Vocazioni consacrate e sfide della post-modernità
La storia della cultura e della fede, della vita cristiana, scorre, le vocazioni nel mondo e nella chiesa seguono e influenzano il suo cammino. È possibile capire qualcosa del disegno di Dio? È possibile ricavarne indicazioni per il nostro agire vocazionale migliore?
Intendiamoci sulla post-modernità
I suoi significati sono molti e non ben accordati. Ognuno li usa a modo proprio, ogni studio ne propone definizioni e distribuzioni. Propongo il mio quadro di significato, da cui trarre conseguenze per la vocazione consacrata e per la sua fase pastorale. Vedo i tempi presenti fluire su questa linea.
L’antichità sono i tempi di Gesù e subito dopo quando la Chiesa si è avviata. L’Età di Mezzo, intermedia, è costituita dai tempi di larga penetrazione e animazione cristiana dell’Europa e di prima larga diffusione delle vocazioni sacerdotali e di vita consacrata. L’Età Moderna (la modernità) globalmente può essere fatta coincidere con tempi di perseveranza viva e progressiva della cristianità e delle vocazioni, mentre fervevano crescenti gli spiriti dell’umanesimo laico e secolare, le mentalità di cultura scientifica, filosofica, artistica, morale, politica, popolare, con affermazione di quadri di valori, di atteggiamenti, di principi e prassi di condotta privata e pubblica autonoma e anche dissidente dagli indirizzi cristiani, estranea, contrastante, polemica. Tempi di difficile dialogo, di conflitti, di incomprensioni e accuse, di parallelismi. Perciò la Modernità risulta concetto ambivalente: tempo di generali sviluppi, tempo di confusione, smarrimento, crollo penoso di molte illusioni. Perciò risulta ambivalente anche la post-modernità.
Tempi della conclusione degli smarrimenti della modernità fino alla crisi generalizzata delle ideologie, delle sicurezze scientifiche, delle istituzioni, delle sicurezze. I tempi più recenti di denunzia, di delusione, di caos, di caduta delle fedi e degli equilibri, perfino delle fiducie, di aumento delle confusioni, delle guerre mondiali e locali, delle dittature, dell’emergere di molte ingiustizie, delle contestazioni, dello scoppio dei sistemi forzati. Tempi di caduta dei valori, di incattivimento. Tempi di constatazione perfino tragica della impotenza del moderno a rispondere alle istanze profonde delle persone, dei popoli, dei giovani, delle esistenze, delle relazioni intraeuropee e extraeuropee, in una civiltà ormai planetaria.
Ma sono anche i tempi della maturazione alta delle conquiste moderne in molti campi, anche se presso minoranze e confuse con gli aspetti negativi. Sono i tempi della nuova riflessione e innovazione cristiana, i tempi dell’emergere continuo di nuovi valori sia umani che cristiani verso maturità più autentiche e larghe, gettando in crisi le arretratezze, le chiusure, le inautenticità, le gestioni e i controlli dai vertici, i poteri confusi con l’autorità, le restaurazioni, le consolazioni purtroppo sopravviventi.
Post-modernità sarebbero i fenomeni di massima maturità, almeno tentati, in parte, da qualche parte e da qualcuno, realizzati effettivamente nel mondo e nella Chiesa con più piena verità, autenticità, realismo, fedeltà profonda all’uomo, a Dio, al Vangelo, alla natura, alla società, alla vita della persona e alle relazioni, alla libertà alla coscienza, alla loro guida educante.
Quest’ultima fase è rara e difficile. Utilizza i migliori contributi di ogni epoca passata. È solo di alcune personalità, di alcuni gruppi, o magari solo di momenti più autentici, più liberi, più ispirati, più vicini alla intuizione o alla ricerca che alla prassi continuata. Ma già ne viviamo e potremmo viverne sempre più, con l’aiuto dello Spirito, nella Chiesa, nella vicenda delle vocazioni in atto e in divenire.
Nello studio, fondo queste due ultime fasi di modernità matura e di post-modernità. L’ultima, infatti, potrebbe restare sempre e solo interna alla precedente, come sua dinamica crescente, non ancora dominante e generalizzata. È stile dello spirito umano e dello Spirito Santo.
La post-modernità potrebbe essere perciò l’insieme prospettico della maturità del moderno, non più autoritario, direttivo, subito, ma critico, non più tradizionale ripetitivo, ma euristico, pluralistico, sperimentale, applicato e faticosamente crescente.
Vocazione consacrata e post-modernità
L’età di mezzo è durata molto negli ambienti della vocazione consacrata, forse troppo, producendovi sviluppi, crisi, strascichi. La modernità vi è entrata in maniera complessa. Nei fondatori e nella fondazione, nelle opere e nelle presenze, l’influsso moderno di sviluppo e cambiamento è stato notevole. Si pensi a S. Angela Merici, S. Ignazio e S. Vincenzo, La Salle, Don Bosco, gli Ospedalieri, i Missionari, gli Istituti Secolari. L’elenco potrebbe proseguire.
