N.06
Novembre/Dicembre 1993

‘Vocazioni’ compie dieci anni

Sono trascorsi dieci anni da quando ‘Vocazioni nuova serie’ dialoga intensamente con gli educatori alla fede della chiesa italiana.

Fare “il punto” sul cammino percorso in questi anni dalla pastorale vocazionale, grazie anche a questo dialogo, ci sembra doveroso oltre che opportuno.

A questo fine il presente numero di ‘Vocazioni’ offrirà una preziosa guida alla lettura per “temi” dei numeri monografici pubblicati nel decennio, utilizzando le “parole chiave” della pastorale vocazionale.

Questo numero, inoltre, lungi dall’essere auto-celebrativo, presenterà in particolare il cammino promosso in questi anni dal Centro Nazionale Vocazioni, i criteri che l’hanno ispirato, le iniziative che l’hanno concretamente scandito.

La prima nota di premessa da fare è la seguente: il cammino della pastorale delle vocazioni nel decennio si è svolto sotto l’impulso del 2 ° Congresso internazionale per le vocazioni[1]– promosso dalla S. Sede – e secondo gli orientamenti del Piano Pastorale per le Vocazioni a firma dei nostri Vescovi[2].

Le grandi opzioni teologiche – dalla vocazione battesimale alle vocazioni di speciale consacrazione, e la nuova visione dell’ecclesiologia conciliare, la chiesa popolo di Dio, “comunità” di chiamati – hanno costituito le fondamenta e le grandi arcate portanti della pastorale vocazionale.

Le corsie preferenziali imboccate e percorse in questi anni – la natura unitaria della pastorale delle vocazioni, l’inserimento organico della dimensione vocazionale nella pastorale ordinaria, la pastorale giovanile in chiave vocazionale, l’accompagnamento come proposta di un cammino di fede comunitario complementare a un cammino personalizzato nella direzione spirituale, gli itinerari di fede vocazionali specifici, i centri unitari ecc. – hanno rappresentato e rappresentano tutt’ora le grandi “direttive di marcia” della pastorale vocazionale.

Ritengo opportuno – in questo contesto vitale che ci rinvia al servizio svolto dal Centro Nazionale Vocazioni in questi anni attraverso le proposte diversificate di studio, animazione, coordinamento che vengono “rilette” nelle pagine seguenti – “celebrare” con il presente editoriale il 10° compleanno di ‘Vocazioni nuova serie’ presentando i risultati della recente ricerca sul “servizio del centro diocesano vocazioni” promossa dal CNV stesso, che ci offre la possibilità di fare il punto sul cammino percorso nelle chiese locali, ma soprattutto d’individuare i passi ulteriori da fare e i punti su cui maggiormente impegnarci per il prossimo futuro.

Mi è gradita l’occasione per ringraziare anche da queste pagine i Direttori dei Centri Diocesani Vocazioni, per la loro generosa collaborazione, ed in particolare Giovanni Dalpiaz, monaco camaldolese e sociologo, per il prezioso e decisivo servizio nella stesura del questionario e nella elaborazione dei dati della presente ricerca.

 

Cronistoria di una ricerca

Nel 1988 venne condotto un primo rilevamento allo scopo di censire la presenza e l’attività dei CDV. In quell’inchiesta si raccolsero informazioni su 118 CD V pari al 52,0% di quelli, allora, teoricamente esistenti. Quei dati non solo furono accolti con l’interesse che da sempre si accompagna al tema vocazionale, ma contribuirono a sollecitare l’attuazione di un centro vocazionale in molte delle diocesi che al tempo ne erano sprovviste. In questi ultimi anni si sono costituiti almeno una trentina di CDV, per cui attualmente sono solo una decina le diocesi che ancora ne risultano mancanti.

A quattro anni di distanza, agli inizi dell’anno scorso, si è avvertita la necessità di un nuovo rilevamento che offrisse alle realtà diocesane 1’occasione per condurre una verifica del lavoro svolto e nello stesso tempo fornisse elementi per una messa a punto, a livello nazionale, di come nella chiesa italiana si realizza l’impegno di animazione vocazionale.

