuta agricola in cui ai ragazzi veniva garantito sia un clima di famiglia sia un apprendistato per assicurarne il futuro («bocage» è termine tecnico, designante un «tipo di paesaggio agrario caratterizzato da un elevato numero di parcelle […]»).

Qui, pur riservandosi in particolare l’educazione religiosa dei giovani, Camille Costa dirige per decenni (fino alla morte nel 1910) quell’opera che si espande e attesta un forte potere attrattivo grazie ai metodi che vi si applicano. È infatti un progetto che «matura spiritualmente e umanamente: rifiutando il sistema repressivo e lo spiritualismo disincarnato, [Camille] vuole promuovere insieme la formazione umana e cristiana dei giovani, vuole formare uomini e cristiani» e non concepisce una “devozione” scissa dalla vita, ma una vita che si sostanzi di preghiera e in cui accanto alla formazione spirituale ci siano attività pratica, teatro, gioco, passeggiate in montagna: l’aristocratico Camille – cresciuto in un clima eccessivamente ascetico per i dolori della madre e provato da un’istruzione in istituti e con precettori diversi; tra i cui ricordi di gioventù più belli vi era una camminata attorno al massiccio del Monte Bianco – pensa per i suoi orfani a una stabilità in cui costruire o ricostruire storie ferite dentro vincoli relazionali forti.

Accanto a sé – oltre alla mamma che, rimasta vedova, aiuta lui e una sorella consacrata, scoprendo una serenità nuova – Camille Costa riesce ad aggregare anche altre figure significative: in qualche modo, è la propria famiglia che dona ai suoi ragazzi, facendo in tutto “a metà” con loro. Ad adiuvarlo al Bocage è infatti anche l’abbé Claude-François Chenol, professore ed ecclesiastico che anni prima era stato messo accanto all’adolescente Camille per istruirlo e indirizzarlo: era lui che lo aveva aiutato a riprendersi da un periodo di malattia, che lo aveva sostenuto durante la grande prova della fede, che aveva avuto pazienza, che per lui c’era sempre stato, che lo aveva corretto ogni volta in cui fosse necessario… ed ora gli restava accanto per i suoi ragazzi.

Proprio per uno di essi, tra i più poveri, avvenne infine il miracolo che è stato fatto valere a distanza di un secolo per la beatificazione (2025): morto Camille Costa de Beauregard il 25 marzo 1910 (quell’anno venerdì santo), il 26 settembre successivo il piccolo René Jacquemond, mentre rientrava a Le Bocage, fu vittima da parte di un compagno del lancio d’un fiore di «bardana» che gli lacerò l’occhio destro, a motivo del carattere appuntito delle estremità della pianta e dell’alto numero di agenti infettivi di cui essa è vettore. Nonostante ogni cura, la situazione precipitò sino alla diagnosi del medico curante d’un occhio «ormai perduto»: è allora che, pregando e apponendo in particolare un fazzoletto di Camille Costa sulla parte lesa, essa guarì in modo scientificamente inspiegabile, restituendo a René la vista e permettendogli in futuro di divenire addirittura sarto, mestiere di precisione.

Camille Costa – che, giovane, aveva smarrito la capacità di vedere dal punto di vista della fede, per guardare solo con occhio umano alla storia, e ne era stato guarito – era di fatto ancora una volta intervenuto per uno dei suoi piccoli del “Bocage”, un ragazzino forse un po’ vessato dai compagni.

Nobile che avrebbe potuto vedersi dischiudere ogni tipo di carriera, accogliendo la vocazione al sacerdozio Camille Costa de Beauregard aveva rinunciato per sempre a ogni forma di onore e di primato, praticando una carità che consisteva nel condividere la vita con gli ultimi, attento al tempo stesso a promuoverne percorsi di riscatto: aveva compreso che «regnare è servire!».

Un giorno, a chi gli chiese chi mai fosse l’artefice della sua bella [opera (l’edificio)], egli rispose – per non tradirsi –: «È un certo abbé Costa» e, quando in occasione d’un evento pubblico lontano da Chambéry venne fatto il suo nome e tutti lo cercavano, egli, ancora una volta, per nascondersi, aveva cominciato a cercare come tutti gli altri quel “padre Costa” che era egli stesso, riuscendo così a sfuggire a ogni attenzione alla sua persona. Solo Cristo per lui meritava di essere onorato: contemplato nelle Specie Eucaristiche, incontrato sotto le dimesse apparenze dei piccoli, cari al Suo Cuore.

 

Tu vedi l’affanno e il dolore,
li guardi e li prendi nelle tue mani.
A te si abbandona il misero,
dell’orfano tu sei l’aiuto.
Sal 9, 35

 

Camille Costa de Beauregard nasce a Chambéry (Savoia) il 17 febbraio 1841, quinto degli 11 figli di una famiglia dell’alta aristocrazia. Cresciuto respirando cultura e – contrariamente a tanti nobili – incentrato sull’essenziale, con una grande capacità di distaccarsi dai beni materiali, viene ordinato prete a Roma, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, venticinquenne. L’anno successivo, rifiutando a più riprese i trattamenti di favore proposti a lui nobile, comincia a occuparsi degli orfani, fondando un’istituzione di carità – Le Bocage – arrivata sino ad oggi. Dichiarato Venerabile da Giovanni Paolo II, viene beatificato il 17 marzo 2025. Per conoscerlo: https://www.causesanti.va, oppure https://www.fondationdubocage.org.