La credibilità culturale dei consacrati
Di quale cultura è portatore un consacrato? Se per cultura si intende il modo di organizzare l’esistenza personale e il vivere sociale attorno ad alcuni valori, si deve rispondere che il consacrato è portatore di una esistenza organizzata attorno al Valore primo in assoluto e cioè l’amore di Dio.
Per il credente dell’antico e del nuovo Patto, c’è un solo valore che guida tutti gli altri, valore che è espresso dal primo ed unico comandamento: “Amerai il Signore Dio tuo, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6). Il comandamento infatti non è solo un imperativo, ma l’indicativo di quanto è essenziale per la riuscita di una esistenza umana.
Quando un uomo o una donna, per intima attrazione, cioè per un dono particolare, si sentono di dedicarsi unicamente a questo Amore, allora tutte le loro energie vengono orientate per rispondere e per realizzare una risposta che corrisponda il meno inadeguatamente possibile a tale straordinario Amante.
Comincia qui l’avventura di organizzare l’esistenza intera attorno a questo progetto. Progetto che rappresenta una vera cultura alternativa, perché ha come centro una realtà totalmente diversa e spesso contrastante a quelle consuete. Nella Chiesa tale cultura alternativa ha alcuni tratti fondamentali, pur nelle diversità delle forme.
Secondo il cuore di Dio
Si risponde all’Amore di Dio, amandolo come lo ha amato Gesù di Nazareth. C’è una precisa figura storica, ad ispirare il cammino di risposta, un cammino che rischierebbe di essere preda della soggettività e dell’incerto brancolare umano nelle regioni inafferrabili dell’Assoluto.
Il cammino di Gesù è eminentemente evangelico, segnato cioè dalla bella e buona notizia che l’Amore di Dio mi precede, mi accompagna, mi realizza, al di là di quello che sono e di quello che non sono, perché mi accetta come sono, mi ricostruisce continuamente con il suo perdono, mi porta al di là di me stesso, verso la Sua beatitudine, che è la mia realizzazione. Ciò è fonte di gioia, di serenità di ottimismo nei confronti del proprio destino e di quello dell’umanità. Nessuna bruttura può impedire alla bella notizia dell’Amore di Dio di arrestarsi e di brillare nelle tenebre.
Il consacrato “cristiano”, in quanto evangelico, toccato cioè dello sguardo portato da Gesù sulle cose del mondo, è inguaribilmente ottimista. Non perché non veda il male e la miseria, ma perché sa che l’Amore di Dio, come è apparso in Gesù Cristo, è più forte di tutto. La sua è una personalità ed un’umanità riconciliata e serena.
Il cammino cristiano verso l’Amore, non è condotto in solitudine, ma assieme agli altri fratelli. È cioè un cammino e un messaggio di fraternità. L’uomo che mi è accanto non è più per me un “lupo”, anche se tutto lo fa pensare e lo dimostra, ma in profondità, è un mio fratello da amare da aiutare ed eventualmente da riscattare. Ogni uomo, indipendentemente da ogni altro particolare, è figlio come me dello stesso Padre, come me va amato e sorretto nella sua fatica di vivere. È questa convinzione di fondo che permetterà a lui, a “suo tempo”, di scoprire il mondo dell’Amore del Padre.
Sono tre semplici orientamenti di fondo, che hanno permesso di riorientare numerose culture nella storia, di riplasmare interi periodi storici, di umanizzare ambienti e civiltà, quando non sono stati travolti da altri principi indotti più da preoccupazioni di efficienza storica che di fedeltà al vangelo.
La cultura dell’Amore
Anche oggi tali orientamenti possono manifestare una grande incidenza sul cuore dell’uomo e quindi in ambiti umani più o meno vasti, in quanto il fascino dell’Assoluto non cessa mai di battere al cuore dell’uomo. Molto dipende dalla qualità evangelica della comunità cristiana, la quale molto attende dai consacrati, che si pongono come nuclei incandescenti di questo fuoco d’Amore, capace di creare attorno a sé per irradiazione, altre fonti di calore.
È infatti una vita pacificata che semina pace. È una vita fraterna che semina fraternità e che crea le diverse forme di solidarietà di cui ha bisogno la nuova società… per essere davvero nuova.
Se in un passato non molto remoto, si era pensato di cambiare la società partendo dalle strutture, oggi si avverte sempre più come, pur non sottovalutando le strutture, queste possono essere cambiate solo da uomini nuovi. E gli uomini radicalmente nuovi sono quelli mutati interiormente dalla forza dell’amore, con la stessa capacità di donazione di Cristo, con la preoccupazione di seminare fraternità, prendendosi a cuore colui che mi è dato come prossimo.
Il consacrato tiene vive queste realtà nella sua esistenza concentrata nell’Amore e condotta dall’Amore. Le tiene vive nelle sue preoccupazioni, nel suo pensiero, nel suo dire, nel suo fare. E diventa agente di innovazione culturale in una società orientata su altri valori. E semina il fascino di tale cultura ai laici fedeli, che nei loro ambiti vitali incarnano queste medesime realtà, che sono veri elementi di novità fresca e perenne. Perché l’uomo “naturale”, “l’uomo vecchio”, è noiosamente ripetitivo nei suoi gusti e nelle sue tendenze. Esso, quando la noia o l’interrogativo l’assalgono, guarda verso il nuovo o almeno può guardare verso la perenne novità della via cristiana, che di per sé è sempre non conformista, sempre creativa, sempre innovativa.
Si domanda solo al consacrato di non aver timore di riamare l’Amore, di essere promotore di ottimismo evangelico, di non stancarsi di proclamare e di promuovere la fraternità.
E ciò senza timori e senza fanatismi, sempre con la parresìa e la mitezza di Cristo, sempre con la forza disarmata e la fiducia nella potenza silenziosa del vangelo, ancora capace di toccare i cuori, di innervare culture, di essere fattore di novità culturale e di umanizzazione. Il resto è opera dello Spirito.
Ma anche un consacrato non è il più bel regalo che lo Spirito può fare alla comunità cristiana e al mondo di oggi?