N.02
Marzo/Aprile 1993

Liturgia: luogo educativo primario alla fede e alla vocazione

Può sembrare scontata la naturale correlazione tra liturgia, fede e vocazione. A me pare tuttavia che, nella vita delle nostre comunità cristiane, sia necessario un impegno sempre nuovo perché la liturgia sia davvero il luogo educativo primario alla fede e alla vocazione dei credenti.

Il presente numero di ‘Vocazioni’ intende offrire contenuti, orientamenti e proposte per aiutare gli educatori alla fede a celebrare i misteri della chiesa perché nutrano ed educhino la fede e la vocazione di tutto il popolo di Dio e, in esso, in particolare delle giovani generazioni.

“La Liturgia è l’espressione più alta della preghiera della chiesa, che si apre al dono delle divine chiamate”[1]: a quali condizioni, nella vita delle nostre comunità, la liturgia è scuola permanente di educazione alla fede e scuola ininterrotta di sensibilizzazione e crescita vocazionale?

“La prima occasione di catechesi è offerta dalla Liturgia”[2]: le celebrazioni liturgiche, che scandiscano la vita feriale e festiva del popolo di Dio, a quali condizioni sono luogo di annuncio vocazionale?

“Il punto di partenza della pedagogia vocazionale si trova ordinariamente in comunità cristiane sensibilizzate mediante la parola di Dio, i sacramenti, la preghiera…”[3]: di fatto, la celebrazione liturgica e l’anno liturgico, a quali condizioni interpellano e accompagnano vocazionalmente soprattutto le giovani generazioni?

Rispondere a questi interrogativi è possibile, nella misura in cui in noi educatori alla fede c’è una risposta sapiente ad un interrogativo a monte del tema che stiamo qui trattando e, per certi aspetti, sempre a monte del nostro servizio: quali sono gli itinerari educativi fondamentali della chiesa?

Tornando a noi, i sacramenti e l’anno liturgico sono gli itinerari educativi alla fede e alla vocazione per eccellenza, che appartengono al tesoro educativo originale della chiesa, attingendo alla “economia sacramentale”, cioè a quel “complesso di segni che significano e danno la grazia, visti come realtà complessiva che sgorga dalla Pasqua di Gesù ed esprime lungo i tempi dell’esistenza umana e a favore dell’uomo la sacramentalità della chiesa” [4].

 

 

I sacramenti: un itinerario vocazionale

“È infatti nella successione dei sacramenti che si realizza la figura di “itinerario”, dal battesimo fino alla pienezza eucaristica, che è segno del banchetto eterno, meta di ogni cammino educativo cristiano”[5].

Inseriti nell’economia di salvezza per il sacramento del battesimo, un “inizio fondante”, tutta la vita cristiana porta a maturazione ciò che è seminato nel battesimo stesso. Ritengo utile, dal punto di vista vocazionale, sottolineare un’analogia tra l’itinerario educativo naturale della persona umana e l’itinerario educativo pasquale, che la Trinità realizza a beneficio di ogni uomo che si apre alla Grazia.

“L’itinerario educativo naturale della persona umana comprende un inizio fondante (la nascita), una meta (la maturità vocazionale nella comunione con gli altri), e delle tappe (decisioni esistenziali ecc.)”[6].

“L’itinerario educativo pasquale, che il Padre realizza per Cristo nello Spirito a beneficio di ogni uomo che crede, si compie nell’economia sacramentale attraverso un inizio fondante (il battesimo), una meta (l’eucaristia) e delle tappe”[7].

L’itinerario educativo naturale e l’itinerario educativo pasquale, a ben pensare, sono lo stesso itinerario che accompagna il credente a prendere coscienza e a maturare la vita come vocazione.

Si ripete spesso che vita e vocazione cristiana sono un binomio inscindibile e la persona il luogo teologico naturale ove vita e vocazione trovano unità, sintesi, verso la piena maturazione umana e cristiana.

