Il particolare rilievo del significato sponsale nel discernimento vocazionale
Questo numero della rivista raccoglie – come ogni anno da diversi anni – il frutto delle riflessioni emerse in occasione del Consiglio nazionale di primavera del nostro CNV.
Il tema di studio che avevamo messo al centro della nostra attenzione era stato così formulato: Criteri di discernimento vocazionale: segni specifici e particolari.
Una scheda, preparata dalla Direzione nazionale e inviata con largo anticipo, chiedeva a tutti i consiglieri di preparare un contributo personale ed inoltre erano stati sollecitati, a partire dalla stessa scheda, due amici particolarmente esperti, perché ci offrissero alcuni spunti: dal punto di vista biblico-teologico, don Giorgio Mazzanti e dal punto di vista psico-pedagogico, don Nico Dal Molin.
Per capire lo sviluppo delle riflessioni raccolte in questo numero è decisamente opportuno soffermarci un istante proprio sulla scheda che rappresenta, in concreto, la chiave di lettura di tutto il numero. La scheda partiva riportando due noti passi del magistero di Giovanni Paolo II ed un frammento del Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri della Congregazione per il Clero. Eccoli:
“Particolare rilievo ha, nella vita consacrata, il significato sponsale, che rimanda all’esigenza della Chiesa di vivere nella dedizione piena ed esclusiva al suo Sposo, dal quale riceve ogni bene” (Giovanni Paolo II, Vita Consecrata, 34).
Il donarsi di Cristo alla Chiesa, frutto del suo amore, si connota di quella dedizione originale che è propria dello sposo nei riguardi della sposa, come più volte suggeriscono i testi sacri. Gesù è il vero sposo che offre il vino della salvezza alla Chiesa (cf Gv 2,11). Lui, che è il capo della Chiesa e il salvatore del suo corpo (Ef 5,23) ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata (Ef 5,25–27)… Il sacerdote è chiamato ad essere immagine viva di Gesù Cristo Sposo della Chiesa. È chiamato pertanto, nella sua vita spirituale, a rivivere l’amore di Cristo Sposo nei riguardi della Chiesa sposa (Giovanni Paolo II, Pastores dabo Vobis, 22).
Il sacramento dell’Ordine, infatti, fa partecipe il sacerdote non solo del mistero di Cristo Sacerdote, Maestro, Capo e Pastore ma, in qualche modo, anche di Cristo “Servo e Sposo della Chiesa”… I presbiteri che… costituiscono con il loro Vescovo un unico presbiterio… partecipano pure, a somiglianza del Vescovo, di quella dimensione sponsale nei riguardi della Chiesa che è bene significata nel rito dell’ordinazione episcopale con la consegna dell’anello…. Per questa comunione con Cristo Sposo, anche il sacerdozio ministeriale è costituito – come Cristo, con Cristo e in Cristo – in quel mistero d’amore salvifico di cui il matrimonio tra cristiani è una partecipazione… (Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri, 13).
A partire da queste icone la scheda sviluppava uno schema che invitava a riflettere. Su queste basi.
Il discernimento vocazionale sembra trovarsi di fronte alla necessità di uno sviluppo pieno dell’uomo nuovo, nato dall’alleanza sponsale del lavacro battesimale e del banchetto eucaristico (cf Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, 27), in vista della piena realizzazione della vocazione personale, con al centro la persona di Cristo e la di lui relazione sponsale con la Chiesa sposa.
Risulta urgente ed interessante riscoprire la nuzialità battesimale del ministero ordinato, e, sull’esempio di Giovanni Battista, l’amicizia allo sposo che fa gioire nel veder crescere la relazione tra Cristo Sposo e la Chiesa sua sposa (cf Gv 3,29) e, principalmente, riporre questa tematica nuziale al centro del discernimento vocazionale…
Tutto questo richiede un’impostazione relativamente nuova nel discernimento vocazionale: chiede di partire dalla persona e dalla sua relazione con Cristo. I criteri devono venire riposizionati a partire da questa prospettiva: è il mistero della persona il punto di partenza.
