Chiamato da Dio, obbedì partendo (Eb 11,8)
Senza la fede è impossibile essergli graditi! (Eb 11,6)
Così l’autore della lettera agli Ebrei introduce la citazione dei vari uomini di fede. Ma al netto di questa esposizione di uomini credenti, possiamo farci questa duplice domanda: la vocazione è veramente cammino ignoto, destinazione sconosciuta o piuttosto novità che ti accompagna nella memoria delle tue scelte oltre un tu che con Dio diventa un «io con te»?
Aver fede è veramente la conditio sine qua non per essere graditi a Dio?
Questi due quesiti in passato hanno coniato diverse aberrazioni spirituali, tra cui far intendere che chi non risponde alla chiamata di Dio rimarrà infelice per tutta la vita, quasi fosse un treno in corsa con un unico transito. Inoltre, la vita di consacrazione in quanto vita chiamata, è data a coloro che sono privilegiati ossia più graditi. Fare di uno stato di vita un totem di superiorità, il quale può essere ammirato o accusato a seconda del soggetto che lo rappresenta, è una distorsione teologica che poco c’entra con la sapienza delle scritture.
L’autore della Lettera agli Ebrei ci riferisce le peculiarità della fede di Abramo con queste forme verbali: chiamato, obbedì, senza sapere. Questa trilogia di verbi, se non maneggiati con cura, può diventare anticamera nefanda di abusi di coscienza; di contro, se approfonditi nella loro squisita libertà, dipingono i tratti del credente in relazione. Abramo è chiamato in questo modo:
Il Signore disse ad Abram:
“Vattene dalla tua terra,
dalla tua parentela
e dalla casa di tuo padre,
verso la terra che io ti indicherò. Gn 12,1
L’espressione vattene dalla tua terra rende un imperativo del verbo ebraico halak, camminare che, nel suo senso più metaforico, riguarda il “percorso di fede”. Questa scelta risulta essere incoraggiante per qualsiasi vocazione\relazione, poiché il suo fine non è l’adempimento, ma il cammino, non la soluzione dei problemi, ma uno sguardo amorevolmente costante su di essi. La lettera agli Ebrei utilizza il verbo exerchomai che significa uscire fuori. Nell’ambito delle occorrenze, questo verbo greco è maggiormente associato ad un altro verbo ebraico yaza-uscire, ma con una sfumatura che allude al linguaggio bellico: “uscire in battaglia”. Da questa scelta di associare halak ad exerchomai, in un’opzione minoritaria, potremmo ricavare il senso dell’obbedienza di Abramo e di ogni obbedienza credente: il Signore non lo si ama a denti stretti, ma col cuore aperto. L’obbedienza a Dio non necessita di yes man, ma di uomini e donne liberi, coraggiosi nelle loro storture contraddittorie e nelle stasi conclamate. Tutte queste povertà determinano quella sopraffina tecnica del chiaroscuro da cui è scaturito il capolavoro di Dio: l’uomo e la donna.
Bisogna anche ammettere che vocazione e chiamata alla relazione sono yaza-uscire in battaglia! Sì! Il linguaggio militare della conquista ci rimanda alle schiere d’Israele che, da Numeri a Deuteronomio, entreranno nella terra di Canaan per conseguirne la promessa eredità. Anche Abramo compie un cammino da Ur dei Caldei a Canaan, passando per Carran, per poi transitare in Egitto, stanziando dove ha posto dimora ogni israelita della storia: nelle terre di Canaan, Egitto, Mesopotamia. Abramo è il padre del popolo, ha avuto il coraggio di intraprendere un viaggio, di portare a compimento il viaggio del padre Terach e di andare oltre, decuplicando il proprio cuore affinché tutti potessero sentirne il battito. L’interiorità del credente in relazione, al di là del suo stato di vita, è proprio questo muscolo che si contrae e dilata, un cuore che combatte con la costante tentazione di ritrarsi, di non credere di poter essere amato, che combatte con le tante ferite che lo rendono un muscolo contratto e strappato. Chiamata, obbedienza, sono le dorsali che l’autore della Lettera agli Ebrei riconosce in Abramo, peculiarità che accompagnano il retro della medaglia della fede del patriarca e di ogni credente in relazione: promessa, alleanza, amore incondizionato che ti viene a cercare ovunque tu sia e che ti attende vivendo per te.