I temi delle Giornate Mondiali di Preghiera per le Vocazioni: l’annuncio dei “Valori Vocazionali”
Le Giornate Mondiali di Preghiera per le Vocazioni sono anche un importante occasione di riflessione, di catechesi sui temi fondamentali della vocazione consacrata e di annuncio di “Valori vocazionali”.
Anno dopo anno, il servizio del Centro Nazionale Vocazioni ha offerto alla comunità ecclesiale italiana, i contenuti, gli strumenti e qualche orientamento pratico, perché tali Giornate siano davvero momento di preghiera ma anche di crescita nella coscienza e nella responsabilità di tutti per il lavoro che ciascuno è chiamato a svolgere nella pastorale vocazionale.
E, in sintonia con il cammino della Chiesa propone di volta in volta, un tema di catechesi che fosse annuncio esplicito di valori vocazionali con la certezza di aiutare alla costruzione di quella “cultura vocazionale”, cioè dell’insieme degli atteggiamenti vocazionali di fondo o di quei valori che sono alla base di una pastorale delle vocazioni ben impostata. Vediamoli.
13 maggio 1984: “Eccomi: sulla tua parola, per sempre”
La XXI Giornata ci ha dato l’occasione per approfondire un aspetto essenziale e, ad un tempo particolarmente impegnativo per l’uomo d’oggi, insito nella vocazione consacrata: l’aspetto della definitiva consacrazione.
È l’aspetto che più di ogni altro si scontra con la cultura contemporanea. Anche chi è riuscito ad entrare in sintonia con il Signore, anche se è maturata una vera e sincera mentalità oblativa, non è difficile dirottare per strade che non prevedono un per sempre. Fa veramente paura!
Essenziale è aiutare ad andare oltre i piccoli ideali, e scoprire, nella profondità del nostro essere, l’inclinazione ad ideali altissimi. La fedeltà di Dio è la garanzia più alta della nostra fragile buona volontà.
28 aprile 1985: “Vocazioni: una vita per la pace”
Alcuni avvenimenti scandiscono il primo quadrimestre del 1985, anno internazionale dei giovani: 1 gennaio, Giornata Mondiale della Pace: il Papa diffonde il messaggio “I giovani e la pace camminano insieme”; 31 marzo, domenica delle Palme: convegno mondiale dei giovani a Roma, per acclamare a “Cristo nostra pace”; 9-13 aprile, secondo convegno della Chiesa italiana su “Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”: dai documenti preparatori i giovani risultano essere un ambito di riconciliazione.
La Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni ha voluto costituire un modesto contributo a vivere pienamente la pace, come valore vocazionale.
Cosa hanno infatti da dire le vocazioni consacrate al tavolo della pace? Come un giovane può vedere nelle varie forme di consacrazione una scelta di vita per la riconciliazione? Le vocazioni presenti nella Chiesa non sono compartimenti stagni. Se è vero che ognuna presenta caratteristiche sue peculiari, è anche vero che nessuna ne ha il diritto in esclusiva, essendo unico lo Spirito che le anima, unico il sangue che ne pervade le arterie. Poi perché si possa cogliere la luce particolare che ogni vocazione riflette sul tema-pace, occorre un occhio puro e semplice, messo a fuoco sulla “stoltezza di Dio”. Chi cerca cose grandi potrebbe rimanere deluso.
20 aprile 1986: “Vocazioni: realizzarsi in Cristo”
Emerge prepotente dal mondo giovanile una domanda di realizzazione personale. Basta porsi in ascolto dei nostri giovani, di quelli che più degli altri amano la vita, per rendersene conto. È una domanda esposta a condizionamenti, a preconcetti, ma è pure sempre un’attesa da non far cadere nel nulla.
La Catechesi suggerisce alcune linee miranti a chiarire le ambiguità e i limiti di un certo modo di intendere la “realizzazione” oggi; indica la proposta di Cristo per una vita donata nella logica della Croce e le piste per un cammino vocazionale verso la vita piena.
Al cuore dei giovani va annunciato e testimoniato che “consacrarsi a Cristo” non è “rinunciare a vivere” ma vivere pienamente.
10 maggio 1987: “Eccomi, manda me”
Missione è il valore vocazionale per il 1987: e anche se a prima vista è un valore non spontaneamente emergente dal mondo dei giovani, pur sempre se ne individuano dei germi che la pastorale giovanile e vocazionale devono portare a sviluppo. In ogni caso è un naturale approdo del “realizzarsi in Cristo” dell’anno precedente: se la vocazione cristiana è cammino verso la fecondità e l’armonia, lo è perché gli altri vi possano attingere; se la realizzazione chiede amore alla vita, la missione guarda al mondo come ad uno spazio in cui giocarla.