Partendo dalla persona siamo chiamati a cogliere la relazione che Dio vuole avere con ciascuno di noi. Occorre, infatti, mettersi dal punto di vista di Dio e cogliere quale sia l’esperienza “responsoriale”, per cui posso dire che chiama proprio me. Comprendere cioè quali sono i criteri, per cui Dio, nella sua relazione di amore, chiama me (“Io ho scelto voi”: Gv 15,16).
“Se Dio ti trova disarmato – amava dire A. H. Von Balthasar – certamente ti darà il tuo posto”.
Tutto ciò comporta necessariamente una pastorale (annuncio, proposta, discernimento e accompagnamento) che parte dalla persona nella sua situazione; annuncia il diritto di Dio ad avere una storia di amore e di alleanza sponsale con ognuno; aiuta a cogliere i segni dell’amore di Dio nella storia personale di ognuno e li legge in prospettiva vocazionale.
La conseguenza sarà che chiamata e risposta al ministero ordinato e al celibato, come pure alla vita consacrata e alla forma verginale della vocazione all’amore, non possono essere altro che il frutto maturo di una percezione e di una risposta che possono avvenire esclusivamente dentro ad un rapporto pieno, dinamico, profondo con lui.
Il “per sempre” non diventa più un problema, perché dire “ti amo” non è possibile senza il “per sempre”: è insito nella verità della propria vocazione all’amore.
La scheda suggeriva infine alcune domande guida che suonavano così:
– Come camminano insieme fede e vita per la consegna incondizionata della propria vita a Dio?
– Come viene segnato il passo di questo cammino?
– Come si rivela autentico?
– Quali segni specifici di nuzialità con Dio per il matrimonio?
– Quali segni specifici di nuzialità con Dio per il ministero ordinato?
– Quali segni specifici di nuzialità con Dio per la vita consacrata?
Don Giorgio Mazzanti – avendo impostato la sua riflessione sulla falsariga del recente intervento da lui offerto al Convegno CISM – ci rimanda, per il suo intervento, agli atti di tale Convegno e ad alcune sue, per altro largamente apprezzate, pubblicazioni quali: Teologia sponsale e sacramento delle nozze. Simbolo e simbolismo nuziale, EDB, Bologna 2002; Mistero pasquale mistero nuziale. Meditazione teologica, EDB, Bologna 2002. Persone nuziali. Saggio teologico di antropologia, EDB, Bologna 2005; Da Cana la luce. Teologia e spiritualità, EDB, Bologna 2005.
Don Nico dal Molin ci offre – con la consueta competenza e rigorosità – alcuni preziosi orientamenti.
C’è posto anche per alcuni interventi dei membri del Consiglio che, con evidente esperienza, hanno arricchito ulteriormente il dibattito.
Ho ritenuto infine – dopo aver partecipato con attenzione e profitto (anche perché dovevo guidarla…) alla giornata di studio – di poter offrire anche io una mia riflessione personale sul tema, frutto di ricerche e approfondimenti avvenute in questi ultimi anni. L’occasione per stendere il testo che segue mi è stata offerta dalla partecipazione ad un Convegno di qualche mese fa, a Trapani, con i formatori dei seminari di Sicilia. Lì sono stato invitato a tenere alcune conferenze su un tema che reclamava necessariamente un approfondimento sui contenuti che questo numero della rivista vuol veicolare.
Offro il frutto di questa mia ricerca come primo studio perché possa aiutare – con il necessario corredo teologico e pastorale – a mettere a fuoco il fondamentale criterio per il discernimento vocazionale, che è quello di ripartire sempre più profondamente e radicalmente da Cristo e da una relazione squisitamente“sponsale” con lui, vissuta come lui la vuole.