N.04
Luglio/Agosto 1993

Vita consacrata e vita laicale

Vi è una realtà ricorrente nella vita della Chiesa. Quando la storia si trova a un tornante del suo cammino e pone problemi inediti e radicali all’annuncio e alla testimonianza del Vangelo, si ripropone, in termini che sono sempre antichi e sempre nuovi, il rapporto tra la Chiesa e il mondo, tra la storia e l’escatologia, tra la fuga e l’impegno, tra la presenza e l’assenza. Questa è una di tali stagioni.

In corrispondenza a tali situazioni, lo Spirito suscita nuove forme e stati di vita cristiani, come risposte agli interrogativi nuovi che si pongono all’intelligenza della fede. Oggi, nell’età contemporanea, individuerei due forme di vita suscitate dallo Spirito in questa stagione tormentata della vita dell’uomo, segnata particolarmente dalla secolarizzazione e dal secolarismo. Le due forme di vita sono quelle del laicato e delle nuove forme di vita consacrata.

Nell’uno e nell’altro caso si ha un’espressione di vita cristiana che, nella luce che promanano, illuminano la realtà spirituale (nel senso pieno di vita secondo lo Spirito e nello Spirito) del tempo, offrendo nuove vie e una coscienza nuova della sintesi possibile tra Chiesa e mondo, tra fede, storia e cultura. Di una presenza nel mondo che sia storica, ma che fa appello alla riserva escatologica. Si ha, insomma, un risveglio evangelico; una inedita tensione a giungere alla perfezione in un contesto nuovo. Queste realtà sono manifestazioni della presenza attiva dello Spirito nella storia e dei suoi impulsi, perché il mondo cammini verso la sua trasfigurazione finale.

 

 

Secolarità consacrata

Nell’età contemporanea vi è poi un carisma, un dono dello Spirito, che rende attenti, se si vuol cogliere, nella sua densità, uno stato di vita in cui – con scandalo di alcuni, con resistenza di molti, con il disinteresse dei più – lo Spirito sollecita a fare sintesi nella stessa persona di due realtà precedentemente tenute rigorosamente separate, come incompatibili. È la sintesi tra escatologia e storia, tra secolarità e consacrazione così come si presenta nella vocazione e nel carisma dei membri degli Istituti Secolari laicali, particolarmente di quelli che, evitando ogni similitudine con altre vocazioni e consacrazioni, non hanno opere proprie e non conducono nessuna forma di vita comune.

Lo Spirito ha suscitato nel mondo contemporaneo questa forma di vita consacrata volendo sottolineare, nelle persone che, chiamate ad essa da Dio, assumono questo stato di vita, due degli elementi che caratterizzano questa epoca.

Da un lato, la coscienza che la Chiesa si è venuta formando che essa non è autenticamente presente nel mondo se non vi sono laici maturi, consapevoli e responsabili, capaci di “cercare il Regno di Dio trattando le realtà temporali secondo Dio” (LG 31) come attuazione non di una supplenza là dove presbiteri e religiosi non possono arrivare per ragioni pratiche, ma perché è ad essi che il Signore ha affidato in modo peculiare tale missione. Fedeli laici chiamati a rendere testimonianza visibile, storica, credibile che “costruire da cristiani, la città dell’uomo a misura d’uomo”, come Lazzati traduceva il Concilio, non è un’utopia, ma è l’esperienza quotidiana del fedele laico cristiano.

Da un altro lato, l’esigenza che la Chiesa sente di dover dare al mondo una testimonianza adeguata al tempo attuale della sua riserva escatologica, tipica degli stati di vita di particolare consacrazione, per dire a questo mondo che il profitto, il mercato, i consumi, la finanza, l’economia, la stessa politica sono fattori importanti nella vita dell’uomo e che ne occupano ogni ambito dell’esistenza, ma che, nonostante ciò, non esauriscono la vita dell’uomo. Sono realtà che, in sé, hanno un valore e un senso, ma si tratta di un valore e di un senso relativi: non possono essere fini in se stessi, a prezzo di disumanizzare l’uomo e la sua città. Sono realtà “penultime” rispetto a quelle ultime.

 

 

Un richiamo per tutti

Nel bimillenario cammino della Chiesa queste due tensioni – storia ed escatologia – sono state percepite e vissute con intensità alternata e, generalmente, distinte, se non dialettiche.

Oggi, lo Spirito, suscitando e alimentando la laicità consacrata negli Istituti Secolari, indica l’esigenza per tutta la Chiesa – e non esclusivamente per coloro che vivono questa vocazione e questo stato di vita – di rendere testimonianza del suo essere avanguardia del Regno nel mondo, chiamata a una missione certamente storica, poiché si attua nella storia, ma che è tesa a dare la coscienza che l’escatologia non è una metafisica, che inizia oltre la storia, alla “fine del mondo”. L’escatologia che la Chiesa è chiamata a testimoniare è la realtà già iniziata con la morte, resurrezione e glorificazione di Gesù. L’alba dell’ultimo giorno è sorta. Attendiamo solo di arrivare al mezzogiorno definitivo e permanente.

I membri degli Istituti Secolari sono chiamati a rendere questa testimonianza fondendo in sé laicità e consacrazione, storia ed escatologia. Ciò senza manifestazioni straordinarie, senza atti clamorosi, senza nessuna forma spettacolare. Essi, nel silenzio e nell’oscurità anonima della vita quotidiana, uomini fra gli uomini, cristiani fra i cristiani, sono chiamati ad agire e a vivere dall’interno del mondo e della Chiesa con uno stile di vita e con comportamenti simili a quelli evangelici del sale, che dà sapore senso al quotidiano; del lievito, che ha l’energia dello sviluppo dell’uomo, perché divenga più uomo; di illuminazione, che dà la luce (nel senso biblico, cioè la vita), perché l’uomo sia in grado di vedere se stesso e la realtà in cui vive nella sua verità, non più oscurata dalla opacità della fenomenologia.

È una testimonianza evangelizzatrice questa che non misura la sua efficacia sui dati quantitativi, sul numero di “passaggi” televisivi, sulle azioni di “pubbliche relazioni” o di “promozione”. L’efficacia non è corrispondente alla “potenza”, alla “forza”, alle grandi manifestazioni. La misura dell’efficacia è segnata, piuttosto, dalla capacità di coerenza interiore ed esteriore di ogni testimonianza e dalla forza convincente che ciascuno riesce a dare con i consigli evangelici, che, lungi dall’essere impegno di alcuni, sono elementi-forza di ogni vocazione cristiana e di ogni forma di evangelizzazione anche se vissuti con modalità diverse a seconda dei differenti stati di vita.