N.06
Novembre/Dicembre 2025

Maria Bolognesi

Il fuoco della carità sotto alle ceneri della sofferenza

La provincia di Rovigo degli Anni Venti appartiene a un Polesine agricolo, molto povero, dove tutti devono lavorare se si vuol sopravvivere. Tali sono anche le condizioni in cui il 21 ottobre 1924 nasce la piccola Maria, figlia illegittima di Amedeo Gozzanti e Giuseppina Samiolo, che si sposerà poi con un Bolognesi da cui Maria prenderà il cognome: Maria Bolognesi. Gli inizi del suo esistere sono dunque di povertà materiale e morale, esposta com’è dapprima allo stigma che segnava allora le famiglie “irregolari”, in seguito a nuove tensioni che si ingenerano nella casa del patrigno, presto geloso della moglie Giuseppina, e di Giuseppina stessa che maltratta la figlia Maria, mettendo più volte alla prova la sua capacità di sopportazione.

Maria tuttavia esce dal nucleo familiare per andare a scuola, dove frequenta le prime due classi delle elementari, e poi per lavorare i campi, vedendosi costretta ad anteporre le urgenze del lavoro – per scongiurare la denutrizione – ai banchi di scuola: «poi la sua penna diventa la zappa e l’aula i campi dove è costretta ad aiutare la famiglia». Nasce forse da qui la sua sapienza, fatta di poche parole, ma di quel senso del concreto che la porta a leggere persone e situazioni, senza lasciarsi ingannare dalle apparenze. La sapienza di Maria è quella di una giovane, poi donna, capace di andare all’essenziale e di cogliere il senso profondo delle questioni: la madre, nervosa e psicologicamente aggressiva, per molto tempo non le dà tregua e ciò induce Maria ad allontanarsi. Ospite dapprima di una canonica, è in seguito accolta dalla famiglia Piva che le vuol bene come a una figlia. Lei davanti ai tanti insulti non si scompone, risponde con la mitezza di Cristo  e – china sui doveri – scende dentro la profondità delle situazioni e delle esigenze, avendo questa costante capacità di andare verso l’altro, di accettarlo e amarlo come è: è altrettanto mansueta dinanzi a chi la ferisce e a chi le apre la propria casa.

Sin da piccola, Maria Bolognesi – cresciuta in un clima di aridità affettiva – scopre l’amicizia grande del Signore, che mai vien meno: quando ancora non sa pregare, guarda il Tabernacolo formulando semplici pensieri d’amore per Gesù e anteponendo così l’unione del cuore alle formule della preghiere e alla solennità della liturgia, che proprio da quell’amore sono vivificate.

Nasce allora l’urgenza del tutto spontanea di consacrarsi prestissimo al Signore e alla Madonna: al cuore di una vita intessuta di miseria e di faticosi doveri, sta la sua «straordinaria confidenza […] verso Gesù, confidenza che sarà il centro di gravitazione di tutta la sua spiritualità». Come cristiana, si astiene da ogni forma di giudizio, senza additare chi le è contrario e amando lei anche per chi questo amore è incapace di esprimerlo («Voglio amare Gesù anche per la mamma», dice). Antepone il bene degli altri alla propria comodità – che non ha mai saputo cosa fosse – e sceglie la via d’un amore oblativo, pronto a farsi carico delle esigenze di tutti: dal 1943, per esempio, accudisce i piccoli di alcune famiglie povere, per permettere ai genitori di andare al lavoro, ma è anche factotum, accetta di essere questuante e si fa carico di incombenze sempre nuove.

Maria scopre che il suo posto è restare dove la vita l’ha messa, quasi realizzando che la vera appartenenza è a Dio e ai fratelli e che non serve mutare condizione o luogo per esprimere l’integralità del vangelo. Come consacrata sceglie solo un vestito nero – da lei stessa approntato – che simboleggia la rinuncia al mondo, pur restando nel mondo: vestito di una semplicità quasi castigata che tuttavia verrà arricchito dal triplice anello che Dio stesso le donerà, cominciando da uno di rubini, sostituito da un secondo più prezioso, per concludere con uno di oro massiccio. Lei la prima volta si spaventa, perché al risveglio trova davvero questo anello, che nessun altro le aveva portato e che avrebbe avuto un prezzo favoloso, ma corrisponde perfettamente al sogno, inverato dal dono concretissimo di un’opera di alta oreficeria, regalo di Gesù stesso.