Ma purtroppo nello stile della vita, del pensiero, nelle relazioni, delle comunità, delle opere, ecc., generalmente il moderno non ha dialogato bene. Gli elementi positivi della modernità non sono stati assimilati dalla vocazione consacrata né con sicurezza né con libertà di apertura e assimilazione. Sono state troppe le remore sia interne che istituzionali di controllo e di scarsa ispirazione. È durata a lungo la sopravvivenza dell’antico, del tradizionale, con larga marginalità, con eccezioni di presenza incisiva.
Gli elementi negativi e positivi moderni generalmente si sono insinuati subdoli, malamente avvertiti, non controllati, subiti, creando confusioni e smarrimenti tra superiori, governi e masse. Gli elementi ambivalenti raramente sono stati interpretati e assunti con matura ridefinizione.
Così quando nella vocazione consacrata il moderno è dilagato, si è rivelato spesso fonte di crisi a livello di vita e azione, di formazione, di pastorale, per coinvolgimento nel negativo, sordità al positivo, disturbo dell’ambivalente. La vocazione consacrata è stata coinvolta in una larga crisi interna di quantità e di qualità. L’antichità è risultata ormai lontana, l’attualità in parte si è dimostrata debole. In parte è stata gettata nella insicurezza di identità, nella faticosa interpretazione dei valori autentici e dei segni dei tempi, delle prospettive, il futuro si presenta abbastanza variabile, anche se in parte promettente.
A contatto con la migliore modernità nella vocazione consacrata molto è risultato ideologico e ripetitivo, retorico, istituzionale e burocratico, legale, estrinseco all’uomo e alla grazia, sia spiritualizzato che mondanizzato. Ormai si incomincia a capire che l’inautenticità evangelica e umana sta alla base delle crisi vocazionali: uscite e abbandoni, perseveranze rassegnate e poco feconde, caduta dei valori e della efficacia, perdita di credibilità sociale e di attrazione forte presso i giovani, a loro volta vittime della modernità non valida o debole, ma anche resistenti o rinascenti in nome di una post-modernità matura, disponibili solo per proposte e entrate segnate di autenticità evangelica e umana, personale, comunitaria, operativa apostolica.
La vocazione consacrata e il post-moderno: tra sfide e contro-sfide.
La vocazione consacrata di domani non potrà esimersi dal rispondere a livelli oggettivamente e soggettivamente energici e vincenti alle sfide che la post-modernità negativa di società e cultura lancia contro i valori umani e cristiani, in particolare contro la loro espressione consacrata.
Sfide di una post-modernità negativa
Soprattutto dopo la guerra la vocazione consacrata (persone, strutture, opere) ha aperto porte e finestre a molte sfide moderne negative. Comunismo, secolarismo, perfino materialismo, vanità, predominio dell’apparire e del sembrare, comodità e perfino lusso, superbia, libertà alla sensibilità e perfino alla sensualità, poteri, cariche, governi privi di autorità e cioè di competenza e di amore, individualismo e massificazione, impersonalità, superficialità e perfino banalità, prevalenza della mediocrità, controllo invece che guida e educazione, spreco dei talenti, caduta d’anima nelle espressioni comunitarie, nelle opere, nelle relazioni, intellettualismo invece si sapienza, debolezza invece di fortezza…
Sfide di una post-modernità positiva
Ma vi sono anche sfide moderne alla vocazione consacrata da giudicare positive o ambivalenti. Sfide che la società moderna laica ha diffuso nelle giovani generazioni e ha fatto penetrare nelle comunità consacrate, nella formazione, generalmente ricevute in modo sconcertato e disturbato da autorità, superiori, formatori, opere. Una minoranza ne è stata arricchita, la maggioranza non ne ha ancora capito a fondo i messaggi, un’altra minoranza non ha capito nulla e ha nettamente rifiutato, anzi vi ha trovato le cause di ogni male.
Non possiamo demonizzare con condanna e rifiuto ciò che è positivo di fatto e solo scomodo o sconcertante per mentalità e metodi in ritardo, né tenere ciò che è in radice è positivo, fatto ambiguo perché forse impazzito e deviato negli sviluppi, nei modi di esprimersi, nelle esagerazioni.
Non basta la tolleranza quasi marginale e concessiva. Il modo forte di reagire consiste nella capacità vincente di esaminare bene i valori soggiacenti, spesso ormai diventati sensibilità e vie irrinunciabili, per proporne l’esplosione e la ridefinizione autentica, piena, equilibrata, totalmente positiva entro gli orizzonti della fede e della carità, cioè entro i migliori orizzonti della vocazione consacrata dei tempi nuovi.
L’elenco delle sfide positive o ambigue cui i Lineamenta del prossimo Sinodo si riferiscono è vasto e appassionante. Eccone alcune, le principali:
– La persona è il valore più sentito nella post-modernità. La libertà, i diritti umani, la democrazia si sono andati concentrando nella centralità della persona umana, nell’assoluto dell’Io, non solo come principio di un retorico personalismo, ma prassi di ogni espressione di sé e del dialogo con Dio, con la comunità, con ogni autorità, in ogni ubbidienza.
