N.02
Marzo/Aprile 2025

I giovani e la Messa: una proposta di libertà?

I giovani che si sono allontanati dalla Chiesa e che sono stati intervistati nella ricerca che ha dato vita al volume “Cerco dunque credo?” hanno parlato anche della Messa e del loro atteggiamento nei confronti di questo rito. Quando hanno espresso sentimenti negativi nei suoi confronti lo hanno fatto legandoli alla percezione di un obbligo imposto dalla famiglia, dai sacerdoti, dalla pressione sociale più generalmente intesa. Soprattutto perché questo dovere è stato vissuto da molti come una costrizione priva di una motivazione e che per questo ottiene il risultato opposto a quello imposto dall’obbligazione: il rifiuto. Ma ci sono altre ragioni che allontanano dalla messa i giovani? Per tentare una risposta, possiamo provare a leggere le loro parole per comprendere alcune di queste dimensioni, quelle che da loro vengono ritenute più rilevanti. Sappiamo che la personalizzazione e addirittura l’individualizzazione della fede ha giocato e gioca una parte importante nella vita religiosa dei più giovani. La Messa, come “rito collettivo”, può non rispondere più alle esigenze di spiritualità dei giovani. Come per questi ragazzi, che privilegiano un rapporto diretto con Dio rispetto alla ritualità collettiva:

Il rapporto con Dio, per me, o con un’entità trascendentale superiore, spirituale, è estremamente personale, intimo, legato a noi stessi, e non ha senso che venga regolamentato da qualcuno o che ci siano regole fisse, tipo andare a messa la domenica, il santificare le feste. Io non so quando ho bisogno di questo contatto, può essere in qualsiasi momento. (M, 23 anni)

Non mi ritengo una persona che non crede più in Dio […] semplicemente non penso che quello sia il mio modo di pregare, di essere parte, di dimostrare il mio lato spirituale, perché è una cosa che io vivo più come una cosa individuale, più come una cosa relativa a me e non ad un gruppo di persone. Alla fine, mi ritrovavo sempre a ripetere le solite preghiere un po’ a pappagallo perché tutti lo dicevano e a non crederci davvero. (M, 23 anni)

Nel testo precedente si trova anche l’aspetto di una ripetitività meccanica trattato, per esempio, da questa ragazza, che descrive le tappe del suo percorso:

[…] la comunione. […] ero in quarta elementare e quindi…la fanno tutti, la faccio anche io. La cresima è stata diversa, era già una scelta che uno fa, […] era un periodo in cui ero abbastanza **a farmi domande, e inevitabilmente mi sono allontanata dal mondo della chiesa e della messa. Un po’ con rammarico, ero sempre legata, tuttora, ho sempre avuto questa fede, non l’ho mai persa, anche se mia nonna continuava a dirmi che avessi perso la fede perché non andavo a messa. […] a messa io non trovo nessuna risposta […] perché la messa alla fine ciclicamente ripete sempre le stesse cose. (F, 19 anni)

Quali aspetti possiamo evidenziare? Sicuramente il rammarico: non ci si vorrebbe allontanare, ma è come se non si trovassero le ragioni per rimanere. Poi il mancato passaggio da una fede infantile a una adulta, che riverbera necessariamente anche nella scelta di non partecipare più alla messa, rito che appare sterile nella sua ripetitività, nel quale non viene colta la dimensione della attualizzazione del passato ma che rimane, nella sua fissità, lontano dalle esigenze di chi è alla ricerca oggi di risposte sul senso della vita. L’allontanamento dal rito fa risaltare soprattutto la sua mancanza di dinamicità, di ancoraggio al presente pur venendo da un altrove e anche la mancanza di possibile indicazione di cammino verso il futuro. Il passato rimane tale e non riesce a incidere nel vissuto presente. Altre simili ragioni sono riprese da questo racconto che precisa il sentimento della noia, portato proprio dalla meccanicità e dalla ripetitività percepita come fine a se stessa:

Non è una cosa che mi è rimasta impressa nel mio vivere la chiesa. A volte trovavo alcune letture fini a sé stesse, e non perché lo fossero. Secondo me perché non c’era qualcuno che effettivamente fosse bravo a spiegarle, a metterle effettivamente in pratica nei giorni che stiamo vivendo e nel modo in cui stiamo vivendo, sapendo che si è rapportati ad una comunità giovane, […] Mi annoiavano, mi ricordo che mi annoiavo, che a volte smettevo anche di ascoltare perché mi annoiavo. (F, 26 anni)

Un rapporto ancora da studiare quello dei giovani con la Messa, ma sicuramente queste loro parole fanno riflettere sui modi da individuare affinché non emerga la meccanicità del rituale incapace di attualizzare e dunque di rendere fruibile oggi ciò che è avvenuto nel passato. Una ritualità che, i giovani chiedono, ascolti il loro desiderio di relazione con Dio e lo renda possibile.