24 aprile 1988: “Va’., sii profeta tra la gente”
Anche la nostra epoca, come quelle che l’hanno preceduta, è chiamata a scrivere il suo quinto vangelo. La profezia è chiave di lettura di questa nuova percezione di sé che il battesimo conferisce. Essa è il motivo che anima la presenza dei cristiani nel mondo e la speciale consacrazione di alcuni di essi. È infine criterio di autenticità: per il giovane che si va ponendo il problema della sua scelta di vita come per l’eremita dai capelli bianchi e dal passo vacillante.
Profezia è il valore vocazionale della catechesi di quest’anno: aiutare il giovane a percepire la carica profetica di ogni stato di vita e in particolar modo della speciale consacrazione, e a prendere in seria considerazione la chiamata del Signore a realizzare profeticamente la sua vita. Ogni vocazione è per la profezia.
16 aprile 1989: “Vocazione: con Cristo pietre vive”
In alcuni, queste parole possono suscitare curiosità. Ad altri che hanno magari familiarità con la parola di Dio, possono richiamare il testo base che ha ispirato la scelta del tema (1 Pt 2,4-5).
Nello Spirito del piano pastorale dei Vescovi italiani Comunione e comunità missionaria e collegandosi ai temi degli anni precedenti (radicalità, disponibilità, profezia), il tema proposto per il 1989 vuole mettere soprattutto in evidenza come sia Cristo il fondamento vero di ogni vocazione e del sacrificio che ogni vita, animata dallo Spirito, offre al Signore.
Come nella storia di Israele la pietra è simbolo di vita (Dio, Sion…) e di morte (idoli, torre di Babele…); è la fedeltà all’alleanza che apre al soffio di Dio, cioè alla vita; così Cristo è la pietra viva che si lascia modellare dal Padre; la pietra angolare decisiva per l’edificazione del Regno.
Le tappe allora di un cammino per diventare “pietre vive” sono quelle di mettere a fuoco i desideri più veri; di scommettere sulla persona Cristo; di condividere le sue scelte; di stringersi nella sequela a Cristo che ama, chiama, manda.
6 maggio 1990: “Il mio sì a Cristo nella Chiesa”
“Sì a Cristo, no alla Chiesa”: è una delle frasi più ricorrenti nel mondo giovanile dei nostri tempi. È al di là delle parole con cui è formulato, un atteggiamento tra i più diffusi e complessi, che affonda le radici nel travaglio culturale del nostro tempo.
Vivere la vita come vocazione è, invece dire “sì a Cristo, nella Chiesa”: è non solo farsi carico della sorte dei fratelli, ma disporsi a incarnare il proprio dono in una concreta comunità di credenti. Come ci ricorda S. Paolo, vocazione è assumere nella propria vita la scelta di fondo del Cristo che “ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (Ef 5,25).
La riflessione di questa XXVII giornata è su un preciso “valore” che anima ogni vocazione: il consegnarsi incondizionato alla Chiesa per la sua missione.
Un’appartenenza che esige un discepolato per condividere le scelte del Cristo, per vivere la vita come vocazione; dove è lo Spirito che attua nel cuore del credente la sequela del Cristo, ed è la Chiesa il luogo voluto da Cristo, perché il discepolo vi possa investire e maturare il dono di sé.
21 aprile 1991: “Ti ha amato per primo”
Gli anni ‘90 vedono la Chiesa italiana impegnata, al fine di quel innovamento pastorale promosso e richiesto dal Concilio, in una riflessione decennale e naturalmente cadenzata negli anni sul tema “Evangelizzazione testimonianza della carità”. “Preceduti da un amore, rivelati nell’amore e da questo amore convocato”: questo il valore che la pastorale vocazionale ha voluto sottolineare come dato di partenza.
E allora ha messo subito in chiaro che “noi amiamo perché egli ci ha amati per primi” (1 Gv 4,19) e che la testimonianza della carità è l’atto con il quale noi diciamo al mondo l’amore di Dio è con il quale siamo coinvolti nell’amore stesso di Dio per il mondo.
