N.03
Maggio/Giugno 2025

Coltivare la felicità

«Da bambina non volevo le bambole, e nemmeno i pantaloni. Volevo un giardino»

(Pia Pera, La virtù dell’orto. Coltivando la terra si coltiva anche la felicità, Ponte alle Grazie)

 

Nel momento in cui scrive sono passati anni, ma non ci sono dubbi nel ricordo: la piccola Pia, bambina vivace, aspirava a qualcosa di più dei giocattoli, esseri inanimati. Desiderava intensamente un’avventura più grande e completa. Le sarebbero bastati solo «quattro metri quadrati di terra recintata tutta per me, dove potere crescere, e far crescere, indisturbata. Un recinto e un piccolo pezzo di terra per proteggere e nutrire soprattutto la mia libertà». Un desiderio mai sopito che è riuscita a realizzare da adulta, lasciando Milano e ritirandosi a coltivare orto e giardino nel podere di famiglia in Lucchesia, prendendo coscienza, giorno dopo giorno, di quanto sia benefico interagire con piante, fiori, insetti, elementi atmosferici: «Tra le piante, si prova la sensazione di aver trovato con estrema facilità il nostro posto al mondo. Di trovarci esattamente dove dovremmo essere». Zappare, dissodare, seminare: la fatica del lavorare la terra fa lavorare su sé stessi e fornisce un antidoto naturale allo stress. Si riescono a domare le inquietudini e le irrequietezze, perché chinarsi e prendersi cura rendono il pensiero e la mente più calmi: tornare al corpo «costringe la mente a darsi meno importanza». Ma mente e terra «entrambe vive, vengono lavorate in modo affine», per evitare che crescano le male erbe e aiutare i pensieri a restare duttili, ben nutriti, fertili. «Lavorando in giardino» dice Pia Pera, «si rafforza in modo molto rasserenante la connessione tra azione e risultato. L’esatto contrario della depressione, quel misero stato in cui si ha l’impressione che nessuna nostra iniziativa approderà mai a qualcosa di bello». Nell’orto e in giardino si impara dalle piante quanto sia importante coltivare e coltivarsi, quanto non tutto possa essere sotto il nostro controllo e quanto sia essenziale saper attendere con pazienza e potare per veder rifiorire: «Ringrazio il giardino, il bosco, l’orto, il frutteto, lo stagno e i monti, di avermi liberata dal folle bisogno di uccidere il tempo. Di avermi insegnato ad assaporare ogni momento. Il giardino mi ha regalato la pace interiore». Curvi sul terreno riconosciamo la semplicità e l’umiltà delle piccole cose e la responsabilità del prendersi cura. E la mente va al finale di un altro libro delicato e celebre, Anima Mundi di Susanna Tamaro: «L’hai capito adesso?» «Cosa?» «La cosa più semplice: cos’ è l’amore!» «No, cos’è?» «È attenzione».