N.01
Gennaio/Febbraio 1993

Il volontariato: esperienza aperta di “amore totale”

Nel linguaggio comune il termine “volontariato” è molto generico: significa disponibilità ad un servizio gratuito. Storicamente in questo momento comprende molte espressioni operative concrete: dal volontariato in senso stretto cui si riferisce la Legge Quadro 166/90, alle altre molteplici forme di solidarietà organizzata come sono le Comunità di accoglienza, le associazioni di autotutela, le Cooperative di solidarietà sociale.

Il volontariato si realizza in molti ambiti diversi: nei servizi alla persona, nella tutela dei beni culturali, nella protezione civile, nella cooperazione internazionale. Si esprime con gradazioni di intensità molto diverse: dal volontariato ospedaliero o delle conferenze di S. Vincenzo che dedica a servizio degli altri alcune ore alla settimana, all’Anno di volontariato sociale in cui l’esperienza di servizio si estende ad un anno intero a tempo pieno, alla condivisione di vita nelle Comunità di accoglienza che è una scelta di vita, basata sulla condivisione con persone in difficoltà a tempo indeterminato. Anche le motivazioni possono essere diverse: motivazioni umane che nascono dalla capacità umana di amare e da una esigenza di giustizia che fa scegliere i più deboli.

Il Cardinale Martini, parlando della carità, dice che “essa dà già per scontata l’esigenza di un affetto con cui gli esseri umani si riconoscono: affetto che non è specificatamente cristiano, ma grazie a Dio, è anche ateo, nel senso che tutti gli uomini come tali si possono amare, e debbono farlo, e debbono essere aiutati a questo scopo. La carità, comunque, è frutto di una azione specifica di Dio, che si inserisce nella storia per ridare vivacità a questo affetto universale già esistente”[1]

I volontari cristiani, se vivono la loro fede, potenziano la loro capacità umana di amare nel servizio, con la carità di Dio che è stata diffusa nei loro cuori dallo Spirito Santo (S. Paolo, Lettera ai Romani): cioè, in forza dell’innesto della vita divina amano nel servizio con il cuore di Cristo.

Il volontariato se è autentico, cioè se non è inquinato dalla ricerca di compensazioni, da protagonismo, da altri interessi personali che nulla hanno da vedere con il servizio, presenta un valore totale in quanto educa, attraverso l’esperienza, alla vita come dono e come servizio, in netto contrasto con una concezione della vita come profitto egoistico.

Occorre realisticamente tener presente che a questa seconda concezione della vita si ispira la cultura dominante del nostro tempo, fortemente impregnata di materialismo, di edonismo e di egoismo. Perciò una proposta di volontariato autentico ad un giovane è una proposta controcorrente: molti giovani nelle forme più impegnate delle Comunità di accoglienza e delle Cooperative di solidarietà sociale assumono questi modelli proprio come cultura alternativa a quella dominante.

Occorre con eguale realismo tener presente che esistono anche forme schizofreniche di vita in cui si mettono insieme momenti di servizio generoso e disinteressato con consuetudini di vita che troppo largamente cedono al consumismo, al superfluo, al profitto individuale.

Ogni frammento di bene è bene servano queste piccole isole di donazione nella loro vita, dovrebbero essere aiutate ad entrare in crisi, soprattutto se professano una fede cristiana, che dovrebbe essere riflesso del gratuito dono del Signore.

Per questo valore totale di concezione della vita come dono e come servizio, ogni esperienza autentica di volontariato diventa un noviziato alla vita, in quanto educa a questo atteggiamento fondamentale che dovrebbe poi ispirare tutti i momenti della vita e perciò anche le scelte vocazionali. Questo atteggiamento di fondo dovrebbe essere alla base di ogni vocazione e dovrebbe accompagnarla nella sua realizzazione: infatti ne condiziona la fecondità e la felicità. Senza questo atteggiamento di fondo di dono e di servizio può diventare terribilmente sterile ed infelice sia la vita di una suora, che di un prete, che di una mamma o di un papà di famiglia.

Perciò il volontariato nel suo valore di “amore totale”, cioè di donazione libera e gratuita, non è una esperienza strumentale per recuperare vocazioni religiose, ma è un’esperienza fondante per stabilire e far crescere l’atteggiamento fondamentale di dono e di servizio, indispensabile per rendere autentica ogni vocazione.

 

 

 

Note

[1] C.M. MARTINI, Il Vangelo secondo Giovanni, Borla 1984, p. 93.