Un’impostazione del genere è importantissima per le nuove generazioni e per un annuncio della vocazione di speciale consacrazione da parte della comunità cristiana alle stesse nuove generazioni: noi vogliamo dire ai nostri giovani che la risposta ad una chiamata speciale non è altro che la risposta ad un amore che ci precede, che ci chiama, ci sorregge, ci invia! Diventare preti, religiosi, missionari, laici consacrati è scegliere ciò che Dio ha già scelto: è lasciarsi conquistare da questo amore per diventare testimoni con la vita, con tutta una vita.
La sorgente stessa di ogni vocazione appare subito allora che egli “ti ha amato per primo”. E la mia partecipazione essenziale a questa scoperta di me prende la via della consapevolezza vocazionale. Sarò ciò che Dio vuole.
10 maggio 1992: “Io sarò con te… Il mio amore è fedele”
Al centro dell’attenzione continua ad essere la “carità come dono di Dio”: una carità contemplata nella sua bellezza e verità, e che per il cristiano è fonte di nuovi rapporti e perciò di vocazione.
Per continuare a “narrare” questa carità l’attenzione si ferma su di una sua ineffabile prerogativa: la fedeltà con cui il Signore segue i suoi chiamati.
Le tante esperienze di infedeltà spesso sofferte sulla propria pelle, i rapporti interpersonali spesso fragili e deludenti possono far ritenere che la fedeltà sia impossibile. Certe scottature poi bruciano ancora più forte quanto più assente all’orizzonte è l’amore fedele di Dio: e allora si rischia di passare una vita chiusi nel guscio del proprio cinismo, o inseguendo tra i miraggi del piacere l’amore negato. Diversa è la strada battuta da chi crede: anima e orizzonti del suo amore agli altri è l’amore eterno di Dio. La certezza che Dio mi ama di un amore incondizionato infonde la libertà necessaria per amare fedelmente i fratelli, anche al di là delle delusioni e dei tradimenti.
Una certezza di fede che spesso fugge al vissuto del cristiano d’oggi, e che come tale deve essere offerta alla riflessione e alla sensibilità dei giovani, affinché la loro vita diventi un dialogo incessante con il Cristo, dimostrazione esauriente della fedeltà di Dio nelle vicende reali e quotidiane.
2 maggio 1993: “Ti ha dato tutto”
Di fronte al mistero della vita e ai tanti doni che la rendono meravigliosa, il primo, spontaneo atteggiamento è lo stupore. Per il credente, la contemplazione. Non un atteggiamento di lusso, riservato ai mistici, ma l’anima di una gratitudine, che da un lato affranchi da un rapporto consumistico e superficiale con la vita stessa, e dall’altra apra il varco alla vocazione: una risposta d’amore all’amore totale di Dio.
Proseguendo il suo “racconto” dell’amore di Dio l’itinerario vocazionale propone all’attenzione della Chiesa italiana una qualità peculiare di questo amore, non sempre colta nella sua profonda risonanza: la totalità: andare cioè incontro a desiderio di infinito, che c’è soprattutto nel cuore dei giovani, ricordando a ciascuno di loro: Dio “ti ha dato tutto”.
TUTTO, a cominciare da quell’amore, vincolo della comunione trinitaria, che “è stato riversato nei nostri cuori” (Rm 5,5) e che rende possibile ogni vocazione.
Accorgersi che Dio ti ha dato tutto è la premessa indispensabile per poter amare. La vita ritrova il suo sapore, le cose la loro armonia.
Chi si lascia andare a questa contemplazione, avverte il cuore trasformarsi, la roccia delle sue sicurezze intenerirsi. Sente di avere a disposizione il tutto e perciò può sciogliere gli ormeggi e prendere il largo.
Conclusione
Definitività, pace, radicalità, disponibilità, profezia…, totalità: atteggiamenti vocazionali di fondo, valori che sono alla base di una pastorale delle vocazioni ben impostata. È evidente che il lavoro dell’educatore dovrà puntare a creare nel giovane le condizioni per un’interiorizzazione di questi valori: aiutarlo cioè a rendersi sempre più libero e disponibile a conoscere, accogliere e lasciarsi trasformare dai valori auto-trascendenti di Cristo mosso non da scopi utilitaristici o difensivi, ma da un atteggiamento di gratuità che non ha altro nome che “amore”. Se in giovane è aiutato a crescere in queste disposizioni c’è buona garanzia che i valori in cui crede diventeranno in lui scelte secondo lo stile da essi suggerito, capaci di .ispirare a loro volta gesti concreti in armonica sintesi vitale.
Allora quella “cultura vocazionale” di cui si diceva all’inizio sarà alla base della cultura della vita nuova, che è vita di gratitudine e di gratuità, di fiducia e di responsabilità.