Proposta vocazionale e cultura femminile, oggi
Tutta la storia di oggi ci dimostra non solo una realtà in trasformazione, ma anche la conclusione di un’epoca ad ogni livello e in ogni ambito sociale – economico – politico e culturale. Viviamo un momento di deciso passaggio e, come in ogni tipo di passaggio, vediamo con chiarezza ciò che si conclude, ma non vediamo con altrettanta sufficiente chiarezza ciò che inizia.
La cultura femminile vive in questa realtà, è espressione di questa stessa realtà dalla quale nasce, prende volto e si proietta. Risulta, dunque, difficile o quasi impossibile teorizzare e formulare eventuali proposte vocazionali idonee ed efficaci per una cultura femminile oggi soprattutto se si rimane ai margini, osservatori di tutto ciò che oggi vive e vibra.
Esserci!
Siamo chiamati, invece, ad entrare da protagonisti in questa nuova realtà nascente facendola nostra, sentendoci di fatto costruttori corresponsabili, impegnandoci a conoscerla dal di dentro, sempre più profondamente, per individuare quelle caratteristiche che possono essere la nuova domanda in attesa di nuova risposta – proposta.
Così, camminando in questa storia, per le vie di questo nostro mondo, è facile rilevare la sempre maggiore affermazione della persona nella realizzazione di sé, la graduale e sempre maggiore affermazione della donna nell’espressione della sua specifica identità, anche attraverso ruoli sociali, professionali, politici e culturali che attestano alcuni suoi nuovi spazi vocazionali.
Negli itinerari educativi rivolti agli adolescenti e ai giovani, nella scuola, nelle attività di formazione e di pastorale giovanile è, dunque importante educare con serietà al dialogo tra persona maschile femminile alla relazione e allo scambio nella reciproca stima, nel rispetto e nella fiducia affettiva ed effettiva.
Le stesse adolescenti e giovani hanno bisogno di essere aiutate a prendere coscienza di sé e del contributo specifico di cui arricchiscono la comunità sociale ed ecclesiale esprimendo se stesse; hanno bisogno di imparare a valorizzare la personale femminilità come vocazione in quella dimensione specifica che ci fa persona femminile o maschile: “maschio e femmina Dio li creò” (Gn 1,27).
Adolescenti e giovani hanno bisogno di essere aiutate a costruire e a consolidare, gradualmente e progressivamente, in se stesse personalità femminili capaci di svolgere ruoli sociali ed ecclesiali nell’armonia, nella completezza e nell’autonomia di sé, convinte della propria dignità, al di là di inutili antagonismi e sterili rivendicazioni, trasmettitrici di una cultura di vita, di solidarietà, di fraternità e, per questo, trasmettitrici di una cultura di speranza.
Con quali contenuti?
In questa prospettiva risulta, allora, importante per una efficace crescita vocazionale e nel contesto di formazione e di pastorale giovanile:
– sollecitare le giovani a non indugiare accontentandosi della mediocrità, ma ad ascoltare le profonde spinte verso ideali più grandi (cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXX GMPV, 2-5-93);
– accompagnare le giovani, attraverso itinerari educativi, in un impegno, serio, costante e verificabile, di confronto con i valori, nell’attenzione a costruire atteggiamenti coerenti che si esprimano in fedeli comportamenti;
– aiutare le giovani ad uscire da sfiducia, da individualismo, da prospettive di auto-realizzazione egocentrica e, a volte, dallo stesso quasi culto della propria femminilità, per aprirsi ad un impegno attivo e responsabile a favore del bene comune, sicure del loro valore-contributo;
– offrire alle giovani nuovi modelli professionali e vocazionali, nuove possibilità di esprimere se stesse, donne di oggi, capaci di amore e di dono nella gratuità e nella gioia;
– suscitare una forte esperienza di fede che gradualmente maturi in una spiritualità capace di investire e di coinvolgere il cuore di chi incontra Cristo Risorto, si fa suo discepolo e dal Maestro si lascia mandare: “Maria!… Rabbunì!; … va’ dai miei fratelli e di’ loro…” (Gv 20,26-27).
Con quale itinerario?
La persona, femminile o maschile che sia, non si improvvisa dinanzi alla chiamata-risposta vocazionale nella storia, ma si costruisce gradualmente e progressivamente nella fedeltà allo Spirito di Dio che chiama e manda ciascuno secondo la sua specificità.
Ma… nelle nostre chiese locali, nella ferialità delle nostre comunità ecclesiali di uomini e donne insieme, crediamo veramente in una cultura femminile alla base di una proposta vocazionale? Promuoviamo e sosteniamo questa cultura? La riteniamo l’ambito naturale per una efficace proposta vocazionale?
Tutto questo diventa possibile e credibile soprattutto:
– se noi donne riusciamo ad affermarci per quel che siamo nel profondo di noi stesse, se siamo punti di riferimento significanti, capaci di intuizione concreta dei problemi, capaci di collaborazione e di integrazione, attive nelle progettazioni e nei processi decisionali, in atteggiamento di attento servizio al primato della persona;
– se noi, donne religiose e consacrate in ogni altra modalità, riusciamo a raccontare con la vita che vivere oggi i voti di castità, di povertà e di obbedienza, vuol dire appartenere al Dio della Storia di ieri, di oggi, di sempre, lasciarsi trasformare ogni giorno dal suo Spirito e, per questo, vuol dire aprire il cuore a questa storia di Dio condividendo nella carità problemi, situazioni, attese, bisogni, e maturando risposte attive attraverso gesti concreti.
I tempi si rivelano lunghi: appartengono a Dio non sono nostri (cfr. At 1,7). Siamo chiamati a seminare (cfr. Gv 4,35-38) e a chi semina è dato di vivere l’Attesa, la Speranza e il rendimento di grazie, perché chi semina sa vegliare sulla terra, sa attendere la stagione e sa riconoscere la presenza della nuova vita che vibra anche quando ancora non si vede o è appena spuntata e, coltivata, piano piano cresce.