– L’autorità non è più confusa con il potere, i ruoli, le cariche, ma viene ridefinita in relazione alla competenza a guidare ordini di crescita intima, comunitaria, spirituale e apostolica. La verità e la validità dei magisteri e dei ministeri, il loro assoluto, vengono posti non più nella pretesa di direttiva, ma nella funzione di guida della crescita intima e progressiva, educativa, dei soggetti, dei gruppi, degli ordini.
– I criteri d’urgenza sono costituiti dai nuovi bisogni e dalle nuove possibilità. Le nuove povertà, il primato dell’amore, della giustizia e della pace, la parità dei soggetti umani, l’emancipazione politica e sociale hanno generato la conseguente coscienza dei divari economici fra poveri e ricchi, dell’esistenza di strutture economiche, politiche, giuridiche oppressive, hanno imposto la ricerca di impieghi preferenziali per rispondervi partendo dall’analisi della realtà e delle concrete situazioni, in collaborazione con ogni forza vera.
– Le culture vedono aumentare l’attenzione al fatto, al valore, al significato: cultura, nuove culture, culture locali più vicine a ogni popolo, categoria, gruppo. Sorge la volontà di avvicinarsi ai valori tradizionali della gente, per ripensare propri valori e forme, per adeguarvi presenze.
– Le nuove considerazioni della emotività affettiva, della razionalità metodologica e perfino tecnologica. Sono fluide e ascendenti le realtà e i significati del mondo femminile. I giovani ormai fanno cultura o sottocultura o controcultura, sono critici e ispiratori, passano da destinatari a protagonisti. La cultura di base si allarga e si raffina. Nelle classi responsabili e elevate e nelle classi umili e in ascesa si diffondono la critica e la libertà creatrice, la ricerca di qualità della vita personale e collettiva, la discriminazione dell’autentico. La morale conclude la ricerca e non la precede più. La coscienza personale è l’ultimo arbitro. L’uomo e l’umano di ogni soggetto cercano e chiedono pienezza.
Le contro-sfide post-moderne della vocazione consacrata
La vocazione consacrata non può fermarsi a recepire e incorporare le sfide positive umane. Nella sua post-modernità essa è in grado di lanciare preziose contro-sfide, vivendole al proprio interno e testimoniandole, offrendole come doni e servizi.
– L’assoluto dell’amore, umile, comprensivo, costruttivo, dialogante scavalca e risolve la diffusa aridità, la debole motivazione, la domanda di dedizioni tradizionali e nuove. L’amore è Dio, è da Dio, è divino e umano. È l’essenza della vocazione consacrata e si incarna in ogni altro valore e volto.
– La pluralità e il pluralismo delle presenze rinnova impegni, progetti, metodi, incontri e collaborazioni secondo i bisogni cui rispondere e le possibilità da attuare. Passando da finalità di santificazione personale a funzionalità salvatrice e solutrice dei grandi temi della Chiesa e del Mondo, delle Culture.
– La verità e le autenticità evangeliche aprono fasi postmoderne di Fede e di Carità, di Spirito di Dio, di dialogo tra l’uomo e Dio, personale e comunitario, aperto, della vocazione consacrata. L’essenza e la pratica dei voti costituiscono l’espressione più genuina della vera ricchezza. Dove celibato e castità non sono le rinunzie, ma le scelte di forme totali, definitive, libere di amore maschile e femminile a Dio e al prossimo; l’ubbidienza è forma di massima libertà per il Regno e per la vita e le opere che le comunità vi dedicano; la povertà è ricchezza interiore umana e divina, perciò libertà dal bisogno di possedere, dominare, controllare, essere importanti, permette la vicinanza reale personale e comunitaria ai poveri di fatto e a ogni genere di povertà. La VC promuove riletture bibliche e evangeliche, ecclesiali e perfino culturali e universali migliori. Le sue presenze diventano doni di incontro, tempo, comprensione, dialogo, aiuto, insieme al Signore.
– L’edizione maschile, femminile, mista della vocazione consacrata promuove la donna, sottolineandone dignità e missione, valore e necessità di integrazione femminile di ogni essere, vivere, operare. Chiede meno mortificazioni e strumentalizzazioni, più larghi inserimenti delle proprie qualità nella vita e nella missione della Chiesa, delle comunità.
– La spiritualità, le spiritualità, i carismi personali dei fondatori, della tradizione vogliono traduzione aperta personale, locale, occasionale.
– La “secolarizzazione” come coscienza e impegno delle cause seconde, chiede spazi secolari nei progetti e nelle vie di Dio, come autentica partecipazione attiva umana possibile e doverosa ai progetti e metodi di analisi, di evangelizzazione, santificazione e promozione, congiungendo i valori di Dio, di Cristo e dell’Uomo sulle tracce della più viva cultura moderna.
– L’attenzione nell’uomo alle dimensioni nascenti profonde, sentimento, religiosità, spiritualità, intimità, cultura e culture, diffuse, di minoranza, personali, ispira dovunque rispetto, stima, libertà di espressione.