L’altro-da-sé
«Tutte le cose sono a due a due, una di fronte all’altra, egli non ha fatto nulla di incompleto» (Sir 42,24).
Dio crea separando e non annulla mai le differenze. Non sceglie tra terra e acque, tra luce e tenebre: li mette in dialogo, li integra. E fa sì che ogni cosa annunci la bellezza di ciò che è altro da sé.
Riportiamo un testo dal libro Dell’altro. Tra Parola e Silenzio nel vangelo di Marco di Paolo Rocca.
La bellezza, l’armonia del kosmos nasce da questo vuoto iniziale, dall’abisso, dalla tenebra. In qualche modo, viene da esso, parla di esso e dialoga con esso. Viene: l’abbiamo visto, la luce viene dalle tenebre; le acque al di sopra e al di sotto del firmamento vengono dall’abisso, sono le acque dell’abisso ormai ordinato. Parla: l’asciutto, la terra, parla del mare, è il ritirarsi dalle acque. Dialoga: Dio non schiaccia le tenebre, non le annulla, ma le integra, e se crea la luce – che, quando c’è, vorrebbe annientare il suo opposto – lascia uno spazio di ugual misura anche al suo contrario, e li fa di dialogare tra il giorno e la notte. E se la luce si chiama «giorno» è perché è in relazione con una «notte», dalla quale nasce, emerge. Così la luce viene dal buio e, mentre e se stessa, parla anche del suo altro, dal quale è venuta.
Così, la creazione è testimone di una biunità. Due realtà differenti, eppure unite: «giorno uno». E tutte le cose, messe una di fronte all’altra – il cielo alla terra (Gen 1,1), la polvere al respiro (Gen 2,7), l’uomo alla donna (Gen 2,18) – mentre sono se stesse, rivelano, insieme a se stesse, il loro altro-da-sé.
(Paolo Rocca, Dell’altro. Tra Parola e Silenzio nel vangelo di Marco, San Paolo, Cinisello Balsamo 2021, p. 21)