Dimorare in Dio
Dimorare in Dio ed essere trovato il lui è il desiderio estremo del monaco, che tutto è disposto a lasciare per una vita nascosta con Cristo in Dio (cfr. Col 3,3).
«Scappare…» ma non lontano, scappare al centro, nell’intimo di quell’amore che circonda. È questa la clausura: il bisogno di stare, di gioire, di lasciarsi circondare e trattenere in Dio.
Riportiamo un breve testo della domenicana sr M. Giuseppina Pisano.
… son gli ultimi momenti e il condannato, che da tanto conosce nella propria carne debole la suggestione e poi il tormento e l’amarezza del peccato, panda all’amore di Dio. «Quell’amore che ha fatto fiammeggiare il cespuglio nel deserto, ha aperto le tombe e ha fatto ergere e camminare nelle tenebre i morti». Di fronte a questo amore carico di potenza e di vita, vedendo la desolazione della propria vita, il prete esclama: «Oh, un uomo come me scapperebbe lontano un miglio, se sentisse intorno quell’Amore».
C’è, e ci sarà sempre, chi attorno alla propria fragile, trascurabile persona, attorno alla propria anima forse svagata da inutili cose o da progetti inconcludenti, ha sentito con una percezione chiara, profonda e singolare d’essere circondata da quell’Amore. C’è chi ha sentito Uno presente, vicino, attento, vivo; Uno che parla, Uno che dà e non chiede; non un’idea, non una potenza astratta, ma Dio vivente, luminoso reale; reale nel suo Cristo Dio e uomo; ancora presente Dio e uomo, assieme a noi. «Scappare…» ma non lontano, scappare al centro, nell’intimo di quell’amore che circonda. È questa la clausura: il bisogno di stare, di gioire, di lasciarsi circondare e trattenere in Dio.
È quanto con altre immagini dice la Scritture:
«Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita […]
per gustare la dolcezza del Signore.
Egli mi offre un luogo di rifugio […],
mi nasconde nel segreto della sua dimora,
mi solleva sulla rupe» (Sal 26).
Il chiuso del monastero è segno di questo desiderio acuto di penetrare e dimorare in Dio; di sapersi, direi quasi vedersi sollevati da lui fino a lui, per condividerne la vita.
(Sr M. Giuseppina Pisano O.P., Il soave richiamo della tortora, Editrice Domenicana Italiana 1987, pp. 82-83)