La Porta Santa come passaggio alla libertà
La ricerca sui giovani e il Giubileo, voluta dal SNPG e condotta dall’OG dell’Istituto Giuseppe Toniolo, ha preso in esame atteggiamenti, giudizi, esperienze, sentimenti dei giovani rispetto alle quattro dimensioni del Giubileo: la Porta Santa, la professione di fede, la riconciliazione, il pellegrinaggio. Così, i giovani hanno espresso il loro modo di sentire attraverso le risposte alle domande che hanno trovato su uno strumento online, una sorta di “diario” da compilare giornalmente.
Tra le sollecitazioni che i giovani hanno ricevuto sul tema della Porta Santa c’è un’immagine che presenta un pesce rosso che salta da una boccia verso il mare aperto. La metafora è chiara, ma come l’hanno interpretata i giovani ai quali è stato chiesto: quali idee, emozioni, ricordi, esperienze della tua vita ti suscita questa immagine?
L’analisi rivela un tema centrale di liberazione, coraggio e transizione dalla sicurezza conosciuta all’ignoto vasto: l’uscita dalla “comfort zone” per un cammino di crescita e realizzazione. È importante la metafora del salto e della libertà, con due spazi antitetici: la boccia/acquario (il limite) che simboleggia un ambiente ristretto (“spazi angusti”, “piccolo mondo stretto”, “bolla”, “vecchiume solido, cementificato, della chiesa”, “gabbia”… sono le parole usate dai giovani). Rappresenta la routine, le paure, le credenze limitanti e le situazioni di disagio o esclusione; il mare/oceano (l’orizzonte), che simboleggia l’infinito, la libertà (la parola più ricorrente), la vita vera, la rinascita, e la possibilità di “esplorare il mondo” e “aprire gli orizzonti”. Il salto è l’azione interpretata come l’atto di coraggio necessario per innescare il cambiamento. È una scelta che implica il “rischio” di “buttarsi davanti, verso nuove esperienze”. Il processo di liberazione non è descritto come indolore, ma è caratterizzato da una forte ambivalenza emotiva: coraggio e speranza si mescolano con paura e ansia, la sensazione di libertà è accompagnata dall’incertezza e dal timore di non avere il controllo. Questa tensione riflette il conflitto interiore nel prendere decisioni difficili, sottolineando che il vero salto è sia esterno (cambiare ambiente) sia interno (vincere le proprie paure).
Un importante tema emergente riguarda la spiritualità: la spinta al salto è vista come “fede e ricerca di qualcosa di più grande”, “trovare la vera strada che il Signore mi ha disegnato”, o l’atto di “lasciarsi guidare dallo Spirito”. L’esperienza del Giubileo è esplicitamente citata come l’uscita dalla piccola realtà parrocchiale per immergersi in un “mare” di fedeli, in un contesto più ampio e unificante. L’uscita dalla boccia è anche interpretata come l’atto di “essere controcorrente”, “pensare fuori dagli schemi” e accettare di essere “diversi dagli altri”, rifiutando le “cose che ci vengono preimpostate” o i limiti imposti.
L’immagine del pesce che salta è stata percepita, dunque, come una metafora potente del cammino spirituale, inteso come un dinamismo di fiducia e un’esplorazione che rompe con la staticità della vita ordinaria. È un’azione che sfida la logica della comodità, ma è anche abbandono e fiducia, perché il salto simboleggia l’abbandono totale in Dio e la necessità di “passare dalle certezze personali all’affidarsi completamente al Signore”. Questo gesto è motivato dalla speranza che “un abbraccio infinito d’amore ci attende” e dalla consapevolezza che si sarà “sempre accompagnati” in questo cammino.
Il mare/oceano non è solo il luogo della libertà, ma è la destinazione stessa della ricerca spirituale. Rappresenta la pienezza che dà senso alla vita e alla vocazione: troviamo l’immagine di Dio come orizzonte, perché il mare è visto come una metafora di Dio stesso, come “la vocazione, l’amore infinito, tutto ciò che dà senso”. È un luogo “vasto, aperto, che fa un po’ paura, ma che attira, perché, dentro di noi, sappiamo che lì è casa”. Il salto è l’impegno ad “andare oltre e dirigersi verso l’orizzonte per trovare la vera strada che il Signore ha disegnato per ciascuno”, definendo la ricerca come l’adesione a un progetto divino di vita.
Il tema si manifesta anche in un’importante dimensione ecclesiologica e comunitaria: l’uscita dalla ristrettezza.
L’esperienza del Giubileo è interpretata come la realizzazione del salto. Il passaggio è descritto come l’abbandono di “piccole realtà parrocchiali e diocesane ristrette” per ritrovarsi in un “mare” di altri fedeli, un oceano di volti accomunati dalla fede in Cristo: la fede matura quando scopre di essere parte di qualcosa di immensamente più grande.
Non manca una nota critica, dove la “boccia” viene identificata negativamente con un “vecchiume solido, cementificato della chiesa che non si rinnova”.
Per alcuni, il salto di fede implica la necessità di “uscire dalle idee fisse” e dalle contraddizioni, per abbracciare una spiritualità più libera e dinamica.
In conclusione, l’analisi mostra come l’immagine rappresenti per i giovani del Giubileo un potente simbolo di autodeterminazione e maturazione. È l’invito a non accontentarsi di quel che si ha, ma a cercare un’esistenza più vasta, autentica e ricca di opportunità, nonostante il rischio e la paura che ogni grande cambiamento comporta.