Dio, nell’economia sacramentale affidata alla chiesa, chiama a salvezza il suo popolo e lo conduce: Dio, quindi, è primo ed unico grande educatore vocazionale del suo popolo proprio nell’itinerario sacramentale.

L’itinerario sacramentale – attingendo all’economia salvifica, di cui se il battesimo è un inizio fondante”, l’Eucaristia è “il culmine della vita cristiana ed ecclesiale” – nutre e accompagna nell’uomo credente la maturazione e la sintesi tra vita nella fede e vocazione.

Per gli educatori alla fede è davvero esaltante pensare che tutta la vita cristiana, nella celebrazione dei segni della salvezza che comunicano la vita, porta a maturazione ciò che è seminato nel battesimo e che la grazia battesimale orienta la vita del cristiano verso la maturità personale, quindi verso la scelta vocazionale.

I sacramenti come “itinerario vocazionale” – sul piano salvifico ed educativo dell’uomo – se da una parte nutrono la maturazione nella fede della persona dall’altra ne accompagnano e scandiscono dunque la sua maturazione vocazionale.

“Le ‘tappe’ dell’esistenza redenta comprendono il continuo superamento delle resistenze insite nella finitudine e nella peccaminosità dell’uomo attraverso un itinerario penitenziale permanente, di cui è segno e strumento la ‘riconciliazione’,- e l’insieme delle decisioni esistenziali e fondamentali che vanno dalla consapevole e matura adesione alla condizione di discepoli di Cristo nell’evento sacramentale della ‘confermazione’, alle decisioni più propriamente ‘situate’ cioè del seguirlo nella vita del ‘ministero ordinato’ per ripresentare in se stessi Cristo capo del corpo ecclesiale, segno e servo dell’unità, o in quella del sacramento del ‘matrimonio’, figura dell’unione tra Cristo e la Chiesa, o in quella della consacrazione a Dio con cuore indiviso, che non richiede un particolare segno sacramentale, perché è semplicemente un’espressione radicale dell’appartenenza battesimale ed eucaristica al Dio vivo”[8].

Da queste brevi annotazioni emerge come l’economia sacramentale – nella misura in cui è vissuta in pienezza e nella misura in cui è proposta come itinerario educativo – è la forma più completa che la Chiesa ci offre per vivere l’itinerario salvifico attraverso il quale la persona matura una fondata e motivata risposta alla chiamata personale del Signore.

Queste considerazioni ci portano a dedurre, sul piano dell’azione pastorale della comunità cristiana, la necessità di un maggior impegno educativo, soprattutto tra le giovani generazioni, perché i sacramenti siano celebrati e vissuti con sempre maggiore consapevolezza, perché il progetto pedagogico dell’amore divino possa alimentare e motivare la risposta vocazionale del credente.

 

 

I sacramenti: un itinerario vocazionale

Siamo tutti consapevoli che l’anno liturgico è il cammino ecclesiale per eccellenza che, con sapienza, accompagna la comunità cristiana nel suo insieme e ciascun fedele personalmente ad accogliere la ricchezza della Parola, la forza dei Sacramenti ed a vivere la Carità.

Siamo anche consapevoli che l’anno liturgico ha in sé la forza pedagogica di sostenere i credenti a tradurre nel vivere quotidiano i grandi eventi salvifici di Dio, riproponendo i misteri principali della salvezza, richiamando continuamente l’itinerario sacramentale, sottolineando le grandi virtù morali e teologali di Maria e dei Santi.

Perché è opportuna una “lettura vocazionale” dell’anno liturgico così che sia un vero e proprio itinerario vocazionale per la comunità cristiana?