L’iniziativa è stata accolta con molto interesse e lo attesta l’ampiezza della partecipazione. Sono giunte risposte da 195 diocesi, pari al 85,9% del totale comprendente pure le abbazie territoriali, l’ordinariato militare e le prefetture territoriali; rispetto a quattro anni prima il numero delle risposte è aumentato del 60,5%. Un segno, forse piccolo, ma ugualmente significativo, della stima e dell’apprezzamento che si ha per il servizio svolto dal Centro Nazionale Vocazioni. In particolare se confrontiamo la ripartizione delle diocesi che nelle diverse aree geografiche risposero ai due rilevamenti ci accorgiamo non solo come si sia innalzata la partecipazione alle iniziative del CNV ma di un incremento particolarmente accentuato al sud. Quest’ultimo elemento è molto significativo in quanto si realizza in un contesto dove la presenza ecclesiale, per una diversa tradizione organizzativa, risulta meno strutturata e quindi è più difficile attivare quel coordinamento delle iniziative vocazionali che costituisce la ragion d’essere del CDV e del servizio nazionale proposto dal CNV.

Infine l’ampia e ben articolata distribuzione territoriale delle risposte fornite al questionario permette di delineare un quadro attendibile del tipo d’impegno vocazionale presente nella chiesa italiana.

 

Organizzazione del CDV: struttura e persone

Un primo elemento positivo è la presenza nel 97,4% delle diocesi di un centro diocesano vocazioni e nei pochi casi ove esso ancora non esiste, qualora ciò non derivi dalla debolezza della struttura diocesana, emerge l’intenzione di attivarlo quanto prima. Rispetto a qualche anno fa si constata una crescita nell’interesse per la pastorale vocazionale, probabilmente anche per il fatto che si fanno sempre più evidenti gli effetti della diminuzione nel numero dei sacerdoti. Tuttavia emergono ancora incertezze nell’impostazione pastorale, e fatica a radicarsi la convinzione che l’animazione vocazionale è impegno unitario e convergente di tutta la comunità cristiana. Tale priorità dovrebbe esprimersi in un generoso investimento di persone, iniziative, mobilitando tutti i componenti la realtà ecclesiale. Invece se da un lato il lamento per la crisi delle vocazioni, sacerdotali e di speciale consacrazione in particolare, è tema ricorrente, quando poi si passa a vedere quale tipo di proposte operative da tutto ciò scaturisca ci si trova di fronte a progetti affidati alla buona volontà delle persone, condotti in modo discontinuo e che faticano ad andare oltre qualche iniziativa di animazione giovanile. È una prassi nella quale si coglie il perdurare dell’idea che in fondo la crisi non sia così grave come la si enuncia e che comunque il Signore ci penserà. Il che però non dovrebbe far scordare come, ordinariamente, la chiamata trovi maggiore o minore accoglienza a seconda della sensibilità e formazione cristiana della persona alla quale è rivolta. L’animazione vocazionale richiede poi un’azione progettata sui tempi lunghi e attorno alla quale converga una pluralità di soggetti: famiglia, comunità ecclesiale, gruppi giovanili, ecc.

Solo il 6,3 % dei direttori CDV è impegnato a pieno tempo nel servizio vocazionale (erano il 9,3 % nel 1988). Il 72,3 % dei CDV non ha statuto o regolamento, quindi presenta una debole fisionomia giuridica il che lo rende di fatto appendice di qualche altro settore pastorale sia esso la pastorale giovanile o il seminario.

Nell’organizzare il proprio lavoro solo il 15,4% dei CDV si muove sulla base di una programmazione annuale, altrimenti o si assumono le indicazioni offerte dal CNV o si procede riferendosi alle richieste che giungono dalle parrocchie o dalle zone pastorali.

Gli incontri del gruppo che anima l’attività del CDV si svolgono per il 38,5% a cadenza mensile, nel 37,4% dei CDV ci si ritrova alcune volte all’anno senza scadenza fissa ed infine nel 24,1 % le riunioni sono del tutto occasionali. Nel corso di tali riunioni ampio spazio è dedicato alla preghiera e poi si passa ad affrontare aspetti organizzativi ed operativi connessi a specifiche iniziative vocazionali. Solo nel 5,6% dei CDV si è avvertita l’opportunità di realizzare degli incontri specificamente dedicati allo studio di tematiche vocazionali.

