N.03
Maggio/Giugno 2025

Una prospettiva dalle GMG

La giornata mondiale della Gioventù (GMG) fu istituita da Giovanni Paolo II nel 1986, a seguito delle esperienze del 1984 (Giubileo straordinario della redenzione) e del 1985, in occasione dell’anno internazionale della gioventù proclamato dalle Nazioni Unite. Da allora, gli appuntamenti si sono susseguiti e la GMG è divenuta un appuntamento centrale nella vita comunitaria dei giovani, trasformandosi in alcuni casi in veri e propri raduni di massa, come a Manila nel 1995, dove si radunarono circa cinque milioni di persone o a Rio de Janeiro nel 2013 che vide circa tre milioni e mezzo di partecipanti. Eventi la cui complessità di lettura si riverbera ancora oggi nelle trasformazioni che la GMG ha subito nel tempo e che  rispecchiano anche il cambiamento sociale in atto, ne interpretano il movimento e continuano a offrire una piattaforma per la riflessione, la partecipazione e il rinnovamento, come affermano i curatori – Giordano Goccini e Domenico Simeone – di un recente libro pubblicato da Vita e Pensiero nell’ambito degli studi dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo, intitolato «Sulle strade del rito. La giornata mondiale della gioventù tra passato, Lisbona e futuro». Per esplorare i significati che la GMG del 2023 ha assunto per i giovani che vi hanno partecipato, ma anche per indagarne la storia e le prospettive future, è stata condotta una ricerca che ha coinvolto gli stessi giovani. A partire dal loro ascolto, il libro – che si avvale di numerosi interventi in un’ottica multidisciplinare – disegna l’attuale panorama non solo della partecipazione a un rito “immersivo” e alle sue liturgie ma anche del loro vissuto, della loro ricerca religiosa, del rapporto dei giovani con i Papi – e, in particolare, con Papa Francesco – delle prospettive possibili per il Servizio Nazionale per la pastorale giovanile. Molteplici, dunque, le piste di lettura e le possibilità di riflessione a partire dai contributi di questo libro.

Tra le molte domande che i ricercatori si sono poste, mi soffermo innanzitutto sull’esperienza del pellegrinaggio e i significati che questo assume nel vissuto dei giovani della GMG di Lisbona 2023. La prima caratteristica messa in evidenza nel contributo di Raccagni riguarda il fatto che i giovani ritengono che la loro esperienza possa effettivamente definirsi un pellegrinaggio, poiché mettono in evidenza, nelle loro parole, l’idea di un cammino, intrapreso nella condivisione. Un cammino che viene descritto dai giovani prima di tutto come una scelta, la messa in opera della volontà di interrompere il flusso continuo della quotidianità, di abbandonare temporaneamente le proprie consuetudini in favore dell’ingresso in una dimensione che trasforma il tempo e lo spazio della propria vita. Il pellegrinaggio è anche, nelle parole dei giovani, la sperimentazione della fatica, del mettersi alla prova nella consapevolezza, forse acquisita per la prima volta, dei propri limiti. Un’esperienza, afferma Raccagni, che pone in primo piano la necessità della relazione con l’Altro, e che fornisce un’opportunità per esplorare e riconciliare le diversità che, se non si conoscono, possono incutere paura. La GMG si configura per i giovani anche come esperienza di abbandono del superfluo: nel cammino – dicono i giovani – si impara a discernere ciò che è essenziale e a rinunciare non solo agli eccessi materiali ma anche ai “pesi” interiori che rappresentano un ostacolo per la maturazione spirituale. Quale tipo di religiosità si sperimenta allora nell’esperienza del cammino? I giovani, nelle loro testimonianze, esprimono una forma di religiosità profondamente radicata nell’esperienza personale, in cui – sostiene Raccagni – predominano le dimensioni corporee, affettive, emotive e rituali. La persona, pensata come intrinsecamente fondata sulla relazionalità e dunque sul rapporto con gli altri, fa esperienza di comunità globale, dove i giovani provenienti da culture diverse, da diversi modi di guardare e interpretare il mondo, hanno l’occasione di confrontarsi e di vivere momenti comuni di attività, preghiera, riflessione, celebrazione, capaci di promuovere la solidarietà e l’inclusione. 

E il ritorno? Portare con sé l’esperienza della GMG nel rientro alla “normalità” comporta necessariamente la continuazione di un cammino intrapreso, nella riflessione su ciò che si è vissuto, nella sua narrazione, nella messa in opera delle riflessioni e delle acquisizioni che il cammino ha portato con sé. Certo tutto può ridursi a un episodio della propria vita che lascia poche conseguenze, che non incide realmente nella propria vita. La GMG può essere pensata come una possibilità di trasformazione, possibilità di vivere esperienze significative, di avviare relazioni rilevanti per la propria vita, di maturazione umana e dunque anche spirituale. Ma, l’autrice avverte, è necessario che l’esperienza non si riduca a un qui e ora foriero di conseguenze volatili, che non si radicano nel vissuto come elemento di cambiamento. La GMG può essere, al contrario, un punto di un cammino più ampio e continuo di crescita personale e spirituale.