Per comprendere sempre più e sempre meglio che “l’anno liturgico è scuola del divenire discepoli, ambito in cui si apprende e si vive in progressione la possibilità della sequela di Cristo…”:  alla scuola della Parola si apprende l’arte del farsi seguaci del Maestro. Per un pastore, la consapevolezza che questa è l’esperienza in atto nello svolgersi annuale delle celebrazioni ha la forza dell’intuizione programmatica. Ancor prima di decidere come mediare, di domenica in domenica, la ricchezza della Parola che viene proclamata, egli sa in che direzione camminare, a quale esperienza introdurre. Il farsi discepoli è imperativo interno al senso stesso dell’anno liturgico, capace di reale forza aggregante. A esso vanno ricondotte e da esso provengono le esperienze spirituali che via via accompagnano il cammino delle comunità: penso, ad esempio, a scelte esemplari di dedizione e di servizio; alle molteplici maniere in cui prende forma il volontariato tra i credenti; ad alcune significative scelte vocazionali, ecc. “Il costante rimando al discepolato fatto a tutti e per tutti celebrato, aiuterebbe, in particolare, a non ritenere tutto ciò come un compito proprio degli anni giovanili della vita trascorsi in comunità: passi come questi sono, in realtà, scelte conseguenti al fatto del sentirsi continuamente coinvolti in un itinerario che propone il Signore come Maestro della propria esistenza”[9].

In questa prospettiva l’anno liturgico – come scuola permanente per crescere verso l’età adulta nella fede – accompagna nel discernimento e maturazione vocazionale la persona credente: “come la presenza storica di Gesù fa crescere nel discepolato, e “i dodici” nella quotidiana familiarizzazione con il Maestro, vanno formandosi gradualmente secondo le esigenze della sequela, così la presenza di Cristo, nel segno dell’anno liturgico, fa crescere tutta la comunità cristiana e, in essa, ciascun credente secondo la propria vocazione specifica”[10].

Non sto qui ad approfondire la naturale dimensione vocazionale propria dei “tempi forti” dell’anno liturgico: è quanto, in modo qualificato, offrono gli ottimi contributi degli esperti nella rubrica “orientamenti” che segue.

Mi permetto solo richiamare, quasi per offrire una sintesi e una griglia di lettura del presente numero, la forza vocazionale dei tempi liturgici che scandiscono l’anno liturgico stesso: l’avvento, tempo di attesa, come itinerario educativo anche attraverso i modelli, proposti nella liturgia, che sanno vivere l’attesa del Signore (Isaia, Giovanni Battista, Maria) per una riflessione soprattutto per le giovani generazioni sulla vita di fronte al futuro, sulla vocazione come attesa; la quaresima, in considerazione che l’incontro e l’esperienza di Cristo è sempre coinvolgente e sconvolgente come per tutti i discepoli del Vangelo, come itinerario vocazionale che sottolinea le esigenze della sequela; la Pasqua che nel Risorto celebra il mistero e la vocazione dell’uomo nuovo, come itinerario in cui la vocazione e le vocazioni cristiane si modellano e si misurano essenzialmente nell’“essere per”; come nell’esperienza di Cristo che si dona totalmente; la Pentecoste, tempo dello Spirito Santo, come itinerario di discernimento e risposta vocazionale a servizio della missione della Chiesa che è per l’umanità.

I sacramenti e l’anno liturgico dunque – e questo è il servizio a cui mira il presente numero di ‘Vocazioni’ – portano in sé naturalmente e senza alcuna forzatura i “contenuti” e il “metodo” per un cammino vocazionale nella comunità cristiana.

 

 

 

 

 

Note

[1] Congregazione per l’Educazione Cattolica, II Congresso Internazionale per le Vocazioni, Documento Conclusivo, Roma 1982, n. 19.

[2] Ivi, n. 28.

[3] Ivi, n. 48.

[4] C.M. Martini, Itinerari educativi, in Programmi pastorali diocesani 1980-1990, EDB 1990, p. 498.

[5] Ivi, p. 498. 

[6] Ivi, p. 498.

[7Ivi, p. 502.

[8] Ivi, p. 503. 

[9] Ivi, p. 508.

[10] Centro Regionale Vocazioni Piemonte, Vocazione, misura di maturità della Chiesa locale, Collana Proposte, n. 2 p. 9.