Maria Bolognesi è infatti, ben presto, una mistica, anima di fuoco che sperimenta sia la violenza dell’assalto del male e della lotta contro di esso, sia la dolcezza esigente delle consolazioni del Signore. Tra numerose malattie fisiche e prove morali, vede imprimersi progressivamente in lei i segni della Passione e, in particolare, la sudorazione di sangue che si ripete, lei tenta di mascherarla, ma non riesce anche per l’intenso profumo che l’accompagna. La Bolognesi diviene così una mistica dal nascondimento totale nel bel mezzo del mondo – si vorrebbe dire: tanto più nascosta quando più ordinaria nel suo apparire, nella sua accessibilità che non alza barriere –. Sa che tutto è dono di Dio e che non per questo deve ritenersi speciale. Alla scuola di un sacerdote, don Bassiano, impara la sottomissione alla liberalità di Dio, continuando a ritenersi una peccatrice come gli altri, una persona sempre bisognosa di conversione. Il sacerdote le aveva detto: «Non crederti più buona degli altri per questo. Accetta quello che Gesù vuole […]. Può darsi che tu sia segnata da Dio con questa sofferenza in riparazione dei tanti peccati, come può essere per riparare per la tua propria anima». Maria – una mistica che fu per 26 anni bracciante agricola, assai malata senza darlo a vedere – rifiutò sempre, quasi con ostinazione, di essere considerata santa. A un medico disse: «Dottore, Cristo è mio, suo e di tutti; io sono una penitente come gli altri». Quando ricevette una particolare ferita, in comunione a quella di Gesù, notò: «Gesù mi ha dato la ferita anche nella mano sinistra, da sola nel silenzio e nel nascondimento in una piccola cameretta». Quando le viene fatto notare l’intenso profumo che da lei si stava sprigionando – «Ma se hai un profumo addosso!» – risponde: «Io non sento nulla, non ti preoccupare, per me Gesù vorrà così!».

La vita di Maria Bolognesi attesta perciò quelle apparenti contraddizioni che sono alla radice del messaggio evangelico e in lei prendono carne, spessore di concretezza e fisicità: le tante malattie, ma una disponibilità sempre pronta e gioiosa; gli insulti ricevuti e le vessazioni patite, ma l’esuberanza del bene donato, senza alcun risentimento; le sudorazioni di sangue e le sofferenze della Passione, con un grande profumo. È il messaggio della vita che si irradia dalla “morte”, della risurrezione unita alla croce.

In lei, un Vescovo di Adria-Rovigo legge la capacità di percepire la presenza di Dio in ogni avvenimento, alla luce della fede; un grande amore alla Chiesa e ai sacerdoti; la carità grandissima per la gente, con una predilezione a poveri e ammalati. Accogliere la croce come dono è il suo messaggio, così come farsi piccoli perché «sono i piccoli che cercano di farsi santi e si fanno santi facilmente».

Maria Bolognesi è rimasta Piccola tutta la vita, persuasa – nel profondo – che grande è Gesù e che è alla Sua grandezza che è importante appoggiare la propria fragilità. Il suo cammino terreno è stato accompagnato dalla miseria prima e dalla sofferenza poi e testimonia che l’unico requisito della nobiltà del cristiano è la carità.

Definita infatti la «donna silenziosa della carità», Maria Bolognesi è stata beatificata il 7 settembre 2023. «Era il vangelo», ha detto una persona. La sua è stata una solidarietà totale col povero, chinandosi, abbassandosi, condividendone il peso per innalzarlo al Cielo, per farlo attirare da Gesù. Sotto le ceneri di una grande sofferenza, ha palpitato in Maria l’ardore della carità.

 

Avrei dato il mio cuore per sollevarli;
il loro dolore è anche mio;
vorrei che tutte quelle sofferenze fossero mie.

Parola di Maria Bolognesi

 

La beata Maria Bolognesi nasce in provincia di Rovigo nel 1924, in condizioni di profondo disagio familiare e tanta povertà che ne segnano la crescita, ma non la serenità, nutrita da una solida fede e dal dono precoce e totale di sé al Signore Gesù. La vita di Maria – una laica abituata ai lavori più pesanti, non sempre compresa, talvolta trattata male ma moralmente e spiritualmente forte – si dipana in circostanze piccole, rese grandi dalla sua fede e dall’esperienza mistica. Muore a Rovigo il 30 gennaio 1980 e oggi, per conoscerla, si rinvia anzitutto al fondamentale: Raffaele Talmelli, Bruciate i miei diari. La vera storia della beata Maria Bolognesi, con Prefazione di Luigi Maria Epicoco, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2024.