Nel chiedere quali siano le persone che collaborano alle iniziative del CDV non si è distinto se si intendesse rilevare il nucleo degli animatori costituenti il gruppo operativo, denominato pure commissione ristretta o ufficio, oppure se ci si riferisse al contesto più ampio espresso nell’assemblea o nella commissione diocesana per le vocazioni. Pur con tale imprecisione di fondo, emerge che l’impegno vocazionale è ancora un compito condotto avanti da “addetti ai lavori”. Nei CDV risultavano operare, oltre al direttore, prevalentemente religiose (nell’82,6%), religiosi (nel 77,4%) e laici consacrati (nel 73,8%). Sarebbe buona anche la presenza laicale, la si riscontra infatti presente nel 76,4% dei CDV, se non vi fosse il ragionevole dubbio di trovarsi davanti a dati sovrastimati. Infatti molte risposte indicavano semplicemente “laici” senza precisare se ci si riferiva ai “laici consacrati” degli Istituti secolari o, più in generale, al laicato cristiano. Molto più contenuta è la presenza di giovani (nel 30,8%), di diaconi permanenti (nel 28,2%), ma al riguardo è da tener conto che la loro è una presenza ancora limitata, e di seminaristi (nel 20,0%).

 

La dimensione vocazionale nella pastorale ordinaria

Il collegamento con la pastorale diocesana è attuato sia collaborando con gli altri uffici sia partecipando ai consigli pastorale e presbiterale.

Nel 57,1 % delle diocesi il direttore del CDV coordina le iniziative vocazionali con i responsabili dei vari settori pastorali. È questo certamente un fatto positivo, anche se non va dimenticato quell’11, 6% di chiese locali dove ciò non avviene, alle quali va aggiunto un 31,2% di situazioni ove è del tutto assente ogni collegamento tra i vari settori pastorali. Quest’ultimo aspetto, indice eloquente di un’organizzazione ecclesiale strutturalmente debole, lo si riscontra più al sud (37,5%) che al centro (29,2%) e al nord (24,6%).

Nello specifico poi la collaborazione viene a realizzarsi più facilmente con gli uffici che condividono il riferimento privilegiato al mondo giovanile, come l’ufficio catechistico (vi collabora il 42,6% dei CDV) e quello per la pastorale giovanile (43,6%), meno intenso è invece il rapporto con la pastorale familiare (24,6%), la liturgia (25,6%), la caritas (20,5%).

La partecipazione del direttore del CDV al consiglio presbiterale la si ha nel 44,2% delle diocesi, e quella al consiglio pastorale nel 59,8%, in ambedue i casi non sappiamo se specificamente a motivo dell’impegno nella pastorale vocazionale o se ad altro titolo.

Comunque, indipendentemente dalla presenza, il tema vocazionale risulta piuttosto estraneo all’interesse di tali organismi. Infatti solo 1 Consiglio Presbiterale su 4, ed 1 Consiglio Pastorale su 6 ha dedicato una specifica attenzione all’attività del CDV.

 

La dimensione vocazionale nella pastorale giovanile

Per quanto poi riguarda il servizio svolto dal CDV si constata come per la quasi totalità delle diocesi esso si concretizzi nell’organizzare e proporre iniziative per il mondo giovanile. Oltre a questo, che risulta essere un po’ il perno della pastorale vocazionale italiana, il 24,1% dei CD V si impegna specificamente per la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, un 9,2% propone attività di formazione per gli animatori vocazionali, l’8,7% si impegna per sollecitare un maggior coinvolgimento del clero ed il 5,7% mostra di avere una specifica attenzione ad entrare in dialogo con gruppi e movimenti ecclesiali. 

Circa la progettazione futura le risposte sono state molto lacunose, in quanto il 70% non ha risposto alla domanda, pertanto i dati vanno presi con molta cautela. Si ha comunque che il 33,3 % pensa di continuare ad organizzare incontri per i giovani, dando ad essi un forte carattere di spiritualità (25,1 %). Accanto al perdurare di un orientamento ben radicato nella pastorale vocazionale si nota un maggior interesse per la preparazione di animatori (il 19,2% dei CDV ha al riguardo delle iniziative in progetto), l’impegno a meglio coordinare sul territorio la pastorale per le vocazioni (6,2%), a rafforzare nel clero una sensibilità vocazionale (7,2%). Il mondo giovanile emerge quindi come il referente privilegiato dell’azione vocazionale, ma in generale le iniziative hanno un’impostazione scarsamente articolata, manca una progettazione di lungo respiro, capace di sostenere attività durature nel medio e lungo periodo. Nel settore dell’animazione vocazionale il lavoro che dà frutto è poco appariscente, va condotto con grande perseveranza, sapendo che chi semina non sempre raccoglie i frutti. Ed invece si rileva che solo nel 4,1 % delle diocesi si hanno iniziative per i giovani caratterizzate da sistematicità e protratte nel tempo. Il 5,4% dei CDV preferisce invece proposte meno impegnative legandole alle richieste delle parrocchie, prendendo spunto dalla Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, o approfittando dell’occasione di un’ordinazione sacerdotale, di un ‘anniversario di messa, di una consacrazione religiosa, ecc. 

