Photovoice per la biodiversità – Attività laboratoriale
Il LAB prosegue il percorso annuale dedicato all’educazione al riconoscimento e alla valorizzazione della biodiversità. L’attività del photovoice è infatti proposta nel capitolo «Approcci partecipativi per preservare la biodiversità. Le potenzialità di photovoice per bambine e bambini» scritto da Letizia Luini nel manuale Educare per la biodiversità. Approcci, ricerche e proposte di Guerra, Persico e Galimberti che ho scelto di utilizzare come guida per le nostre attività educative. Suggerisco a chi ancora non lo avesse fatto di scaricare gratuitamente il libro e di leggere il capitolo dedicato al photovoice (da pagina 105 a 118).
La proposta
Il metodo di ricerca del photovoice utilizza la fotografia in chiave etica per il cambiamento sociale. Le ricercatrici e i ricercatori che nel mondo usano questo metodo da diversi anni ormai, nell’ambito della ricerca qualitativa dove mi muovo è piuttosto diffuso, ritengono che tutti debbano avere la possibilità di rappresentare se stessi e raccontare la propria storia. Per questo motivo lavorano in partnership con enti del territorio (associazioni, scuole, cooperative sociali, ecc.) in tutto il mondo su progetti e attività che combinano la fotografia etica e l’impegno della comunità per generare un cambiamento sociale positivo. Il termine inglese compone infatti le parole foto e voce per indicare l’obiettivo di generare «un processo durante il quale gruppi di persone poco ascoltati rispetto a situazioni problematiche che li toccano in prima persona, proprio come i bambini e le bambine in merito a questioni connesse alla tutela della biodiversità, possono identificare, rappresentare e migliorare la comunità attraverso la realizzazione di una serie di esperienze che possono trasformarsi in occasioni di azione ambientale e politica» (Luini, 2024, p. 110).
La metodologia
Consultando la rete è possibile trovare molti articoli dedicati alla metodologia. Per chi legge l’inglese suggerisco di dare un’occhiata all’associazione inglese no profit che ne promuove l’utilizzo.
Per chi desidera invece approfondire l’argomento in italiano è possibile leggere un saggio che, sviluppato a partire dall’esperienza delle autrici e dell’autore, dopo una introduzione sull’uso della fotografia in psicologia, presenta sia le basi teoriche che le indicazioni operative per utilizzare il photovoice. Il libro pubblicato per Franco Angeli nel 2016 s’intitola Photovoice. Dallo scatto fotografico all’azione sociale ed è stato scritto da Pamela Mastrilli, Roberta Nicosia e Massimo Santinello.
La tutela della biodiversità
Sento spesso ripetere una frase che alle mie orecchie suona così “questo bambino non mi ascolta!”. La ripetono genitori e insegnanti da generazioni quando i bambini e le bambine non fanno quello che viene loro chiesto di fare o quello che ci si aspetta da loro. Nella sua banalità questa frase mi ha sempre lasciata basita perché suppone che ai bambini e alle bambine venga insegnato a eseguire dei compiti invece che ha sviluppare un pensiero e un’azione radicati nella libera scelta e nell’assunzione della responsabilità della propria scelta. I bambini e le bambine hanno infatti opinioni, idee e pensieri molto articolati sulla vita che vengono sistematicamente inascoltati. Avete certamente presente quei video nei quali viene chiesto loro cosa ne pensano dell’amicizia, della pace, della collaborazione… se li ascoltassimo seriamente vivremmo la nostra vita con più gioia e armonia. Perché non farlo dunque? Proviamoci!
La crisi climatica ci pone di fronte a problemi complessi e per affrontarli, o almeno provarci, serve sentire in noi stessi la speranza e la gioia per la vita. La natura è una fonte di gioia e di benessere perché ci riconnette con la vita che siamo. La natura è viva e organica, ovvero non separabile e ci ricorda che noi non siamo macchine, ma esseri vivi e sensibili ovvero in relazione profonda e dinamica con l’ambiente che ci circonda. Mettere «la fotocamera nelle mani di persone inascoltate può generare un cambiamento paradigmatico capace di trasformare coloro i quali sono poco inclusi nella gestione di problemi ambientali in soggetti attivi» (Luini, 2024, p. 111), ma non solo, anche la visione delle persone che stanno con loro.
Invitare un gruppo di bambini e bambine a scattare fotografie dalla biodiversità che incontrano nella loro vita, può favorire la comunicazione tra adulti e bambini, «una comunicazione bidirezionale, in cui l’obiettivo è quello di imparare l’uno dall’altro e sviluppare pratiche alla luce delle esperienze vissute» (Luini, 2024, p. 112). L’uso della fotografia per rappresentare la relazione che i bambini e le bambine hanno con la natura può diminuire la distanza tra adulti e bambini, generando un processo educativo di grande valore perché può far nascere pensieri nuovi per un futuro sostenibile delle comunità locali.
Si tratta di creare una gruppo di bambini e bambine insieme ai loro genitori da invitare a scattare foto durante le loro giornate per poi ritrovarsi insieme a vedere le foto e a conversare su di esse.
Da queste conversazioni possono nascere idee molto diverse: si può immaginare una giornata di festa dove mostrare ad amici e conoscenti le foto, si può immaginare una gita in una località del territorio interessante dal punto di vista naturale ma poco conosciuta, si può pensare di creare un gruppo d’acquisto solidale per intrecciare relazioni con i coltivatori locali, si può immaginare un giro in bicicletta per il quartiere tutti insieme, ecc.
Per approfondire
Suggerisco anche la lettura di un breve articolo reperibile online dedicato ad approfondire il valore partecipativo del metodo di ricerca del photovoice. L’articolo è scritto da Massimo Santinello (uno degli autori del libro che vi ho suggerito nel paragrafo sulla metodologia) e Marta Gaboardi.