Nella conduzione delle attività il gruppo degli animatori del CDV può nel 67,7% delle diocesi far conto sull’aiuto proveniente dal seminario (insegnanti e studenti di teologia), meno invece sull’apporto degli Istituti religiosi femminili (lo attesta presente il 47,7% dei CDV) e dei maschili (28, 7%).

 

La pastorale vocazionale unitaria

Se nell’impostazione generale del tema vi è disponibilità a riconoscere la vocazione come “chiamata”, non necessariamente finalizzata al ministero ordinato o alla vita consacrata, mano a mano che si scende nel concreto attuarsi delle iniziative ci si accorge di come l’orizzonte si restringa ed ognuno finisca per coltivarsi il proprio orticello.

Le diocesi attraverso il CDV hanno lo sguardo rivolto al mondo dei seminari e sentono crescere la preoccupazione per il ridursi del clero. Gli Istituti religiosi, maschili e femminili, guardano i loro conventi abitati da una popolazione sempre più anziana e pensano a come non lasciar sguarnite troppe posizioni. L’animazione vocazionale di fronte ad esigenze contrastanti si trova ad essere schizzofrenicamente divisa tra una teorizzazione “alta”, ed una prassi nella quale le necessità del momento finiscono col prendere il sopravvento e fanno sì che, di fatto, si riproponga la vocazione solo come orientamento al sacerdozio e/o alla vita consacrata.

Nell’odierna impostazione della pastorale dei CDV un altro punto di debolezza è costituito dalla mancanza di animatori vocazionali. L’inchiesta documenta come solo nel 9,2% dei CDV si siano avviate delle iniziative per la formazione di animatori.

Mancano quindi le persone che permettano di passare da una pastorale “occasionale” ad una sistematica attività di accompagnamento del credente nel discernimento di quale sia la propria vocazione, che non è solo quella del servizio ministeriale. 

Se questi sono alcuni dei limiti presenti nell’odierno impegno della chiesa italiana per le vocazioni, va anche detto che in molte delle risposte si avverte l’esigenza di giungere ad una pastorale vocazionale effettivamente unitaria.

È comunque prioritario riuscire a superare la frammentazione e l’episodico che si sono constatati ancora presenti in molte delle iniziative vocazionali. I CDV, pur nella esiguità delle forze disponibili, possono al riguardo svolgere un ruolo insostituibile. Sono infatti nelle chiese locali esperienza di impegno per una pastorale vocazionale unitaria, anche se non sempre le realizzazioni corrispondono alle attese. Quanto già si fa è quindi un ottimo punto di partenza per riuscire a dare maggior spazio e contenuto operativo a tale “unitarietà”.

 

Prospettive

Le carenze che l’inchiesta ha richiamato dovranno essere affrontate nei prossimi anni con quello stesso impegno che ha sino ad ora permesso il conseguimento d’indubbi risultati positivi. Si è constatata una buona collaborazione tra centro nazionale e diocesi. Spesso quell’elaborazione più generale di ordine culturale e teologico, difficile a conseguirsi nelle realtà locali, è il contributo del CNV che in periferia più si apprezza. Forse sarà opportuno attivare una maggiore collaborazione a livello regionale, anche per poter meglio qualificare le diverse iniziative locali.

In tutte le risposte è emersa la consapevolezza di svolgere un servizio pastorale poco vistoso, ma molto importante; e non solo per il fatto d’essere direttamente collegato alla possibilità di garantire alle comunità cristiane una piena vita di fede e liturgica. C’è indubbiamente questo aspetto organizzativo ed istituzionale, ma nella pastorale vocazionale è dato di toccare con mano come ogni chiamata del Signore solleciti e provochi l’uomo ad aprirsi all’eterno donandosi nella carità.

 

 

 

 

Note

[1] Congregazione per l’Educazione Cattolica, 2° Congresso Internazionale per le Vocazioni, Roma 1982. Cfr. Pontificia Opera per le Vocazioni Ecclesiastiche, Sviluppi della pastorale delle vocazioni nelle chiese particolari, Roma 1992.

[2] CEI, Vocazioni nella Chiesa Italiana, Piano Pastorale per le Vocazioni, Roma 1985.